Donald Trump, affacciato alla finestra del mondo, mentre grida ogni giorno : America First!, trova il tempo per assistere da spettatore, senza muovere un dito, assieme al suo 'compagno' Putin, alla carneficina dei due macellai che stanno decimando il polo siriano; ma anche per riflettere sulle armi, spinto dallo sdegno per l'ennesima strage compiuta da un giovanissimo in un liceo del suo paese.
Ha invitato, perciò, alla Casa Bianca un gruppo di studenti e con loro ha fatto sfoggio di intelligenza superlativa. L'associazione che riunisce i fabbricanti di armi in America è assai benemerita e raccoglie patrioti che vogliono il bene del paese, ha detto agli studenti attoniti!
Ma che si fa con le armi che negli USA vengono vendute con troppa facilità - le ha chiesto ancora una volta l'America intera, con affollate manifestazioni di piazza, a seguito dell'ultima strage?
Lui ha trovato la soluzione che, naturalmente, non può essere quella che le 'piccole' menti americane si attendevano, e cioè limitarne la vendita, perchè andrebbe a danneggiare quei benemeriti patrioti che le producono. No, non è quella la soluzione, anche se viene proposta da molti cittadini americani. Il superuomo ha in serbo una soluzione migliore. 'Armare gli insegnanti', ha detto fra la meraviglia generale, 'per proteggere gli studenti'. Insomma vuole introdurre nell'ordinamento americano gli insegnanti-sceriffi, visto che gli sceriffi non bastano.
Il paese ha sbarrato gli occhi, e gli ha chiesto ancora: tutti gli insegnanti d'America? Ha fatto il calcolo di quanto costerebbe una simile operazione allo Stato? Lui ha capito che l'uscita andava in qualche maniera ridimensionata, ed ha precisato: 'solo i più dotati!'.
Dotati di che? Maschi dotati o femmine dotate? Gli uni e gli altri, purchè dotati? E dove metterebbero le armi? Le porterebbero in bella evidenza ogni volta che entrano nelle scuole, o li nasconderebbero come fanno i poliziotti in incognito, ma addosso, per evitare che gli stragisti siano più lesti di loro? E a scuola agli stuidenti dovrebbero insegnare, materia obbligatoria, anche come si impugna un'arma, per abituarli a difendersi?
Questo ed altri interrogativi, tutti legittimi, troveranno presto una soluzione, che uscirà anche quella dalla mente geniale del presidente Trump. Forse già alla prossima strage. Sicuramente non prima!
martedì 27 febbraio 2018
Politiche. Più candidati premier che elettori
Se dobbiamo attenerci a sondaggi e sondaggisti, alle prossima Politiche, fra pochi giorni, gli astenuti saranno in una percentuale mai vista: intorno al 35%. E forse anche più, così che quasi metà dell'elettorato resterà a casa. Non osiamo pensare al peggio, persistendo le attuali condizioni meteo che hanno disastrato molte nostre città a cominciare dalla Roma grillina.
Dunque la truppa - degli elettori - si va sempre più assottigliando. E, come succede sia nei corpi armati dello Stato che nei palazzoni ministeriali, ufficiali e generali, come anche dirigenti sono , in Italia, in numero di molto superiore, percentualmente, ai soldati semplici ed agli impiegati. Per cui sono molti a comandare e sempre meno quelli condannati ad ubbidire perchè vanno estinguendosi, al punto che in un prossimo futuro potrebbero lasciare coloro che comandano senza più sottoposti.
Il fenomeno, in maniera assai simile, si sta ponendo nelle file dei partiti o movimenti che si presentano alle prossime politiche. Candidati premier ne hanno tutti, alcuni anche più d'uno, annullando di fatto il vincolo della coalizione. Alcuni già parlano non da candidati, ma da premier eletti, dimenticando che l'incarico a premier spetta al Capo dello Stato. Il quale certo non dorme sonni tranquilli con tutti questi candidati e nessun vincitore in grado di governare in base ai voti ottenuti.
Candidati premier ne hanno i maggiori partiti, e primi fra tutti i grillini, con il loro campione Di Maio, al quale molti, fatta eccezione per Travaglio, non affiderebbero da governare neanche la cuccia del proprio cagnolino.
La destra poi ne ha più d'uno - da Salvini alla Meloni, al candidato di Berlusconi sul cui nome c'è il segreto di Stato - che già parlano da premier, quando si sa che comunque anche loro devono andare a caccia di voti; nelle ultime ore, per fortuna, Casa Pound ha annunciato di rinunciare al suo, dichiarando di appoggiare Salvini. Bell'accoppiata.
La sinistra nuota nei candidati premier, dal PD - l'unico partito nel quale non si sa chi aspiri a quel ruolo, se il premier uscente, Gentiloni, o l'ex premier segretario, Renzi - a 'Liberi e Uguali', il cui candidato premier non c'ha neanche la faccia da premier, a 'Insieme', che non s'è ancora capito cosa sia - lo si capirà solo la sera del 4 marzo, quando sapremo che non ha raggiunto neanche il quorum per entrare in Parlamento con propri eletti; a Potere al Popolo, che ha una leader agguerrita, ma che si troverà forse nella stessa condizione di 'Insieme': fuori dal Parlamento.
Sembra, insomma, di assistere ad una guerra fra premier che fa inesorabilmente passare in secondo piano le guerre che il paese deve necessariamente combattere e vincere contro i suoi reali nemici che sono la povertà, la mancanza del lavoro, le poche risorse per la ricerca, la disattenzione alla scuola, il peso non più sostenibile del debito pubblico.
Dunque la truppa - degli elettori - si va sempre più assottigliando. E, come succede sia nei corpi armati dello Stato che nei palazzoni ministeriali, ufficiali e generali, come anche dirigenti sono , in Italia, in numero di molto superiore, percentualmente, ai soldati semplici ed agli impiegati. Per cui sono molti a comandare e sempre meno quelli condannati ad ubbidire perchè vanno estinguendosi, al punto che in un prossimo futuro potrebbero lasciare coloro che comandano senza più sottoposti.
Il fenomeno, in maniera assai simile, si sta ponendo nelle file dei partiti o movimenti che si presentano alle prossime politiche. Candidati premier ne hanno tutti, alcuni anche più d'uno, annullando di fatto il vincolo della coalizione. Alcuni già parlano non da candidati, ma da premier eletti, dimenticando che l'incarico a premier spetta al Capo dello Stato. Il quale certo non dorme sonni tranquilli con tutti questi candidati e nessun vincitore in grado di governare in base ai voti ottenuti.
Candidati premier ne hanno i maggiori partiti, e primi fra tutti i grillini, con il loro campione Di Maio, al quale molti, fatta eccezione per Travaglio, non affiderebbero da governare neanche la cuccia del proprio cagnolino.
La destra poi ne ha più d'uno - da Salvini alla Meloni, al candidato di Berlusconi sul cui nome c'è il segreto di Stato - che già parlano da premier, quando si sa che comunque anche loro devono andare a caccia di voti; nelle ultime ore, per fortuna, Casa Pound ha annunciato di rinunciare al suo, dichiarando di appoggiare Salvini. Bell'accoppiata.
La sinistra nuota nei candidati premier, dal PD - l'unico partito nel quale non si sa chi aspiri a quel ruolo, se il premier uscente, Gentiloni, o l'ex premier segretario, Renzi - a 'Liberi e Uguali', il cui candidato premier non c'ha neanche la faccia da premier, a 'Insieme', che non s'è ancora capito cosa sia - lo si capirà solo la sera del 4 marzo, quando sapremo che non ha raggiunto neanche il quorum per entrare in Parlamento con propri eletti; a Potere al Popolo, che ha una leader agguerrita, ma che si troverà forse nella stessa condizione di 'Insieme': fuori dal Parlamento.
Sembra, insomma, di assistere ad una guerra fra premier che fa inesorabilmente passare in secondo piano le guerre che il paese deve necessariamente combattere e vincere contro i suoi reali nemici che sono la povertà, la mancanza del lavoro, le poche risorse per la ricerca, la disattenzione alla scuola, il peso non più sostenibile del debito pubblico.
lunedì 26 febbraio 2018
Vota Berlusconi/ posti nuovi:due milioni
Non tutti in una botta i due milioni di nuovi posti di lavoro. Anche per Berlusconi sarebbero troppi. Ma un secondo milione che va aggiungersi al primo che Berlusconi tirò fuori dal suo cilindro magico molti anni fa, regalandoli al paese, dopo averli promessi con impegno solenne assunto con la firma del suo 'patto' con gli italiani nel salotto tv di Bruno Vespa.
Sono trascorsi molti anni da allora, l'Italia gode ancora dei benefici del suo governo - anzi dei suoi governi, perchè altre volte è tornato al timone della nazione - ed ora torna più arzillo che mai - salvo che per la calotta marrone che ogni giorno deve disegnarsi in testa prima di uscire allo scoperto - a offrire benefici e miracoli al paese.
Allora come oggi è chiaro a tutti che lui non scende in politica per farsi gli affari suoi, perchè quelli se li è già fatti, ma per liberare l'Italia dal pericolo grillino, esattamente come allora, quando scese in politica per liberarla da un altro pericolo, quello comunista.
Accanto a sè chiama persone che appartengono al mondo del 'fare', al mondo dell'imprenditoria e delle professioni, al quale anche lui appartiene, a coloro cioè che hanno dimostrato di saper governare i loro affari; e se hanno fatto e bene con le loro cose, sapranno farlo con la 'cosa pubblica', senza badare al proprio tornaconto, perché i loro affari vanno in automatico - come ha dimostrato anche Berlusconi con le sue aziende.
Ci sarebbe da dire qualcosa sugli alleati di Berlusconi, ma per ora basta lui, meglio non parlare dei suoi soci, per non danneggiarlo.
Niente a che vedere con i grillini - i nemici suoi e del paese, di oggi. Chi è quel Di Maio - mette in guardia Berlusconi? Un giovanotto, che non è riuscito neanche a laurearsi, che non ha fatto mai un lavoro vero in vita sua, ma solo 'lavoretti', e che ora pretenderebbe di governare il paese, anche con l'appoggio incondizionato di Travaglio e del suo Fatto. Con quale esperienza, va ripetendo Berlusconi? Ma come, aggiunge il Cav. non bastano gli esempi disastrosi che hanno dato al paese governando le città, Capitale compresa? Travaglio affiderebbe il suo Fatto a coloro i quali non hanno saputo governare una città? Ci proverebbe comunque, non temendo che mandino tutto gambe all'aria?
Certi giornali e opinionisti non darebbero mai e poi mai altrettanto credito ai grillini al governo, quando dovessero mettere nelle loro mani i propri beni. Mica fessi!
E il PD? Un titolo de La Stampa di oggi, fotografa la loro attuale situazione: il PD vota contro il PD. Negli interventi televisivi dei vari leader, PD ed ex PD, se le danno di santa ragione. Emerge che il nemico o l'avversario da sconfiggere siano i loro ex compagni. E le varie frangette, staccatesi dalla casa madre, vagano alla ricerca di un posto, senza un capo credibile. Perchè quel Grasso, che hanno voluto al vertice, è l'assicurazione della loro sconfitta. Ieri, a Mentana che gli chiedeva della presenza delle donne nel partito, ha fatto un paio di nomi - ma si stava per dimenticare che vi milita anche la Boldrini - e poi ha detto che hanno coinvolto anche una direttrice d'orchestra. Chi è costei? Si chiama Gianna Fratta, è moglie di Piero Pelù, ma le sue gesta direttoriali solo Grasso apprezza, avendola invitata, un paio di anni fa, a dirigere un concertino in Senato ( noi quel concerto l'abbiamo anche visto e non ci è parso che Grasso e il suo partito con Lei abbia fatto un grande acquisto, non essendo una esponente di valore nel suo campo!) .
Insomma per chi votare? In fin dei conti quello più affidabile è Berlusconi con il secondo milione di nuovi posti di lavoro. L'ha promesso. E Berlusconi le Promesse - le chiama così le olgettine? -le mantiene. ( La battuta, caustica ma esilarante, non è nostra, l'abbiamo letta su qualche giornale!)
Vero!
Sono trascorsi molti anni da allora, l'Italia gode ancora dei benefici del suo governo - anzi dei suoi governi, perchè altre volte è tornato al timone della nazione - ed ora torna più arzillo che mai - salvo che per la calotta marrone che ogni giorno deve disegnarsi in testa prima di uscire allo scoperto - a offrire benefici e miracoli al paese.
Allora come oggi è chiaro a tutti che lui non scende in politica per farsi gli affari suoi, perchè quelli se li è già fatti, ma per liberare l'Italia dal pericolo grillino, esattamente come allora, quando scese in politica per liberarla da un altro pericolo, quello comunista.
Accanto a sè chiama persone che appartengono al mondo del 'fare', al mondo dell'imprenditoria e delle professioni, al quale anche lui appartiene, a coloro cioè che hanno dimostrato di saper governare i loro affari; e se hanno fatto e bene con le loro cose, sapranno farlo con la 'cosa pubblica', senza badare al proprio tornaconto, perché i loro affari vanno in automatico - come ha dimostrato anche Berlusconi con le sue aziende.
