La proposta del ministro Nordio di intervenire sulle intercettazioni per i reati contro la pubblica amministrazione, quindi anche i reati di corruzione, è chiaramente e drammaticamente in contraddizione con tutto quello che sappiamo in merito all’evoluzione delle strategie delle organizzazioni mafiose. E in particolare su quelle aree di intersezione con l’universo dei colletti bianchi». È chiaro Alberto Vannucci, professore di Scienza politica all’Università di Pisa, autore di studi e ricerche sulla corruzione, e membro dell’Ufficio di presidenza di Libera e del Comitato scientifico di Avviso pubblico.
Professore cosa c’è di sbagliato nella proposta del ministro?
L’idea che si tratti di realtà a compartimenti stagni. Al di là del fatto che questi crimini procurano un enorme danno sociale e andrebbero adeguatamente perseguiti, volerli isolare rispetto alla realtà mafiosa è un grave errore. Questi due mondi spesso si incontrano, si sovrappongono e tendono a stringere alleanze nell’ombra. Il mondo della borghesia mafiosa e quello della criminalità organizzata, offrono reciprocamente una serie di servizi con equilibri di potere che non sono dominati dalla componente mafiosa.
E allora da chi?
Spesso la matrice più profonda nasce dall’universo dei colletti bianchi e le organizzazioni mafiose si pongono al servizio, come prestatori d’opera, fornitori di particolari prestazioni, come intimidazioni e attività illegali. La corruzione è la strategia privilegiata.
La stessa vicenda della lunga latitanza di Messina Denaro conferma questo rapporto.
E ci fa capire l’evoluzione, di cui Messina Denaro è stato la maggiore incarnazione, dalla mafia stragista, che dichiara guerra allo Stato, alla mafia degli affari. Così ha trovato una rete di omertà ad altissimi livelli. C’era una parte dello Stato che lo combatteva, di società civile che lo voleva vedere catturato, ma c’era anche una componente connivente. E in questa borghesia mafiosa, in questi circuiti di connivenze, troviamo anche la massoneria, luogo di incontro tra esponenti dei due mondi.
Ancora una volta il settore della sanità dimostra di essere il più coinvolto come luogo di comuni interessi.
La mafia degli affari segue i soldi. Nella sanità affluisce un’enorme quantità di risorse pubbliche che possono essere, anche tramite modalità opache, dirottate verso le tasche di chi poi sarà grato ai decisori pubblici. È ovvio che c’è interesse per le organizzazioni mafiose a entrare in quei circuiti con diverse modalità.
Quali?
C’è una dimensione economica, sia nella sanità pubblica ma anche in quella privata che sopperisce all’inefficienza, spesso programmata, delle strutture pubbliche. Ma la sanità è anche un grosso circuito di produzione del consenso. Non a caso molte delle figure di spicco della politica siciliana degli ultimi anni, alcune anche condannate per mafia, vengono da quel settore. Il professionista che svolge una funzione di cura, gestisce quelle risorse e acquisisce quel tipo di reputazione, poi lo può convertire in strumento di consenso politico specie se ha tutta una serie di protezioni con la realtà mafiosa e quella massonica.
Don Luigi Ciotti ha denunciato come a Milano ci sono imprenditori che vanno a cercare i mafiosi.
Ha perfettamente ragione. Al Centronord il vero elemento catalizzatore delle attività criminali proviene dal mondo delle imprese e delle professioni, che cerca punti di contatto e di collusione, mettendosi a disposizione senza alcun elemento di estorsione. In quei tavoli il soggetto mafioso è un ospite desiderato, quasi invocato, perché offre una serie di servizi come lo sversamento dei rifiuti tossici, a costi molto più bassi, oppure per creare fondi neri o attuare frodi di natura fiscale attraverso false fatturazioni. All’interno di certe dinamiche di natura corruttiva che legano politici, funzionari, imprenditori, la presenza di organizzazioni mafiose dà stabilità a questi accordi.
In che modo?
Un soggetto con quella caratura, spesso non ha neanche più bisogno di manifestarsi in modo esplicito, di esercitare la violenza, basta la consapevolezza che è espressione dei poteri mafiosi. Così gli attori dei circuiti di natura corruttiva nel mondo delle istituzioni e della politica, hanno un maggior incentivo a rispettare gli accordi. Se poi è anche capace di indirizzare pacchetti di voti si è fatto bingo.
Un soggetto con quella caratura, spesso non ha neanche più bisogno di manifestarsi in modo esplicito, di esercitare la violenza, basta la consapevolezza che è espressione dei poteri mafiosi. Così gli attori dei circuiti di natura corruttiva nel mondo delle istituzioni e della politica, hanno un maggior incentivo a rispettare gli accordi. Se poi è anche capace di indirizzare pacchetti di voti si è fatto bingo.
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