Ci sarebbe da dire qualcosa sugli alleati di Berlusconi, ma per ora basta lui, meglio non parlare dei suoi soci, per non danneggiarlo.
Niente a che vedere con i grillini - i nemici suoi e del paese, di oggi. Chi è quel Di Maio - mette in guardia Berlusconi? Un giovanotto, che non è riuscito neanche a laurearsi, che non ha fatto mai un lavoro vero in vita sua, ma solo 'lavoretti', e che ora pretenderebbe di governare il paese, anche con l'appoggio incondizionato di Travaglio e del suo Fatto. Con quale esperienza, va ripetendo Berlusconi? Ma come, aggiunge il Cav. non bastano gli esempi disastrosi che hanno dato al paese governando le città, Capitale compresa? Travaglio affiderebbe il suo Fatto a coloro i quali non hanno saputo governare una città? Ci proverebbe comunque, non temendo che mandino tutto gambe all'aria?
Certi giornali e opinionisti non darebbero mai e poi mai altrettanto credito ai grillini al governo, quando dovessero mettere nelle loro mani i propri beni. Mica fessi!
E il PD? Un titolo de La Stampa di oggi, fotografa la loro attuale situazione: il PD vota contro il PD. Negli interventi televisivi dei vari leader, PD ed ex PD, se le danno di santa ragione. Emerge che il nemico o l'avversario da sconfiggere siano i loro ex compagni. E le varie frangette, staccatesi dalla casa madre, vagano alla ricerca di un posto, senza un capo credibile. Perchè quel Grasso, che hanno voluto al vertice, è l'assicurazione della loro sconfitta. Ieri, a Mentana che gli chiedeva della presenza delle donne nel partito, ha fatto un paio di nomi - ma si stava per dimenticare che vi milita anche la Boldrini - e poi ha detto che hanno coinvolto anche una direttrice d'orchestra. Chi è costei? Si chiama Gianna Fratta, è moglie di Piero Pelù, ma le sue gesta direttoriali solo Grasso apprezza, avendola invitata, un paio di anni fa, a dirigere un concertino in Senato ( noi quel concerto l'abbiamo anche visto e non ci è parso che Grasso e il suo partito con Lei abbia fatto un grande acquisto, non essendo una esponente di valore nel suo campo!) .
Insomma per chi votare? In fin dei conti quello più affidabile è Berlusconi con il secondo milione di nuovi posti di lavoro. L'ha promesso. E Berlusconi le Promesse - le chiama così le olgettine? -le mantiene. ( La battuta, caustica ma esilarante, non è nostra, l'abbiamo letta su qualche giornale!)
Vero!
L'Accademia di Santa Cecilia è d'ora in poi una congrega anche di comunicatori. Sull'esempio dell'Istituto di studi verdiani di Parma, gestione Nicola Sani
Al terzo turno di ballottaggio, ma solo al terzo, il 20 c.m., è entrato a far parte degli Accademici di S. Cecilia, un paio di nomi insolito, ma dei soliti, di quelli che non mollano mai finchè non ottengono ciò per cui tanto si sono spesi nel tempo. Dell'intraprendenza, anzi dell'invadenza di alcuni di loro possiamo recare testimonianza personale, giacché li avemmo come saltuari collaboratori al tempo di Piano Time ( vale per Arcà, come valse per Dall'Ongaro) e di Applausi (nel caso di Cappelletto).
Nel caso di Massimo Quarta, anch'egli neo accademico, invece, trattasi comunque di una riparazione al lungo, ingiusto ostracismo che l'Accademia gli ha fin qui riservato, nonostante che già nel 1991 vinse il Premio Paganini, unico italiano dopo Accardo. Ora c'è da augurarsi che lo invitino regolarmente a suonare all'Accademia, come stanno facendo, giustamente, con Brunello, Dindo, De Maria, Biondi ecc.. tutti valenti accademici ceciliani e strumentisti di alto valore. prorpio come Massimo Quarta.
Il riconoscimento per Fiamma Nicolodi incorona una carriera di studiosa che certamente non ha nulla da spartire con quella di Cappelletto che di mestiere fa il 'bravo comunicatore'- come l'ha definito anche Nicola Sani che l'ha chiamato a collaborare all'Istituto di Studi Verdiani, nel disappunto generale del mondo degli studiosi. E che è, verosimilmente, la medesima ragione per cui Massimo Bray della Treccani gli ha affidato la cura dell'Appendice sulla Musica, mentre - come è giusto - per la seconda Appendice, dedicata alla Letteratura, apparsa contemporaneamente, ha chiesto la consulenza del prof. Ferroni, universitario e studioso della lingua e letteratura italiana. E non un comunicatore.
Pietro De Maria, anch'egli nuovo accademico, vede coronato il suo impegno di docente nei corsi dell'Accademia.
E la massoneria in tutti questi casi non c'entra. Vero?
Perchè insisto che sono stati nominati al Terzo turno di ballottaggio? Perchè per i candidati, dopo che non hanno raggiunto il quorum richiesto nei primi due, dove è più alto, al terzo, con il quorum abbassato, è più facile farsi eleggere con il sostegno decisivo delle cordate. Accadde così anche quando Dall'Ongaro divenne Accademico ( la storia non proprio specchiata l'abbiamo raccontata già, così come ci venne riferita da Irma Ravinale presente allo scrutinio del terzo turno di votazioni; ed anche quando Cagli fu rieletto a dicembre del 2003, solo al terzo turno, di nuovo sovrintendente, spuntandola su Perticaroli. Quando sottolineammo, nella nostra biografia di Pappano, tale particolare, Cagli se la prese e ci disse, senza mezzi termini: "te lo potevi risparmiare, era proprio necessario sottolinearlo?").
Spieghiamo come avvengono le candidature e le votazioni. Le votazioni per l'elezione dei nuovi accademici avvengono ogni qualvolta si rende libero un posto, causa decesso, di uno o più accademici, a distanza ravvicinata.
Quest'anno c'erano da rimpiazzarne più d'uno. Viene allora richiesto agli accademici di proporre dei nomi. Il consiglio Accademico esamina le candidature proposte e ammette quelle che ritiene idonee e secondo il numero di accademici da rimpiazzare. Su questa lista gli accademici vengono chiamati a votare, fino a tre turni, a distanza di più d'un mese l'uno dall'altro. Dopo i tre turni se è rimasto ancora un posto vuoto, ci si ritorna l'anno seguente.
Anche quest'anno al primo turno, quando il quorum era alto ( metà più uno degli accademici) nessuno dei candidati è risultato eletto, al secondo turno (11 gennaio) solo Noseda; solo al terzo ( 20 febbraio) i magnifici cinque, due dei quali (Cappelletto e Arcà) più magnifici degli altri. Al terzo turno erano restati in lizza sei candidati, cinque sono stati eletti, il sesto no. Chi sarà stato mai questo indegno ?
Questo posto verrà colmato, assieme forse ad altri, il prossimo anno.
Naturalmente i giochi si fanno con le candidature, dove le varie cordate si accordano per proporre e far eleggere i propri. Non è un mistero che il sovrintendente regnante cerchi in tutti i modi di assicurarsi la riconferma nell'incarico, spingendo per l'elezione di alcuni nomi. Lo fece Cagli con Dall'Ongaro - come accusò il card. Bartolucci e non solo lui, con durissime lettere aperte - ed anche con Annalisa Bini ; e lo starà facendo anche Dall'Ongaro con Arcà, De Maria, e soprattutto Cappelletto con il quale ha lunghissima consuetudine lavorativa a Radio 3, dove invece fece fuori altri che con lui non erano d'accordo su molte cose. Cappelletto è sempre rimasto al suo posto e con lui l'intesa è sempre stata totale, tanto che continua anche fuori da Radio 3.
Cappelletto, a scanso di equivoci, il suo mestiere di giornalista lo fa ed anche abbastanza bene. Ciò che non fa bene è, invece, quello di musicologo. Semplicemente perché musicologo non è e perché i suoi studi 'accelerati' con il m. Mann, di cui mena vanto nel curriculum, non possono averlo patentato come tale.
E, del resto, l'obbiezione non è solo nostra. Quando Nicola Sani, eletto alla presidenza dell'Istituto di studi verdiani (senza averne i titoli specifici) nominò Cappelletto 'direttore' degli 'studi' pubblicati dall'Istituto, il mondo accademico, specie quello verdiano, gridò allo scandalo, ritirandosi sull'aventino dell'Università di Berna, dove fece nascere un centro di studi verdiani con gli attributi. Sani rassicurò tutti: ho scelto un uomo di 'comunicazione' (e del resto anche per la direzione scientifica dell'Istituto aveva scelto un'altra sua fedelissima, a digiuno totale di Verdi).
E allora quali ragioni hanno spinto alcuni accademici a fare il suo nome ed a votarlo? La principale è che con molti di loro il giornalista ha frequentazioni continue, e dunque, per non essere poi smascherati come traditori nelle urne, si sono ben guardati dal non votarlo, avedonlo qualcuno candidato.
Ora è chiaro che, non alla prossima, ma fra due elezioni del sovrintendente dell'Accademia, Cappelletto potrebbe risultare nuovo Sovrintendente. Senza essere né musicologo né musicista come la storia dell'Accademia richiederebbe, ma come è accaduto già in passato perfino con Cagli che certamente è un fine letterato e storico della musica, ma musicista non è. Cappelletto neanche quello. Gli avessero affidato la 'comunicazione' dell'Accademia, dove hanno chiamato una professionista francese di nazionalità, che certamente non ha nel suo curriculum competenze musicali, niente da dire, ma accademico no!
L'Accademia, dopo tali nomine, dovrebbe spiegare come mai non abbia mai accolto nel suo consesso un musicologo come Petrobelli - la cui assenza qualcuno giustificò con l'antipatia dello studioso. Se questa è una ragione, allora capiamo come uno simpatico possa essere eletto accademico. Petrobelli non è che una delle tante anomalie 'accademiche'.
Qualcuno potrebbe accusarci di invidia nei confronti di Cappelletto. Si sbaglia. Invidia no, forse poca stima, anche per il suo arrivismo smisurato che potrebbe consumarlo. Invidia proprio no, perchè la nostra carriera, nell'ambito che conosciamo, l'abbiamo fatta; ed ora non abbiamo altre mire, oltre quelle dell'osservatore e cronista di cose musicali.
Infine, una annotazione pro Massimo Quarta. Una volta ponemmo a Pappano la questione della regolare - per noi eccessiva - presenza di Uto Ughi nelle stagioni ceciliane, controbilanciata dall'assenza, ad esempio, di Massimo Quarta. La risposta del direttore fu che: 'Ughi faceva il pienone' e una istituzione di concerti - aggiunse - deve fare attenzione anche a questo. Ora che Ughi non viene più invitato regolarmente, l'Accademia che fa, non tiene conto del successo di pubblico del violinista?
Questo solo per dire che a qualunque obbiezione, l' Accademia, al tempo di Cagli come di Dall'Ongaro, ha la risposta pronta, spesso non convincente. Noi ci auguriamo che dopo tanta attesa, anche per Massimo Quarta sia arrivato il momento di suonare nelle stagioni ceciliane. Perché a noi la sua nomina fra gli Accademici suona come risarcimento di così lunga ingiustificata lontananza, che ora deve finire.
Nel caso di Massimo Quarta, anch'egli neo accademico, invece, trattasi comunque di una riparazione al lungo, ingiusto ostracismo che l'Accademia gli ha fin qui riservato, nonostante che già nel 1991 vinse il Premio Paganini, unico italiano dopo Accardo. Ora c'è da augurarsi che lo invitino regolarmente a suonare all'Accademia, come stanno facendo, giustamente, con Brunello, Dindo, De Maria, Biondi ecc.. tutti valenti accademici ceciliani e strumentisti di alto valore. prorpio come Massimo Quarta.
Il riconoscimento per Fiamma Nicolodi incorona una carriera di studiosa che certamente non ha nulla da spartire con quella di Cappelletto che di mestiere fa il 'bravo comunicatore'- come l'ha definito anche Nicola Sani che l'ha chiamato a collaborare all'Istituto di Studi Verdiani, nel disappunto generale del mondo degli studiosi. E che è, verosimilmente, la medesima ragione per cui Massimo Bray della Treccani gli ha affidato la cura dell'Appendice sulla Musica, mentre - come è giusto - per la seconda Appendice, dedicata alla Letteratura, apparsa contemporaneamente, ha chiesto la consulenza del prof. Ferroni, universitario e studioso della lingua e letteratura italiana. E non un comunicatore.
Pietro De Maria, anch'egli nuovo accademico, vede coronato il suo impegno di docente nei corsi dell'Accademia.
E la massoneria in tutti questi casi non c'entra. Vero?
Perchè insisto che sono stati nominati al Terzo turno di ballottaggio? Perchè per i candidati, dopo che non hanno raggiunto il quorum richiesto nei primi due, dove è più alto, al terzo, con il quorum abbassato, è più facile farsi eleggere con il sostegno decisivo delle cordate. Accadde così anche quando Dall'Ongaro divenne Accademico ( la storia non proprio specchiata l'abbiamo raccontata già, così come ci venne riferita da Irma Ravinale presente allo scrutinio del terzo turno di votazioni; ed anche quando Cagli fu rieletto a dicembre del 2003, solo al terzo turno, di nuovo sovrintendente, spuntandola su Perticaroli. Quando sottolineammo, nella nostra biografia di Pappano, tale particolare, Cagli se la prese e ci disse, senza mezzi termini: "te lo potevi risparmiare, era proprio necessario sottolinearlo?").
Spieghiamo come avvengono le candidature e le votazioni. Le votazioni per l'elezione dei nuovi accademici avvengono ogni qualvolta si rende libero un posto, causa decesso, di uno o più accademici, a distanza ravvicinata.
Quest'anno c'erano da rimpiazzarne più d'uno. Viene allora richiesto agli accademici di proporre dei nomi. Il consiglio Accademico esamina le candidature proposte e ammette quelle che ritiene idonee e secondo il numero di accademici da rimpiazzare. Su questa lista gli accademici vengono chiamati a votare, fino a tre turni, a distanza di più d'un mese l'uno dall'altro. Dopo i tre turni se è rimasto ancora un posto vuoto, ci si ritorna l'anno seguente.
Anche quest'anno al primo turno, quando il quorum era alto ( metà più uno degli accademici) nessuno dei candidati è risultato eletto, al secondo turno (11 gennaio) solo Noseda; solo al terzo ( 20 febbraio) i magnifici cinque, due dei quali (Cappelletto e Arcà) più magnifici degli altri. Al terzo turno erano restati in lizza sei candidati, cinque sono stati eletti, il sesto no. Chi sarà stato mai questo indegno ?
Questo posto verrà colmato, assieme forse ad altri, il prossimo anno.
Naturalmente i giochi si fanno con le candidature, dove le varie cordate si accordano per proporre e far eleggere i propri. Non è un mistero che il sovrintendente regnante cerchi in tutti i modi di assicurarsi la riconferma nell'incarico, spingendo per l'elezione di alcuni nomi. Lo fece Cagli con Dall'Ongaro - come accusò il card. Bartolucci e non solo lui, con durissime lettere aperte - ed anche con Annalisa Bini ; e lo starà facendo anche Dall'Ongaro con Arcà, De Maria, e soprattutto Cappelletto con il quale ha lunghissima consuetudine lavorativa a Radio 3, dove invece fece fuori altri che con lui non erano d'accordo su molte cose. Cappelletto è sempre rimasto al suo posto e con lui l'intesa è sempre stata totale, tanto che continua anche fuori da Radio 3.
Cappelletto, a scanso di equivoci, il suo mestiere di giornalista lo fa ed anche abbastanza bene. Ciò che non fa bene è, invece, quello di musicologo. Semplicemente perché musicologo non è e perché i suoi studi 'accelerati' con il m. Mann, di cui mena vanto nel curriculum, non possono averlo patentato come tale.
E, del resto, l'obbiezione non è solo nostra. Quando Nicola Sani, eletto alla presidenza dell'Istituto di studi verdiani (senza averne i titoli specifici) nominò Cappelletto 'direttore' degli 'studi' pubblicati dall'Istituto, il mondo accademico, specie quello verdiano, gridò allo scandalo, ritirandosi sull'aventino dell'Università di Berna, dove fece nascere un centro di studi verdiani con gli attributi. Sani rassicurò tutti: ho scelto un uomo di 'comunicazione' (e del resto anche per la direzione scientifica dell'Istituto aveva scelto un'altra sua fedelissima, a digiuno totale di Verdi).
E allora quali ragioni hanno spinto alcuni accademici a fare il suo nome ed a votarlo? La principale è che con molti di loro il giornalista ha frequentazioni continue, e dunque, per non essere poi smascherati come traditori nelle urne, si sono ben guardati dal non votarlo, avedonlo qualcuno candidato.
Ora è chiaro che, non alla prossima, ma fra due elezioni del sovrintendente dell'Accademia, Cappelletto potrebbe risultare nuovo Sovrintendente. Senza essere né musicologo né musicista come la storia dell'Accademia richiederebbe, ma come è accaduto già in passato perfino con Cagli che certamente è un fine letterato e storico della musica, ma musicista non è. Cappelletto neanche quello. Gli avessero affidato la 'comunicazione' dell'Accademia, dove hanno chiamato una professionista francese di nazionalità, che certamente non ha nel suo curriculum competenze musicali, niente da dire, ma accademico no!
L'Accademia, dopo tali nomine, dovrebbe spiegare come mai non abbia mai accolto nel suo consesso un musicologo come Petrobelli - la cui assenza qualcuno giustificò con l'antipatia dello studioso. Se questa è una ragione, allora capiamo come uno simpatico possa essere eletto accademico. Petrobelli non è che una delle tante anomalie 'accademiche'.
Qualcuno potrebbe accusarci di invidia nei confronti di Cappelletto. Si sbaglia. Invidia no, forse poca stima, anche per il suo arrivismo smisurato che potrebbe consumarlo. Invidia proprio no, perchè la nostra carriera, nell'ambito che conosciamo, l'abbiamo fatta; ed ora non abbiamo altre mire, oltre quelle dell'osservatore e cronista di cose musicali.
Infine, una annotazione pro Massimo Quarta. Una volta ponemmo a Pappano la questione della regolare - per noi eccessiva - presenza di Uto Ughi nelle stagioni ceciliane, controbilanciata dall'assenza, ad esempio, di Massimo Quarta. La risposta del direttore fu che: 'Ughi faceva il pienone' e una istituzione di concerti - aggiunse - deve fare attenzione anche a questo. Ora che Ughi non viene più invitato regolarmente, l'Accademia che fa, non tiene conto del successo di pubblico del violinista?
Questo solo per dire che a qualunque obbiezione, l' Accademia, al tempo di Cagli come di Dall'Ongaro, ha la risposta pronta, spesso non convincente. Noi ci auguriamo che dopo tanta attesa, anche per Massimo Quarta sia arrivato il momento di suonare nelle stagioni ceciliane. Perché a noi la sua nomina fra gli Accademici suona come risarcimento di così lunga ingiustificata lontananza, che ora deve finire.
Etichette:
accademia di s.cecilia,
arcà,
berio,
bray,
cagli,
cappelletto,
dall'ongaro,
de maria,
nicolodi,
noseda,
pappano,
perticaroli,
petrobelli,
quarta,
ravinale,
sani,
ughi
domenica 25 febbraio 2018
Fra i nuovi accademici di Santa Cecilia, anche la solita 'compagnia di giro'.
L’Assemblea degli Accademici di Santa Cecilia, nella riunione di martedì 20 febbraio 2018 ha eletto Accademici Effettivi Paolo Arcà, Sandro Cappelletto, Pietro De Maria, Fiamma Nicolodi, Massimo Quarta mentre il violoncellista Yo-Yo Ma e la violinista Anne-Sophie Mutter sono stati eletti Accademici Onorari.
sabato 24 febbraio 2018
Raffaele Cantone scantona
E' curiosa la posizione di Raffele Cantone a proposito dell'agente provocatore. L'agente infiltrato, che già esiste, per lui va bene; quello che va a provoca, di proposito, uno sul quale c'è il grave sospetto che infranga la legge, quello no. Forse è giusto ciò che hanno detto altri magistrati, e cioè che non lo si deve arrestare in flagranza di reato, e neppure fidandosi solo di quella scivolata. Ma sulla sua esistenza nessuno dovrebbe nutrire dubbi, neppure Cantone.
Il quale, però, deve spiegarci come mai in un paese in cui leggi che puniscono ogni tipo di reato esistono e sono presenti nell'ordinamento vigente, esistano nel contempo tanti reati che restano impuniti. Dovrebbe, ad esempio, spiegare ai cittadini come mai nella pubblica amministrazione si chieda ai lavoratori di denunciare compagni di lavoro inadempienti, ed invece in tutti gli altri campi dobbiamo continuamente assistere a denunce quasi giornaliere di evasori totali e di evasori parziali, che basterebbe un qualche agente provocatore sguinzagliato per le città a smascherarli ed assicurali alla giustizia, processandoli.
Naturalmente non potrebbe spiegarci, nè lui e neppure tanti altri, come mai - è accaduto negli ultimi tempi - in alcune megatruffe ai danni dello Stato vi siano implicati anche finanzieri e magistrati. Con qualche agente provocatore certe cose non succederebbero con tanta frequenza. E forse dobbiamo agli agenti infiltrati come ai provocatori, come anche alle intercettazioni, se alcuni illeciti, a danno dello Stato, sono stati scoperti o addirittura sventati.
Cantone non vuole che i delitti siano 'provocati' dallo stesso Stato. Ci dica allora come si fa ad evitare che esistano ancora tanti illeciti, e non parliamo dei delitti efferati che solo i cosiddetti pentiti ci hanno svelato - i pentiti sono molto differenti dagli infiltrati? lo sono ma solo di facciata. Senza di loro saremmo ancora con la mafia in ogni angolo di strada. E già che, comunque, esiste ancora, anche se forse non bussa alla nostra porta, ma fa affari, in barba alle obbiezioni 'garantiste' fuori luogo, di Cantone.
Il quale, però, deve spiegarci come mai in un paese in cui leggi che puniscono ogni tipo di reato esistono e sono presenti nell'ordinamento vigente, esistano nel contempo tanti reati che restano impuniti. Dovrebbe, ad esempio, spiegare ai cittadini come mai nella pubblica amministrazione si chieda ai lavoratori di denunciare compagni di lavoro inadempienti, ed invece in tutti gli altri campi dobbiamo continuamente assistere a denunce quasi giornaliere di evasori totali e di evasori parziali, che basterebbe un qualche agente provocatore sguinzagliato per le città a smascherarli ed assicurali alla giustizia, processandoli.
Naturalmente non potrebbe spiegarci, nè lui e neppure tanti altri, come mai - è accaduto negli ultimi tempi - in alcune megatruffe ai danni dello Stato vi siano implicati anche finanzieri e magistrati. Con qualche agente provocatore certe cose non succederebbero con tanta frequenza. E forse dobbiamo agli agenti infiltrati come ai provocatori, come anche alle intercettazioni, se alcuni illeciti, a danno dello Stato, sono stati scoperti o addirittura sventati.
Cantone non vuole che i delitti siano 'provocati' dallo stesso Stato. Ci dica allora come si fa ad evitare che esistano ancora tanti illeciti, e non parliamo dei delitti efferati che solo i cosiddetti pentiti ci hanno svelato - i pentiti sono molto differenti dagli infiltrati? lo sono ma solo di facciata. Senza di loro saremmo ancora con la mafia in ogni angolo di strada. E già che, comunque, esiste ancora, anche se forse non bussa alla nostra porta, ma fa affari, in barba alle obbiezioni 'garantiste' fuori luogo, di Cantone.
giovedì 22 febbraio 2018
Coincidenze. Speranza Scappucci e La sonnambula; Maria Grazia Schiavo e La Traviata
Sono solo gli ultimi esempi di una consuetudine bugiarda ed inutile, emersa dalle dichiarazioni di due interpreti, una dopo l'altra impegnate all'Opera di Roma: Scappucci, direttrice di Sonnambula di Bellini, e Schiavo, Violetta nella Traviata di Verdi.
Fiorenza Scappucci ha dichiarato che la prima opera che i suoi la portarono a vedere all'Opera fu proprio La sonnambula, con la quale fu amore a prima vista, e che perciò non vedeva l'ora di dirigerla, come ha appena fatto a Roma, passando molti anni dopo dalla platea alla buca d'orchestra, come era scritto nel suo destino, con Sonnambula sempre nel cuore.
Maria Grazia Schiavo, soprano che solo avanti nella carriera ha cambiato repertorio, passando dal Barocco all'Ottocento, e che ora torna a cantare in Traviata, nel ruolo della protagonista (che già interpretò al debutto della Traviata dei record, nel 2016) ricorda al suo intervistatore che la prima opera che vide, in assoluto, in televisione... indovinate quel fu? Traviata naturalmente. Mai e poi mai, cantando Violetta, sarebbe potuta essere un'altra.
Possibile che ogni volta che un interprete dal podio o sul palcoscenico interpreti un melodramma, debba dire che si tratta della sua opera 'del cuore', della 'preferita', di quella che ha sempre sognato di interpretare e che segnò il primo incontro con il melodramma?
Noi siamo convinti che lo dicano per ogni titolo che stanno interpretando ogni volta. Tanto il pubblico non si cura delle loro dichiarazioni, perdona quelle bugie inutili ed infantili, e poi già il giorno dopo si dimentica di ciò che ha letto il giorno prima, figuriamoci dopo mesi ed anni; ma li attende alla prova dei fatti, gli unici che contano, sia per un'opera considerata ostica che amata, veramente o per opportunismo, sia per quelle viste al primo affaccio in un teatro d'opera o davanti ad uno schermo televisivo o all'ultimo.
Fiorenza Scappucci ha dichiarato che la prima opera che i suoi la portarono a vedere all'Opera fu proprio La sonnambula, con la quale fu amore a prima vista, e che perciò non vedeva l'ora di dirigerla, come ha appena fatto a Roma, passando molti anni dopo dalla platea alla buca d'orchestra, come era scritto nel suo destino, con Sonnambula sempre nel cuore.
Maria Grazia Schiavo, soprano che solo avanti nella carriera ha cambiato repertorio, passando dal Barocco all'Ottocento, e che ora torna a cantare in Traviata, nel ruolo della protagonista (che già interpretò al debutto della Traviata dei record, nel 2016) ricorda al suo intervistatore che la prima opera che vide, in assoluto, in televisione... indovinate quel fu? Traviata naturalmente. Mai e poi mai, cantando Violetta, sarebbe potuta essere un'altra.
Possibile che ogni volta che un interprete dal podio o sul palcoscenico interpreti un melodramma, debba dire che si tratta della sua opera 'del cuore', della 'preferita', di quella che ha sempre sognato di interpretare e che segnò il primo incontro con il melodramma?
Noi siamo convinti che lo dicano per ogni titolo che stanno interpretando ogni volta. Tanto il pubblico non si cura delle loro dichiarazioni, perdona quelle bugie inutili ed infantili, e poi già il giorno dopo si dimentica di ciò che ha letto il giorno prima, figuriamoci dopo mesi ed anni; ma li attende alla prova dei fatti, gli unici che contano, sia per un'opera considerata ostica che amata, veramente o per opportunismo, sia per quelle viste al primo affaccio in un teatro d'opera o davanti ad uno schermo televisivo o all'ultimo.
Per il ritorno a Roma della Traviata, detta di Valentino e Coppola, volano le cifre
In un breve trafiletto che mette i puntini sulle 'i', il Trovaroma di Repubblica annunciando la ripresa della Traviata di due stagioni fa, dopo aver osannato l'era Fuortes' di cui quella famosa Traviata 'glamour', come l'hanno definita, del 2016 è l'emblema( sebbene a Fuortes sia piaciuta appena per la regia 'tradizionale' di Sofia Coppola), invita ad essere più precisi nella comunicazione. La Traviata è di Verdi, ricorda il trafiletto, prima che essere di Valentimo e Coppola, come di tanti altri fra registi e costumisti che l'hanno portata in palcoscenico, perchè anche quando ne hanno mutato i connotati e talvolta resa quasi irriconoscibile, sempre di Verdi resta.
Bene, si ricorda che quella Traviata dei record, primo fra tutti il record dei costi spropositati che neanche La Scala - a detta dello stesso sovrintendente: 1.800.000 Euro, ha raggiunto quota 25 recite con un incasso complessivo di 2.500.000.
Ciò che non è chiaro è se nelle 25 recite sono comprese le prossime cinque - come supponiamo - alla fine delle quali, tutte strapiene, secondo il cantavittorie Fuortes, si sarà raggiunta la somma di 2.500.000 Euro di incasso. Se le cose stanno così vuol dire che Traviata ha portato nelle casse dell'Opera di Roma, in media, 100.000 Euro a recita e che solo con le prossime recite, che termineranno alla viglia delle Politiche, si potrà dire che quella Traviata si avvia a coprire le spese del debutto. Che saranno coperte del tutto, solo dopo l'affitto dell'allestimento in Giappone il prossimo settembre. Anche questo ha dichiarato in passato Fuortes quandogli è stato rimproverato di aver speso troppo per quella Traviata: 'con la tournée in Giappone ci saremmo ripagati l'opera, al debutto'.
Se facesse in questo modo con tutte le opere in cartellone: spendere in una volta ciò che ricaverà solo dopo alcune stagioni, Fuortes manderebbe gambe all'aria le finanze dell'Opera. Come speriamo non faccia. Ma anche perchè se adotta questa tecnica, non gli restano in cassa soldi per gli altri titoli della stagione, per i quali è costretto a risparmiare su allestimenti ed interpreti, mentre sono questi ultimi
( cantanti e direttore ) a garantire le file al botteghino.
Bene, si ricorda che quella Traviata dei record, primo fra tutti il record dei costi spropositati che neanche La Scala - a detta dello stesso sovrintendente: 1.800.000 Euro, ha raggiunto quota 25 recite con un incasso complessivo di 2.500.000.
Ciò che non è chiaro è se nelle 25 recite sono comprese le prossime cinque - come supponiamo - alla fine delle quali, tutte strapiene, secondo il cantavittorie Fuortes, si sarà raggiunta la somma di 2.500.000 Euro di incasso. Se le cose stanno così vuol dire che Traviata ha portato nelle casse dell'Opera di Roma, in media, 100.000 Euro a recita e che solo con le prossime recite, che termineranno alla viglia delle Politiche, si potrà dire che quella Traviata si avvia a coprire le spese del debutto. Che saranno coperte del tutto, solo dopo l'affitto dell'allestimento in Giappone il prossimo settembre. Anche questo ha dichiarato in passato Fuortes quandogli è stato rimproverato di aver speso troppo per quella Traviata: 'con la tournée in Giappone ci saremmo ripagati l'opera, al debutto'.
Se facesse in questo modo con tutte le opere in cartellone: spendere in una volta ciò che ricaverà solo dopo alcune stagioni, Fuortes manderebbe gambe all'aria le finanze dell'Opera. Come speriamo non faccia. Ma anche perchè se adotta questa tecnica, non gli restano in cassa soldi per gli altri titoli della stagione, per i quali è costretto a risparmiare su allestimenti ed interpreti, mentre sono questi ultimi
( cantanti e direttore ) a garantire le file al botteghino.
Musica. L'italiano bistrattato
Sul Corriere di Oggi, a dimostrazione che l'italiano e la logica sono divenbtati una opinione, si legge :L'orchestra di s. Cecilia diretta da Pappano prosegue con "l'omaggio alle sinfonie di Bernstein", mentre l'omaggio, come ognun intende, è a Bernstein, attraverso l'esecuzione delle sue sinfonie. si dirà che si è citata l'opera al posto del suo autore; sì, vero, ma la logica imponeva di citare l'autore cui è rivolto l'omaggio, con le sue opere.
Sempre oggi su una locandina bilingue, apparsa nelle pagine romane dei quotidiani, che annunciava il concerto di una orchestra giovanile americana ( stasera, alle 21, nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva, nella omonima piazza), nel leggere che l'orchestra era diretta da/ directed by ci è parso finalmente di vedervi una conferma alla nostra tesi secondo la quale il direttore, nella lingua italiana, DIRIGE e con CONDUCE, come usano un paio di cronisti romani che preferiscono evidentemente tradurre dall'inglese piuttosto che adoperare il vetusto ma sacrosanto verbo italiano adottato nella locandina.
Ma forse abbiamo corso molto, perchè a leggere bene quella locandina, ci viene il dubbio che sia stata redatta in italiano e poi tradotta in inglese da uno che l'inglese non lo conosce bene. E' stata una nostra impressione, oppure in inglese si usa anche il termine 'directed', per il direttore d'orcehstra, mentre ci risulta che esso venga usato per indicare il direttore di uno spettacolo che noi chiamiamo , in italiano, regista.
Sempre oggi su una locandina bilingue, apparsa nelle pagine romane dei quotidiani, che annunciava il concerto di una orchestra giovanile americana ( stasera, alle 21, nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva, nella omonima piazza), nel leggere che l'orchestra era diretta da/ directed by ci è parso finalmente di vedervi una conferma alla nostra tesi secondo la quale il direttore, nella lingua italiana, DIRIGE e con CONDUCE, come usano un paio di cronisti romani che preferiscono evidentemente tradurre dall'inglese piuttosto che adoperare il vetusto ma sacrosanto verbo italiano adottato nella locandina.
Ma forse abbiamo corso molto, perchè a leggere bene quella locandina, ci viene il dubbio che sia stata redatta in italiano e poi tradotta in inglese da uno che l'inglese non lo conosce bene. E' stata una nostra impressione, oppure in inglese si usa anche il termine 'directed', per il direttore d'orcehstra, mentre ci risulta che esso venga usato per indicare il direttore di uno spettacolo che noi chiamiamo , in italiano, regista.
Il cinema o il teatro - risorse, non ripieghi - in soccorso del melodramma contemporaneo. Da Battistelli a Tutino
Ci volevano le precisazioni di Marco Tutino (sul 'Corriere', raccolte da Giuseppina Manin) alla vigilia del debutto del suo nuovo melodramma - al Nuovo Carlo Felice di Genova, ripreso pari pari dal celebre Miseria e nobiltà, - per chiarire alcune errate valutazioni che noi, forse noi soli, avevamo esposto in questo blog, pochi giorni fa. E cioè che il ricorso continuo a titoli celebri di film, anzi agli stessi film, di cui talvolta si sfruttano con sospetta furbizia anche celebri sequenze, nella confezione di un nuovo melodramma, poteva servire di aiuto a musicisti a corto di idee speranzosi che il film arciconosciuto avrebbe potuto aiutarli nell'impresa di presentare una nuova opera al pubblico. Insomma il cinema come aiuto alla loro pigrizia e mancanza di idee narrative e grimaldello per far breccia nei teatri.
Nel sostenere la nostra tesi avevamo fatto riferimento a due nostri compositori, più o meno coetanei, i quali, nei rispettivi cataloghi d'opera, presentano titoli da casa di 'distribuzione cinematografica': Maro Tutino, appunto, e Giorgio Battistelli. Di quest'ultimo, non servirebbe neanche ricordare i titoli, tanto essi sono numerosi: Divorzio all'italiana ( omaggio a Germi, che poi era suo suocero), Prova d'orchestra, Miracolo a Milano, Teorema, Il fiore delle mille e una notte, Il medico dei pazzi , i più noti: Tutino lo segue a ruota, anche se a distanza: Senso, La ciociara,Miseria e Nobiltà, ed anche una serie di favole, da Pinocchio a Il Gatto con gli stivali, a La bella e la bestia.
A proposito di quest'ultimo titolo, Tutino, facendosi saltare la 'mosca' al naso, potrebbe giustamente replicare che anche altri hanno attinto alla celebre fiaba, nella versione cinematografica di Cocteau. La più celebre rielaborazione è quella di Philip Glass, che, in verità, è intervenuto, in maniera singolare, sul celebre trittico filmico di Cocteau che, comunque, non può dirsi certo popolare come i film ai quali Tutino si è 'comodamente' appoggiato. Ed anche Battistelli.
Il quale potrebbe portare l'esempio di un altro musicista, italiano in questo caso, che ha compiuto analoga operazione: Nino Rota con Napoli milionaria.
E a Tutino come a Battistelli nulla avremmo da replicare, oltre il fatto che Glass e Rota, hanno compiuto due esperimenti, uno ciascuno, e basta, poi hanno voltato pagina; mentre loro continuano, anzi insistono. facendo venire il sospetto che per adesso non intendano mollare.
Tutino, nel presentare la sua nuova opera, fa notare come la questione sia più complessa e non possa in nessun modo essere liquidata con qualche battuta ( o appunto) come avremmo fatto noi, inavvedutamente.
Spiega Tutino: non faceva così anche Verdi con i suoi melodrammi più famosi, orecchiando i successi teatrali o letterari del suo tempo ed adattandoli a libretti per i suoi melodrammi? E noi potremmo aggiungere alla lista anche Puccini, per restare in tema.
E poi la stoccata finale ai suoi denigratori che non considerano un altro aspetto e cioè che rivolgersi ai titoli cinematografici famosi, è un grande rischio:" Lo so, il confronto ( con titoli cinematografici notissimi, ndr.) può essere pericoloso, ma il vantaggio che se ne ricava è grande: miti così interiorizzati attenuano la diffidenza che spesso tiene lontano il pubblico dalle nuove opere o dall'opera in generale. Perchè di certo tutti conoscono la trama della Ciociara meglio di quella del Trovatore" (perchè più semplice e semplificata rispetto all'opera verdiana, ndr.).
Insomma, argomenta Tutino, noi compositori quando ci rivolgiamo al cinema - ci sarebbe sempre da spiegare perchè così spesso, dando l'impressione che non se ne sappia fare a meno - corriamo volentieri il rischio del confronto con un celebre film che potrebbe affossare il nostro lavoro, ma vi ricorriamo comunque, perchè siamo convinti che la notorietà di certi film possa fare accettare l'opera nuova dal grande pubblico.
Perciò, le accuse di pigrizia come anche di mancanza di idee nella scelta delle storie non ci toccano neanche un pò.
Nel sostenere la nostra tesi avevamo fatto riferimento a due nostri compositori, più o meno coetanei, i quali, nei rispettivi cataloghi d'opera, presentano titoli da casa di 'distribuzione cinematografica': Maro Tutino, appunto, e Giorgio Battistelli. Di quest'ultimo, non servirebbe neanche ricordare i titoli, tanto essi sono numerosi: Divorzio all'italiana ( omaggio a Germi, che poi era suo suocero), Prova d'orchestra, Miracolo a Milano, Teorema, Il fiore delle mille e una notte, Il medico dei pazzi , i più noti: Tutino lo segue a ruota, anche se a distanza: Senso, La ciociara,Miseria e Nobiltà, ed anche una serie di favole, da Pinocchio a Il Gatto con gli stivali, a La bella e la bestia.
A proposito di quest'ultimo titolo, Tutino, facendosi saltare la 'mosca' al naso, potrebbe giustamente replicare che anche altri hanno attinto alla celebre fiaba, nella versione cinematografica di Cocteau. La più celebre rielaborazione è quella di Philip Glass, che, in verità, è intervenuto, in maniera singolare, sul celebre trittico filmico di Cocteau che, comunque, non può dirsi certo popolare come i film ai quali Tutino si è 'comodamente' appoggiato. Ed anche Battistelli.
Il quale potrebbe portare l'esempio di un altro musicista, italiano in questo caso, che ha compiuto analoga operazione: Nino Rota con Napoli milionaria.
E a Tutino come a Battistelli nulla avremmo da replicare, oltre il fatto che Glass e Rota, hanno compiuto due esperimenti, uno ciascuno, e basta, poi hanno voltato pagina; mentre loro continuano, anzi insistono. facendo venire il sospetto che per adesso non intendano mollare.
Tutino, nel presentare la sua nuova opera, fa notare come la questione sia più complessa e non possa in nessun modo essere liquidata con qualche battuta ( o appunto) come avremmo fatto noi, inavvedutamente.
Spiega Tutino: non faceva così anche Verdi con i suoi melodrammi più famosi, orecchiando i successi teatrali o letterari del suo tempo ed adattandoli a libretti per i suoi melodrammi? E noi potremmo aggiungere alla lista anche Puccini, per restare in tema.
E poi la stoccata finale ai suoi denigratori che non considerano un altro aspetto e cioè che rivolgersi ai titoli cinematografici famosi, è un grande rischio:" Lo so, il confronto ( con titoli cinematografici notissimi, ndr.) può essere pericoloso, ma il vantaggio che se ne ricava è grande: miti così interiorizzati attenuano la diffidenza che spesso tiene lontano il pubblico dalle nuove opere o dall'opera in generale. Perchè di certo tutti conoscono la trama della Ciociara meglio di quella del Trovatore" (perchè più semplice e semplificata rispetto all'opera verdiana, ndr.).
Insomma, argomenta Tutino, noi compositori quando ci rivolgiamo al cinema - ci sarebbe sempre da spiegare perchè così spesso, dando l'impressione che non se ne sappia fare a meno - corriamo volentieri il rischio del confronto con un celebre film che potrebbe affossare il nostro lavoro, ma vi ricorriamo comunque, perchè siamo convinti che la notorietà di certi film possa fare accettare l'opera nuova dal grande pubblico.
Perciò, le accuse di pigrizia come anche di mancanza di idee nella scelta delle storie non ci toccano neanche un pò.
martedì 20 febbraio 2018
Secondo il Gran Maestro del GOI, Bisi, la Massoneria è come l'Azione Cattolica, dalla quale si differenzia solo per la sua laicità
La cosa non è così chiara come vorrebbe il Gran Maestro del Grand'Oriente d'Italia - la più importante loggia massonica italiana, anche se non l'unica - che si dà da fare, instancabilmente ogni giorno, per farci credere che la società segreta che egli presiede è nient'altro che una società di mutuo soccorso con finalità umanitarie e sociali.
La tiritera dei grandi uomini massoni, soprattutto del passato - perchè fra quelli del tempo presente c'è stato anche il venerabile Licio Gelli, che non era certo uno stinco di santo né un benefattore dell'umanità e neppure un portatore di pace - la conosciamo bene. Ce la elencò minuziosamente una ventina di anni fa l'allora Gran Maestro, Virgilio Gaito, quando lo incontrammo, in occasione di alcune celebrazioni mozartiane, nella sede romana del Vascello.
L'attuale Gran Maestro, Bisi, giornalista senese, si prodiga in attività benefiche ed umanitarie - nei giorni scorsi ha premiato alcuni studenti a Norcia - e fra breve aprirà a tutti le porte delle sedi massoniche per farci entrare un pò dì aria pura e per rassicurare i cittadini sulla natura della Massoneria.
Ma allora Bisi - che viene da una città che si vuole consegnata nelle mani non proprio candide della massoneria - dovrebbe spiegare che senso ha usare, quando si parla di affari poco puliti, l'espressione 'c'è l'ombra della massoneria'. Se fosse come l'Azione Cattolica e la Croce Rossa l'espressione dovrebbe essere del tutto diversa magari: 'grazie alla Massoneria benemerita ecc...
La Massoneria non è neanche come il Rotary o i Lions, è tutt'altra cosa. Magari, come gli appartenenti al Rotary o ai Lions i 'fratelli' si danno una mano, solo che quelle mani assai spesso si stringono per affari ben diversi da quelli predicati dal Gran Maestro Bisi.
E del resto perchè oggi alcuni partiti si affrettano a dichiarare che i massoni non possono candidarsi in certe liste, come nel caso dei Cinquestelle, per bocca di Di Maio?
Il PD, invece, anni fa sostenne che i massoni potevano candidarsi nel loro partito, lo sostenne fortemente Luigi Berlinguer che l'ebbe vinta. E nulla ci toglie dalla testa che forse anche lui era fratello del Gran d'Oriente d'Italia, nel quale compaiono nomi insospettabili, ma sempre e comunque potenti.
Se fosse solo una onlus con scopi caritatevoli anche e sopratutto verso l'esterno, mentre la massoneria rivolge la sua azione solo ed esclusivamente a beneficio dei suoi adepti, l'elenco degli iscritti- che provengono dalla società civile che conta, dalle professioni ma anche dalla Chiesa: non si è spesso detto che alcuni prelati di alto rango erano massoni ? - non sarebbe secretato, anche se più d'una volta gli elenchi degli appartenenti alle Logge sono state rese note, e comunque sono depositati presso le questure.
Non ci convince del contrario neanche il sapere che il miglior sindaco di Roma, Nathan - del quale Bisi vuol donare alla Raggi un busto - era massone, perchè un sindaco, anche se il miglior sindaco del mondo, non redime nè santifica una società che è in affari più con il diavolo che con l'acqua santa.
La tiritera dei grandi uomini massoni, soprattutto del passato - perchè fra quelli del tempo presente c'è stato anche il venerabile Licio Gelli, che non era certo uno stinco di santo né un benefattore dell'umanità e neppure un portatore di pace - la conosciamo bene. Ce la elencò minuziosamente una ventina di anni fa l'allora Gran Maestro, Virgilio Gaito, quando lo incontrammo, in occasione di alcune celebrazioni mozartiane, nella sede romana del Vascello.
L'attuale Gran Maestro, Bisi, giornalista senese, si prodiga in attività benefiche ed umanitarie - nei giorni scorsi ha premiato alcuni studenti a Norcia - e fra breve aprirà a tutti le porte delle sedi massoniche per farci entrare un pò dì aria pura e per rassicurare i cittadini sulla natura della Massoneria.
Ma allora Bisi - che viene da una città che si vuole consegnata nelle mani non proprio candide della massoneria - dovrebbe spiegare che senso ha usare, quando si parla di affari poco puliti, l'espressione 'c'è l'ombra della massoneria'. Se fosse come l'Azione Cattolica e la Croce Rossa l'espressione dovrebbe essere del tutto diversa magari: 'grazie alla Massoneria benemerita ecc...
La Massoneria non è neanche come il Rotary o i Lions, è tutt'altra cosa. Magari, come gli appartenenti al Rotary o ai Lions i 'fratelli' si danno una mano, solo che quelle mani assai spesso si stringono per affari ben diversi da quelli predicati dal Gran Maestro Bisi.
E del resto perchè oggi alcuni partiti si affrettano a dichiarare che i massoni non possono candidarsi in certe liste, come nel caso dei Cinquestelle, per bocca di Di Maio?
Il PD, invece, anni fa sostenne che i massoni potevano candidarsi nel loro partito, lo sostenne fortemente Luigi Berlinguer che l'ebbe vinta. E nulla ci toglie dalla testa che forse anche lui era fratello del Gran d'Oriente d'Italia, nel quale compaiono nomi insospettabili, ma sempre e comunque potenti.
Se fosse solo una onlus con scopi caritatevoli anche e sopratutto verso l'esterno, mentre la massoneria rivolge la sua azione solo ed esclusivamente a beneficio dei suoi adepti, l'elenco degli iscritti- che provengono dalla società civile che conta, dalle professioni ma anche dalla Chiesa: non si è spesso detto che alcuni prelati di alto rango erano massoni ? - non sarebbe secretato, anche se più d'una volta gli elenchi degli appartenenti alle Logge sono state rese note, e comunque sono depositati presso le questure.
Non ci convince del contrario neanche il sapere che il miglior sindaco di Roma, Nathan - del quale Bisi vuol donare alla Raggi un busto - era massone, perchè un sindaco, anche se il miglior sindaco del mondo, non redime nè santifica una società che è in affari più con il diavolo che con l'acqua santa.
Etichette:
azione cattolica,
bisi,
cinquestelle,
croce rossa,
gaito,
gelli,
Grande Oriente d'Italia,
lions,
luigi berlinguer,
nathan,
PD,
raggi.di maio,
rotary
Abolizione dei vitalizi. Alla prossima legislatura. Quale?
Il Fatto Quotidiano ha deciso di chiedere a tutte le forze politiche in campo per le elezioni del 4 marzo di prendere ufficialmente un impegno per l'abolizione dei vitalizi. Uno dei partiti cui è diretta la petizione e che è in lizza per le elezioni politiche 2018 ha risposto all'appello che in oltre 500,000 avete firmato. Il Partito Democratico ha infatti rilasciato un comunicato in cui afferma:
"Il Partito Democratico aderisce alla petizione di Change.org
Il nostro impegno riprende da dove si è chiusa la scorsa Legislatura: con la proposta di ricalcolo per dare ai parlamentari una pensione fondata sui criteri degli altri cittadini. Lo abbiamo fatto in Emilia Romagna, prima regione in Italia. Lo abbiamo proposto con la Legge Richetti approvata alla Camera. Lo faremo in via definitiva la prossima Legislatura.”
Vi ricordiamo che la petizione change.org/bastavitalizio è diretta a tutti i partiti e che ciascuno di essi può risponderci, come meglio crede, in qualsiasi momento.
"Il Partito Democratico aderisce alla petizione di Change.org
Il nostro impegno riprende da dove si è chiusa la scorsa Legislatura: con la proposta di ricalcolo per dare ai parlamentari una pensione fondata sui criteri degli altri cittadini. Lo abbiamo fatto in Emilia Romagna, prima regione in Italia. Lo abbiamo proposto con la Legge Richetti approvata alla Camera. Lo faremo in via definitiva la prossima Legislatura.”
Vi ricordiamo che la petizione change.org/bastavitalizio è diretta a tutti i partiti e che ciascuno di essi può risponderci, come meglio crede, in qualsiasi momento.
lunedì 19 febbraio 2018
Formigoni, il celeste, condannato a 6 anni, candidato da Berlusconi nelle liste di Forza Italia. Che altro ancora deve fare uno, per risultare incandidabile?
Certo è che nonostante il Celeste sia incensurato “non possono riconoscersi le circostanze attenuanti generiche, non essendo emerso, all’esito del dibattimento, alcun elemento di positiva valutazione dai gravi fatti posti in essere dalla più alta carica politica della Regione Lombardia … per un lungo periodo di tempo, con particolare pervicacia sotto il profilo del dolo, con palese abuso delle sue funzioni, con l’ausilio di intermediari, in modo particolarmente callido e spregiudicato, per fini marcatamente di lucro e con grave danno per la Regione e per il buon andamento della pubblica amministrazione”. I giudici spiegano di aver condannato l’attuale senatore di Ap tenendo conto “della gravità delle condotte, dell’intensità del dolo, dell’entità delle utilità percepite per la messa a disposizione dell’altissima funzione, della mancanza di alcun quantomeno parziale risarcimento del danno, della notevole entità dei danni patrimoniali cagionati, dei mezzi e delle circostanze dell’azione”. I pm Laura Pedio e Antonio Pastore avevano chiesto di condannarlo a 9 anni, ma i giudici, però, l’hanno assolto dall’accusa di associazione a delinquere.( Da Il Fatto quotidiano)
A 'Quante storie'( Rai 3) il conduttore, Corrado Augias si permette anche di fare l'antipatico con un ospite invitato
Corrado Augias, nonostante le molte dichiarazione pubbliche di voler finalmente un pò riposarsi, data l'età, continua imperterrito ad occupare uno spazio giornaliero, nella mattina di Rai 3. E nonostante faccia ascolti di tipo 'familiare': non arriva di media neanche al 2% di share, con soglie di telespettatori molto sotto i 300.000.
Dunque ci sarebbero tutte le ragioni per cambiare programma od affidarlo ad altre più agili e sveglie mani. Salvo che non ci sia un patto di affidamento di un certo spazio con il quotidiano La Repubblica, visto che prima c'era Concita De Gregorio che quanto ad ascolti faceva niente più e niente meno che quelli di Augias. Aggiungere che poi molti dei loro rispettivi ospiti nel tempo - nulla da dire sul loro valore, ma ve ne sono altrettanto bravi anche di diversa provenienza - appartenevano ancora allo stesso quotidiano o a quel gruppo editoriale nel quale i conduttori lavorano, è solo una minuzia.
Oggi Augias, facendo una grazia ai suoi dirimpettai del Corriere della Sera ospitava Federico Fubini (economista, passato anche da Repubblica e poi tornato al Corriere nel ruolo di vicedirettore) per presentare il suo libro ' La professoressa e la camorrista' - mi sembra fosse questo il titolo esatto.
Ad inizio di trasmissione dopo aver presentato l'ospite molto molto più giovane di lui, ma altrettanto bravo giornalista, Federico Fubini chiedeva al vecchio conduttore di non utilizzare il 'lei', visto che si conoscono da molto tempo, da quando lui andò ad incontrarlo, quand'era parlamentare europeo, a Bruxelles ( ci avrà anche la pensione da parlamentare, certo!). Augias l'ha subito stoppato, con fare inelegante, dicendogli di proseguire con il 'lei'.
Poi, appena mostrata la copertina del libro di Fubini, gli ha contestato il titolo, perchè: "non rispecchia il contenuto, io avrei fatto un altro titolo". E chissenefrega - c'era da rispondergli, ma Fubini non l'ha fatto, anche perchè in un raro momento di lucidità, il rallentato, ipnonducente Augias, ha subito aggiunto: "prenda questa mia considerazione e la butti nel cestino". Saggio consiglio, ma non poteva star zitto?
Poi Fubini gli ha spiegato quel titolo e la sua aderenza al contenuto del libro. Ma Augias non si è detto convinto ed ha continuato parlando degli studi dei giovani e del loro futuro lavorativo." Che ci fanno tanti studenti del classico- ha detto - mentre noi abbiamo bisogno di idraulici e altre professioni?". Ed anche qui Fubini gli ha spiegato perchè c'è bisogno ancora e sempre di studenti che hanno una formazione intellettuale generale, classica diremmo, oltre che professionale, perchè molte di quelle professioni per le quali andiamo oggi chiedendo giovani formati professionalmente, domani, quando usciranno loro dalle scuole, saranno state sicuramente rimpiazzate da altre".
Come poi sia proseguito il colloquio/scontro non sappiamo, perchè abbiamo spento la tv, disgustati da quell'atteggiamento, inspiegabilmente antipatico e saccente, di Augias.
Al quale vogliamo consigliare di ringraziare, ogni mattina appena si sveglia, la Rai che ancora gli offre, ogni giorno, quella poltrona; mentre la considerazione degli ascolti dovrebbe indurre i dirigenti di viale Mazzini a sfilargliela, senza che se ne accorga. E, naturalmente, senza farlo finire a terra, per il rispetto che si deve all'età avanzata: ottantatre da poco compiuti!
Dunque ci sarebbero tutte le ragioni per cambiare programma od affidarlo ad altre più agili e sveglie mani. Salvo che non ci sia un patto di affidamento di un certo spazio con il quotidiano La Repubblica, visto che prima c'era Concita De Gregorio che quanto ad ascolti faceva niente più e niente meno che quelli di Augias. Aggiungere che poi molti dei loro rispettivi ospiti nel tempo - nulla da dire sul loro valore, ma ve ne sono altrettanto bravi anche di diversa provenienza - appartenevano ancora allo stesso quotidiano o a quel gruppo editoriale nel quale i conduttori lavorano, è solo una minuzia.
Oggi Augias, facendo una grazia ai suoi dirimpettai del Corriere della Sera ospitava Federico Fubini (economista, passato anche da Repubblica e poi tornato al Corriere nel ruolo di vicedirettore) per presentare il suo libro ' La professoressa e la camorrista' - mi sembra fosse questo il titolo esatto.
Ad inizio di trasmissione dopo aver presentato l'ospite molto molto più giovane di lui, ma altrettanto bravo giornalista, Federico Fubini chiedeva al vecchio conduttore di non utilizzare il 'lei', visto che si conoscono da molto tempo, da quando lui andò ad incontrarlo, quand'era parlamentare europeo, a Bruxelles ( ci avrà anche la pensione da parlamentare, certo!). Augias l'ha subito stoppato, con fare inelegante, dicendogli di proseguire con il 'lei'.
Poi, appena mostrata la copertina del libro di Fubini, gli ha contestato il titolo, perchè: "non rispecchia il contenuto, io avrei fatto un altro titolo". E chissenefrega - c'era da rispondergli, ma Fubini non l'ha fatto, anche perchè in un raro momento di lucidità, il rallentato, ipnonducente Augias, ha subito aggiunto: "prenda questa mia considerazione e la butti nel cestino". Saggio consiglio, ma non poteva star zitto?
Poi Fubini gli ha spiegato quel titolo e la sua aderenza al contenuto del libro. Ma Augias non si è detto convinto ed ha continuato parlando degli studi dei giovani e del loro futuro lavorativo." Che ci fanno tanti studenti del classico- ha detto - mentre noi abbiamo bisogno di idraulici e altre professioni?". Ed anche qui Fubini gli ha spiegato perchè c'è bisogno ancora e sempre di studenti che hanno una formazione intellettuale generale, classica diremmo, oltre che professionale, perchè molte di quelle professioni per le quali andiamo oggi chiedendo giovani formati professionalmente, domani, quando usciranno loro dalle scuole, saranno state sicuramente rimpiazzate da altre".
Come poi sia proseguito il colloquio/scontro non sappiamo, perchè abbiamo spento la tv, disgustati da quell'atteggiamento, inspiegabilmente antipatico e saccente, di Augias.
Al quale vogliamo consigliare di ringraziare, ogni mattina appena si sveglia, la Rai che ancora gli offre, ogni giorno, quella poltrona; mentre la considerazione degli ascolti dovrebbe indurre i dirigenti di viale Mazzini a sfilargliela, senza che se ne accorga. E, naturalmente, senza farlo finire a terra, per il rispetto che si deve all'età avanzata: ottantatre da poco compiuti!
Il Fatto Quotidiano affetto da 'sonnambulismo' sull'Opera di Roma
Quando si va a mettere il naso negli affari degli altri occorre essere ben svegli, non affetti da sonnambulismi e lontani da dormiveglia che possono creare brutti scherzi. Occorre, insomma, tenere gli occhi aperti e guardare alle cose con grande attenzione. Come non è accaduto al Fatto Quotidiano che, al pari di ciò che ha fatto con MEB, spesso va a mettere il naso negli affari dell'Opera di Roma, ma non sempre con la necessaria attenzione e precisione che il caso richiede.
Ieri, a firma Alessia Grossi, è apparso sul Fatto Quotidiano un articolo sulla Sonnambula di Bellini - diretta dalla Scappucci 'astro della attuale scena direttoriale internazionale', hanno detto in tv , dove fanno presto a spararle così grosse, solo perchè è donna, quando parlano di una grande star! - che da domani va in scena all'Opera di Roma, con la regia di Giorgio Barberio Corsetti, regista di fama e di genio.
Il Fatto incorre in parecchie inesattezze, mentre fa bene a dire a Carlo Fuortes che guida l'Opera di Roma dal 2013 (prima commissario e poi sovrintendente) che se un'opera non viene presentata in una nuova produzione deve dire che si tratta di una ripresa e non, come scrive sul sito nella lingua inglese: 'New production'.
E, infatti, si tratta di una ripresa che ha otto anni di vita e che ha già fatto il giro di alcuni teatri in Italia, dopo essere stata battezzata a San Gallo in Svizzera, nella stagione 2010-11, con la stessa equipe: regista, scenografo e costumista, disegni animati, oltre che con la medesima protagonista femminile: Jessica Pratt, la migliore Adina, la sonnambula, dei nostri giorni.
In Italia arrivò al Petruzzelli, proprio quando Fuortes era commissario, nel 2013, tale e quale a quella edizione di San Gallo: con Barberio Corsetti regista, Luigi Toccafondo autore di video e disegni animati, luci di Marco Giusti, scene e costumi di Cristian Taraborrelli.
Sul sito dell'Opera di Roma si legge che si tratta di una nuova produzione, coprodotta con il Teatro Petruzzelli di Bari ( da dove è stata importata) e il Massimo di Palermo che la programmerà prossimamente. Fra parentesi, La Sonnambula del regista Barberio Corsetti con Toccafondo, dopo Bari e Roma andrà a Palermo, dove lavora un altro fedelissimo di Fuortes, Oscar Pizzo. Il Sovrintendente dell' Opera di Roma si comporta come un agente, nel senso che pur non avendo una agenzia di rappresentanza, è legato ad un gruppo di fedelissimi che si porta sempre appresso e che non molla mai. Per lui una sorta di coperta di Linus, protettiva. Quanto a fedeltà non ha pari. E del resto Barberio Corsetti, regista che certamente non ha bisogno di un aiutino da parte di Fuortes, lavorava a Musica per Roma fin dallo sbarco dell'attuale sovrintendente dell'Opera come Amministratore delegato.
La stessa Sonnambula che si vedrà ed ascolterà da domani a Roma, è stata ripresa nella stagione passata anche al Teatro Verdi di Trieste, che però non figura nei finti coproduttori, come Bari e Palermo. Se uno va a vedere in rete le immagini delle varie riprese della regia di Barberio Corsetti si convince che si tratta ovunque del medesimo spettacolo. Dunque non si tratta di una 'nuova produzione'. E perciò, come sottolinea il Fatto, Fuortes dice il falso.
Poi però Alessia Grossi dice alcune cose che non stanno nè in cielo nè in terra. E cioè che Fuortes spaccerebbe la 'sua' Sonnambula come nuova produzione per avere contributi più sostanziosi dal Ministero. Non stanno così le cose, perchè il Ministero incoraggia le coproduzioni e lo sfruttamento di allestimenti già prodotti da altri, per risparmiare. Ma allora perchè Fuortes.... semplicemente perchè pensa che parlando di 'nuova' produzione, avrà più spettatori. Tale convinzione è frutto della sua idea di melodramma: se non lo si attualizza con la regia, nessuno andrà a vederlo. E qui si sbaglia di grosso, perchè la Sonnambula di Bellini , come anche la Traviata di Verdi si va soprattutto e principalmente ad ASCOLTARLA, e perciò non sarà la regia di Barberio Corsetti o di chiunque altro a decretare SUCCESSO E INSUCCESSO DI UN'OPERA, SE AMATA DAL PUBBLICO.
Quanto alla ripresa, sarà utile ricordare come La Fenice, nella gestione Cristiano Chiarot, ha fondato il suo successo di pubblico anche sulla ripresa di alcuni titoli popolari e famosi più volte nel corso di una medesima stagione ed anche in diverse stagioni (lo ha fatto con Traviata , in un allestimento neppure tanto indovinato, da oltre dieci anni, con immutato successo).
Poi Il Fatto riporta cifre non corrette sul costo degli allestimenti, quando scrive che solitamente per ogni titolo si spende dai 300.000 ai 400.000 Euro, per quelli meno costosi, fino ad arrivare a 1.500.000 Euro per quelli più spendaccioni, come - precisa - la Traviata di due stagioni fa, quella firmata da Sofia Coppola e Valentino.
La quale Traviata, che richiamò a Roma mezzo cinema internazionale - per l'amicizia con la Coppola e non principalmente per Traviata - e che, forse, dispiacque un pò a Fuortes che avrebbe desiderato da Sofia Coppola una regia più trasgressiva, o almeno innovativa, costò la bella cifra di 1.800.000 Euro. Quanto neanche la Scala spende per l'opera inaugurale che, però, nella serata di sant'Ambrogio, incassa, ogni anno, all'incirca 2.000.000 di Euro ripagando ampiamente la spesa. Cosa che non è accaduto a Fuortes con la sua Traviata 'glamour ' che coprirà le spese sostenute per il debutto solo dopo le prime riprese al Costanzi e l'affitto di Tokio che l'ha prenotata.
Questo occorreva ribadire a Fuortes, non il fatto che ha ripreso una Sonnambula già vista che gli costa poco ( e poi sono già quattro le 'nascite' di questa realizzazione. Il Fatto non sapeva di Trieste, la più recente). Mentre fa bene a sottolineare che nel 2013 Fuortes spacciava come 'nuovo allestimento' la Sonnambula importata da San Gallo che gli avrebbe fatto avere dal Ministero qualche soldo in più. Vero è che Franceschini e con lui Nastasi qualche soldo in più avrebbero comunque trovato il modo di darglielo, perchè Fuortes è ritenuto il risanatore per eccellenza - vero in tutto o in parte, ma con qualche dubbio - tanto che negli ultimi anni gli hanno affidato contemporaneamente anche due Fondazioni liriche, come nel caso di Roma e Verona. Ma con quali risultati effettivi, specie per il debito da risanare attingendo alla cosiddetta 'Legge Bray', non è del tutto chiaro.
A parte ogni nostra idea sull'operato di Fuortes e sulle sue gestioni troppo personali - come abbiamo tante volte segnalato - saremmo felici, numeri alla mano, ad ogni consuntivo, di riconoscergli una sana amministrazione. Che non può coincidere anche con la 'idiota' cura salvaopera, a Roma, della 'esternalizzazione' delle cosiddette masse artistiche, o , a Verona, con la 'chiusura' della Fondazione per un paio di mesi l'anno e lo 'scioglimento' del Corpo di ballo. Si tratta in ambedue i casi di ricette salvavita proposte da un medico incapace ed incompetente, quale in questi due casi ( ma anche nel commissariamento del Petruzzelli di Bari) si è rivelato Fuortes. Il quale, forse, in questi anni è tenuto in palmo di mano dal Ministero, perchè ha cominciato, zitto zitto, a dar corso all'insano progetto di Nastasi e Franceschini che gradirebbero barbaramente ridurre drasticamente il numero delle Fondazioni liriche, risparmiando quei soldi che poi dilapidano in tante altre maniere. Tutte meno nobili.
Ieri, a firma Alessia Grossi, è apparso sul Fatto Quotidiano un articolo sulla Sonnambula di Bellini - diretta dalla Scappucci 'astro della attuale scena direttoriale internazionale', hanno detto in tv , dove fanno presto a spararle così grosse, solo perchè è donna, quando parlano di una grande star! - che da domani va in scena all'Opera di Roma, con la regia di Giorgio Barberio Corsetti, regista di fama e di genio.
Il Fatto incorre in parecchie inesattezze, mentre fa bene a dire a Carlo Fuortes che guida l'Opera di Roma dal 2013 (prima commissario e poi sovrintendente) che se un'opera non viene presentata in una nuova produzione deve dire che si tratta di una ripresa e non, come scrive sul sito nella lingua inglese: 'New production'.
E, infatti, si tratta di una ripresa che ha otto anni di vita e che ha già fatto il giro di alcuni teatri in Italia, dopo essere stata battezzata a San Gallo in Svizzera, nella stagione 2010-11, con la stessa equipe: regista, scenografo e costumista, disegni animati, oltre che con la medesima protagonista femminile: Jessica Pratt, la migliore Adina, la sonnambula, dei nostri giorni.
In Italia arrivò al Petruzzelli, proprio quando Fuortes era commissario, nel 2013, tale e quale a quella edizione di San Gallo: con Barberio Corsetti regista, Luigi Toccafondo autore di video e disegni animati, luci di Marco Giusti, scene e costumi di Cristian Taraborrelli.
Sul sito dell'Opera di Roma si legge che si tratta di una nuova produzione, coprodotta con il Teatro Petruzzelli di Bari ( da dove è stata importata) e il Massimo di Palermo che la programmerà prossimamente. Fra parentesi, La Sonnambula del regista Barberio Corsetti con Toccafondo, dopo Bari e Roma andrà a Palermo, dove lavora un altro fedelissimo di Fuortes, Oscar Pizzo. Il Sovrintendente dell' Opera di Roma si comporta come un agente, nel senso che pur non avendo una agenzia di rappresentanza, è legato ad un gruppo di fedelissimi che si porta sempre appresso e che non molla mai. Per lui una sorta di coperta di Linus, protettiva. Quanto a fedeltà non ha pari. E del resto Barberio Corsetti, regista che certamente non ha bisogno di un aiutino da parte di Fuortes, lavorava a Musica per Roma fin dallo sbarco dell'attuale sovrintendente dell'Opera come Amministratore delegato.
La stessa Sonnambula che si vedrà ed ascolterà da domani a Roma, è stata ripresa nella stagione passata anche al Teatro Verdi di Trieste, che però non figura nei finti coproduttori, come Bari e Palermo. Se uno va a vedere in rete le immagini delle varie riprese della regia di Barberio Corsetti si convince che si tratta ovunque del medesimo spettacolo. Dunque non si tratta di una 'nuova produzione'. E perciò, come sottolinea il Fatto, Fuortes dice il falso.
Poi però Alessia Grossi dice alcune cose che non stanno nè in cielo nè in terra. E cioè che Fuortes spaccerebbe la 'sua' Sonnambula come nuova produzione per avere contributi più sostanziosi dal Ministero. Non stanno così le cose, perchè il Ministero incoraggia le coproduzioni e lo sfruttamento di allestimenti già prodotti da altri, per risparmiare. Ma allora perchè Fuortes.... semplicemente perchè pensa che parlando di 'nuova' produzione, avrà più spettatori. Tale convinzione è frutto della sua idea di melodramma: se non lo si attualizza con la regia, nessuno andrà a vederlo. E qui si sbaglia di grosso, perchè la Sonnambula di Bellini , come anche la Traviata di Verdi si va soprattutto e principalmente ad ASCOLTARLA, e perciò non sarà la regia di Barberio Corsetti o di chiunque altro a decretare SUCCESSO E INSUCCESSO DI UN'OPERA, SE AMATA DAL PUBBLICO.
Quanto alla ripresa, sarà utile ricordare come La Fenice, nella gestione Cristiano Chiarot, ha fondato il suo successo di pubblico anche sulla ripresa di alcuni titoli popolari e famosi più volte nel corso di una medesima stagione ed anche in diverse stagioni (lo ha fatto con Traviata , in un allestimento neppure tanto indovinato, da oltre dieci anni, con immutato successo).
Poi Il Fatto riporta cifre non corrette sul costo degli allestimenti, quando scrive che solitamente per ogni titolo si spende dai 300.000 ai 400.000 Euro, per quelli meno costosi, fino ad arrivare a 1.500.000 Euro per quelli più spendaccioni, come - precisa - la Traviata di due stagioni fa, quella firmata da Sofia Coppola e Valentino.
La quale Traviata, che richiamò a Roma mezzo cinema internazionale - per l'amicizia con la Coppola e non principalmente per Traviata - e che, forse, dispiacque un pò a Fuortes che avrebbe desiderato da Sofia Coppola una regia più trasgressiva, o almeno innovativa, costò la bella cifra di 1.800.000 Euro. Quanto neanche la Scala spende per l'opera inaugurale che, però, nella serata di sant'Ambrogio, incassa, ogni anno, all'incirca 2.000.000 di Euro ripagando ampiamente la spesa. Cosa che non è accaduto a Fuortes con la sua Traviata 'glamour ' che coprirà le spese sostenute per il debutto solo dopo le prime riprese al Costanzi e l'affitto di Tokio che l'ha prenotata.
Questo occorreva ribadire a Fuortes, non il fatto che ha ripreso una Sonnambula già vista che gli costa poco ( e poi sono già quattro le 'nascite' di questa realizzazione. Il Fatto non sapeva di Trieste, la più recente). Mentre fa bene a sottolineare che nel 2013 Fuortes spacciava come 'nuovo allestimento' la Sonnambula importata da San Gallo che gli avrebbe fatto avere dal Ministero qualche soldo in più. Vero è che Franceschini e con lui Nastasi qualche soldo in più avrebbero comunque trovato il modo di darglielo, perchè Fuortes è ritenuto il risanatore per eccellenza - vero in tutto o in parte, ma con qualche dubbio - tanto che negli ultimi anni gli hanno affidato contemporaneamente anche due Fondazioni liriche, come nel caso di Roma e Verona. Ma con quali risultati effettivi, specie per il debito da risanare attingendo alla cosiddetta 'Legge Bray', non è del tutto chiaro.
A parte ogni nostra idea sull'operato di Fuortes e sulle sue gestioni troppo personali - come abbiamo tante volte segnalato - saremmo felici, numeri alla mano, ad ogni consuntivo, di riconoscergli una sana amministrazione. Che non può coincidere anche con la 'idiota' cura salvaopera, a Roma, della 'esternalizzazione' delle cosiddette masse artistiche, o , a Verona, con la 'chiusura' della Fondazione per un paio di mesi l'anno e lo 'scioglimento' del Corpo di ballo. Si tratta in ambedue i casi di ricette salvavita proposte da un medico incapace ed incompetente, quale in questi due casi ( ma anche nel commissariamento del Petruzzelli di Bari) si è rivelato Fuortes. Il quale, forse, in questi anni è tenuto in palmo di mano dal Ministero, perchè ha cominciato, zitto zitto, a dar corso all'insano progetto di Nastasi e Franceschini che gradirebbero barbaramente ridurre drasticamente il numero delle Fondazioni liriche, risparmiando quei soldi che poi dilapidano in tante altre maniere. Tutte meno nobili.
Etichette:
carlo fuortes,
cristian taraborrelli,
franceschini,
giorgio barberio corsetti,
il fatto quotidiano giornale,
luigi toccafondo,
nastasi,
Opera di Roma,
oscar pizzo
domenica 18 febbraio 2018
Mollicone, Di Biase, Guerrini. Eroi della Commsisione Cultura del Campidoglio
"Mollicone lo conosce? A Roma conosco solo Morricone" - fu la risposta caustica di Riccardo Muti quando gli riferirono che era stato un certo Mollicone a bocciare la proposta di conferirgli la cittadinanza romana. Muti non poteva immaginare la dirittura morale e coerenza politica del Mollicone - non Morricone - in questione, allora, Alemanno imperante, a capo della Commissione Cultura del Campidoglio. Egli aveva rifiutato la proposta della cittadinanza romana a Muti, perchè il direttore "non aveva mantenuto la promessa di assumere un incarico stabile all'Opera", come avevano preannunciato Alemanno e Vespa, dopo il loro incontro con il direttore a Salisburgo, ma che Muti non aveva mai avallato chiaramente. Mollicone aveva così ragionato: chi non mantiene la parola data non è degno di essere 'cittadino romano' seppur onorario. Per questo Mollicone passerà alla storia della cultura a Roma, non certo perchè oggi ha l'incarico di 'portavoce' della candidata premier Meloni e del suo partito 'Fratelli d'Italia'. Successivamente la cittadinanza a Muti venne data - come accadde anche per la laurea honoris causa alla Sapienza ( attribuitagli in una occasione di feroci contestazioni al rettore dell'epoca e consegnatagli ufficialmente qualche anno dopo) - ma solo per il buon cuore di Mollicone- come sta a dire anche il suo cognome. Ed ancora oggi, grazie al successivo gesto conciliante di Mollicone, Muti a Roma è cittadino onorario, laureato honoris causa alla Sapienza e perfino direttore onorario, a vita, dell'Opera di Roma. Proprio lui che dopo tre anni di presenza nel Teatro romano, aveva detto 'non è cosa', e se ne era andato.
Quando Alemanno andò a casa, battuto da Marino (mai vittoria fu più infausta!), anche la Commissione cultura del Campidoglio passò in altre mani, di una donna, Michela Di Biase, esile minuta ma determinata, battagliera. Sposata successivamente a Dario Franceschini che le faceva da sponda e da supporter al Ministero. E comunque la Di Biase qualcosa di buono ha fatto ( se non ricordiamo male fu sua l'indicazione di esonerare, perdurando la crisi, le sale cinematografiche, da una certa tassazione che ne avrebbe causato la cancellazione dal territorio italiano). Oggi, da consigliera PD, fa sentire la sua voce contro la giunta Raggi che certo non fa mancare occasioni di critica ai suoi avversari politici.
Con il 'gabinetto Raggi' è arrivata alla Commissione cultura capitolina, da vice presidente, ma facente funzione di presidente, Gemma Guerrini, consigliera grillina, di solida formazione classica ( studi universitari in lettere antiche e tutto quello che di antico esiste), salita agli onori della cronaca per una dichiarazione che fa il paio con quella, infausta di Mollicone, dimostrando come si possono buttare alle ortiche anni di studi seri e di formazione classica, quando c'è da difendere la pagnotta, la causa del suo partito che l'ha portata in Campidoglio, ed anche la sua tranquillità domestica.
Di Gemma Guerrini nessuno avrebbe mai conosciuto l'esistenza né il ruolo nell'amministrazione della Capitale - anche perchè Luca Bergamo, l'intellettuale assessore della Giunta Raggi ed anche vicesindaco, non consente a nessuno nè di fargli ombra nè di disonorarne l'azione, ci pensa da solo - se non si fosse autocrocifissa con quella dichiarazione idiota sui capolavori del cinema che vengono proiettati da alcune estati in qua, nella Piazza di San Cosimato, a cura del gruppo dei 'giovani' del Cinema America. Proiettare film del passato non è cultura, ha detto, ecc... come abbiamo riprodotto alla lettera nel post precedente. Le sue dichiarazioni hanno scatenato una reazione generale nel mondo del cinema italiano che ha chiesto le dimissioni oltre che della Guerrini - ovvio, vergogna della Giunta! - anche di Bergamo, attaccato alla sua poltrona come nessun altro, che si è giustificato sottolineando che anche lui ha condannato la Guerrini per quelle sue dichiarazioni e che non si può dimettere lui se chi ha sbagliato di grosso è stata la Guerrini.
La quale abita in Piazza san Cosimato. E ciò spiega tutto!
Quando Alemanno andò a casa, battuto da Marino (mai vittoria fu più infausta!), anche la Commissione cultura del Campidoglio passò in altre mani, di una donna, Michela Di Biase, esile minuta ma determinata, battagliera. Sposata successivamente a Dario Franceschini che le faceva da sponda e da supporter al Ministero. E comunque la Di Biase qualcosa di buono ha fatto ( se non ricordiamo male fu sua l'indicazione di esonerare, perdurando la crisi, le sale cinematografiche, da una certa tassazione che ne avrebbe causato la cancellazione dal territorio italiano). Oggi, da consigliera PD, fa sentire la sua voce contro la giunta Raggi che certo non fa mancare occasioni di critica ai suoi avversari politici.
Con il 'gabinetto Raggi' è arrivata alla Commissione cultura capitolina, da vice presidente, ma facente funzione di presidente, Gemma Guerrini, consigliera grillina, di solida formazione classica ( studi universitari in lettere antiche e tutto quello che di antico esiste), salita agli onori della cronaca per una dichiarazione che fa il paio con quella, infausta di Mollicone, dimostrando come si possono buttare alle ortiche anni di studi seri e di formazione classica, quando c'è da difendere la pagnotta, la causa del suo partito che l'ha portata in Campidoglio, ed anche la sua tranquillità domestica.
Di Gemma Guerrini nessuno avrebbe mai conosciuto l'esistenza né il ruolo nell'amministrazione della Capitale - anche perchè Luca Bergamo, l'intellettuale assessore della Giunta Raggi ed anche vicesindaco, non consente a nessuno nè di fargli ombra nè di disonorarne l'azione, ci pensa da solo - se non si fosse autocrocifissa con quella dichiarazione idiota sui capolavori del cinema che vengono proiettati da alcune estati in qua, nella Piazza di San Cosimato, a cura del gruppo dei 'giovani' del Cinema America. Proiettare film del passato non è cultura, ha detto, ecc... come abbiamo riprodotto alla lettera nel post precedente. Le sue dichiarazioni hanno scatenato una reazione generale nel mondo del cinema italiano che ha chiesto le dimissioni oltre che della Guerrini - ovvio, vergogna della Giunta! - anche di Bergamo, attaccato alla sua poltrona come nessun altro, che si è giustificato sottolineando che anche lui ha condannato la Guerrini per quelle sue dichiarazioni e che non si può dimettere lui se chi ha sbagliato di grosso è stata la Guerrini.
La quale abita in Piazza san Cosimato. E ciò spiega tutto!
Etichette:
Alemanno,
bergamo cinema america,
di biase,
franceschini,
guerrini,
Marino,
Mollicone,
muti,
raggi,
teatro dell'opera università sapienza
sabato 17 febbraio 2018
Cosa c'è di culturale nel proiettare vecchi film? E' Feticismo - sostiene Gemma Guerrini vice presidente commissione cultura del campidoglio, consigliera Cinquestelle
„Personalmente non so rispondere alla domanda di cosa ci sia di così altamente culturale nella riedizione di vecchi film all'interno di un contesto storico e sociale con una sua storia, una sua identità, un suo vivace vissuto, che solo chi ne è estraneo, e vuole rimanerne tale, può non conoscere nè vedere e anzi può soffocare vantando una civilizzazione di stampo colonialista".
"Cos'è
infatti se non feticismo, la reiterata proiezione, giorno dopo
giorno, di vecchi film che hanno in comune soltanto il fatto di
essere famosi, con a seguire la presentazione degli altrettanto
famosi produttori/registi/attori, magari accompagnati dal
Franceschini o dallo Zingaretti di turno? Alla quantificazione
numerica come misura del consenso, già noto a quegli imperatori
romani che organizzavano gli spettacoli gladiatori al Colosseo,
questo sistema di intellettualizzazione del divertimento ha poi
appaiato spesso l'idea della sua gratuità: divertimento puro e
purificato da ogni contaminazione pecuniaria. Purtroppo, come ben
sappiamo, nulla è gratuito.
Forse è arrivato il momento che i
cittadini comincino a chiedersi se non sarebbe stato meglio se i
bravi
amministratori alla Zingaretti avessero
guardato un pò meno film per occuparsi di più e meglio di sanità e
di ambiente".
giovedì 15 febbraio 2018
Cronista del Corriere, segnalatasi nell'uso di un linguaggio musicale fantasioso, si cimenta anche con l'americano
Chi legge la Cronaca di Roma del 'Corriere della Sera' si imbatte spesso in articoli, brevi o lunghi, a firma Natalia Distefano, di cronaca musicale, sia che anticipi un concerto - lei, come tanti altri, preferisce sempre e comunque il termine 'evento' - sia che ne racconti l'esito, limitandosi a 'chi c'era e chi non c'era'.
Comunque nella sue cronache musicali lei è risultata una campionessa nell'uso di una particolare espressione, la seguente: sulle note . Non parliamo di danza che si fa generalmente sulla musica di... laddove Lei preferirebbe comunque: sulle note di... e noi potremmo anche chiudere un occhio.
Presenta un direttore o uno strumentista od un cantante. Tutti, direttore, strumentisti e cantanti dirigono, cantano o suonano 'SULLE NOTE DI'. Capito? non è che dirigono, suonano o cantano le note di... quando oltretutto sarebbe più semplice e facile scrivere: LA MUSICA DI... Chiunque, direttore, strumentista e cantante sta sempre e soltanto SULLE NOTE di.... Mai DENTRO LE NOTE e neppure SOTTO LE NOTE , sempre e comunque SULLE NOTE di.
Oggi, nell'annunciare i concerti che da questa sera festeggiano i cent'anni dalla nascita di Leonard Bernstein, legato all'Orchestra di S.Cecilia per lungo tempo, si cimenta anche con la ben nota espressione 'americana', che fino ad ora sembrava esclusivo appannaggio di una giornalista di Repubblica: conduzione dell'orchestra al posto di direzione dell'orchestra.
Esordisce - non sappiamo se riprendendo un comunicato magari della stessa Accademia dove da qualche mese dirige l'ufficio stampa una giornalista francese, con tendenze linguistiche filo americane - scrivendo che Bernstein richiesto di illustrare la CONDUZIONE dell'ORCHESTRA... rispondeva: LA DIREZIONE DELL 'ORCHESTRA...
Evidentemente la Distefano non s'è neppure avveduta che il direttore (ma non sappiamo se si sia attenuta - assai probabile - al comunicato dell'Accademia) le avrebbe indicato il termine e relativo verbo da usare in italiano.
Ma forse la cronista pensa che la conduzione d'orchestra sia cosa ben diversa dalla direzione; oppure - a sua parziale giustificazione - che la domanda gli sia stata rivolta in inglese, come rivela la presenza di quell'americanismo o inglesismo nella domanda: CONDUZIONE; mentre la risposta in italiano e forse anche in Italia, usando, di conseguenza, il termine che in Italia si adopera per indicare il mestiere di Bernstein: DIREZIONE... e Lei si sia scrupolosamente attenuta al bilinguismo.
In tale equivoci tanti improvvisati cronisti cadono ogni giorno, come quella volta che una collega della consorella 'Repubblica', diede dello 'scenografo' ad uno 'sceneggiatore', pensando si trattasse del medesimo mestiere che poteva essere indicato con termini diversi, ma sinonimi, perchè abbastanza somiglianti.
Comunque nella sue cronache musicali lei è risultata una campionessa nell'uso di una particolare espressione, la seguente: sulle note . Non parliamo di danza che si fa generalmente sulla musica di... laddove Lei preferirebbe comunque: sulle note di... e noi potremmo anche chiudere un occhio.
Presenta un direttore o uno strumentista od un cantante. Tutti, direttore, strumentisti e cantanti dirigono, cantano o suonano 'SULLE NOTE DI'. Capito? non è che dirigono, suonano o cantano le note di... quando oltretutto sarebbe più semplice e facile scrivere: LA MUSICA DI... Chiunque, direttore, strumentista e cantante sta sempre e soltanto SULLE NOTE di.... Mai DENTRO LE NOTE e neppure SOTTO LE NOTE , sempre e comunque SULLE NOTE di.
Oggi, nell'annunciare i concerti che da questa sera festeggiano i cent'anni dalla nascita di Leonard Bernstein, legato all'Orchestra di S.Cecilia per lungo tempo, si cimenta anche con la ben nota espressione 'americana', che fino ad ora sembrava esclusivo appannaggio di una giornalista di Repubblica: conduzione dell'orchestra al posto di direzione dell'orchestra.
Esordisce - non sappiamo se riprendendo un comunicato magari della stessa Accademia dove da qualche mese dirige l'ufficio stampa una giornalista francese, con tendenze linguistiche filo americane - scrivendo che Bernstein richiesto di illustrare la CONDUZIONE dell'ORCHESTRA... rispondeva: LA DIREZIONE DELL 'ORCHESTRA...
Evidentemente la Distefano non s'è neppure avveduta che il direttore (ma non sappiamo se si sia attenuta - assai probabile - al comunicato dell'Accademia) le avrebbe indicato il termine e relativo verbo da usare in italiano.
Ma forse la cronista pensa che la conduzione d'orchestra sia cosa ben diversa dalla direzione; oppure - a sua parziale giustificazione - che la domanda gli sia stata rivolta in inglese, come rivela la presenza di quell'americanismo o inglesismo nella domanda: CONDUZIONE; mentre la risposta in italiano e forse anche in Italia, usando, di conseguenza, il termine che in Italia si adopera per indicare il mestiere di Bernstein: DIREZIONE... e Lei si sia scrupolosamente attenuta al bilinguismo.
In tale equivoci tanti improvvisati cronisti cadono ogni giorno, come quella volta che una collega della consorella 'Repubblica', diede dello 'scenografo' ad uno 'sceneggiatore', pensando si trattasse del medesimo mestiere che poteva essere indicato con termini diversi, ma sinonimi, perchè abbastanza somiglianti.
ESTATE ROMANA. L'Algoritmo dell'assessore Bergamo
L'anno scorso il bando dell'ESTATE ROMANA l'assessore se lo fece da sè ed anche i beneficiari dei finanziamenti comunali, ridotti all'oso, se li scelse lui nel mazzo, anzi, decise per la logica che il merito va premiato e niente finanziamenti a pioggia, dislocandoli in tutti i municipi, uno per ciascun municipio, quali che fossero i progetti presentati. Il popolo di Roma deve sapere che ci siamo noi in Campidoglio e che noi siamo diversi dagli altri. Perciò elemosine ma a tutti, e non solo ai progetti meritevoli, specie quelli del centro città. Tutto a favore delle periferie.
Alcune storiche manifestazioni che vantavano anche vent'anni di attività se ne fregarono della politica e realizzarono, fra sacrifici enormi, i loro programmi. Non serve ricordare che il bando fu pubblicato quasi a 'estate romana' già avviata, che diedero a Bergamo l'autorizzazione a fare come gli pareva.
Era già successo al Capodanno 2017? Bergamo aveva detto 'niente da fare', non abbiamo soldi; e poi aveva realizzato quello sgorbio di capodanno, dalle 3 del mattino a sera inoltrata, destinato ai romani che mezzi brilli, uscivano da cenoni e veglioni.
SE NE DEDUCE che Bergamo e la sua sindaca, non hanno idee precise, navigano a vista ed a secondo del momento. Al Capodanno 2018 sono spuntati fuori i soldi che al Capodanno 2017 NON C'ERANO : 500.000,00 Euro, che Bergamo ha estratto dal suo cilindro magico e con quelli ha fatto ciò che voleva, mentre a Capodanno 2017 i progetti non erano suoi, ma di cittadini ed associazioni.
Ora, finalmente con notevole anticipo, ha pubblicato il bando della prossima Estate Romana, forse anche incalzato dalle proteste dei giovani romani che negli anni passati hanno organizzato il cinema gratuito in piazza ( Piazza San Cosimato). A quei giovani volenterosi che hanno deciso di non partecipare al bando, Bergamo ha voluto impartire una lezione di democrazia - quando gli pare: se volete avere i finanziamenti comunali, ha detto, dovete, come chiunque altro, partecipare al bando. E loro con decisione: tienteli i soldi!
Anche perchè si è saputo che il Comune, per la prossima 'Estate romana', mette a disposizione 500.000,00 Euro. Esattamente ciò che ha speso per il Capodanno che comunque è costato più del doppio, il resto l'hanno messo i privati. Ed anche l'algoritmo con cui distribuisce i soldi: stabiliti in quote da 25.000,00 Euro, ma questa volta non privilegiando le periferie, e comunque non favorendo il centro. Con 25.000,00 Euro, specie se non si tratta di un' una tantum' non ci si fa quasi nulla, allora tanto meglio cercarsi autonomamente i soldi anche per non dire grazie all'assessore che se la suona e se la canta da solo.
Intanto, come nella tecnica più antica di chi governa, compresi i pentastellati, ha annunciati che da marzo riaprirà, ma solo in parte il Teatro Valle chiuso da cinque anni, e sarà la prima della ventina di inaugurazioni che attendono il teatro, i cui lavori di restauro e ristrutturazione sono ancora al punto di partenza.
La stessa cose fecero anni fa i governi di sinistra e destra, con il cosiddetto 'Ponte della Musica, intitolato poi a Armando Trovajoli, monumento allo spreco dell'era Veltroni. Non ricordiamo più quante volte è stato inaugurato, senza contare che la intitolazione a Trovajoli, che in una città come Roma, in un paese come l'Italia grida vendetta, poteva venire in mente solo ad un sindaco analfabeta come Alemanno.
Alcune storiche manifestazioni che vantavano anche vent'anni di attività se ne fregarono della politica e realizzarono, fra sacrifici enormi, i loro programmi. Non serve ricordare che il bando fu pubblicato quasi a 'estate romana' già avviata, che diedero a Bergamo l'autorizzazione a fare come gli pareva.
Era già successo al Capodanno 2017? Bergamo aveva detto 'niente da fare', non abbiamo soldi; e poi aveva realizzato quello sgorbio di capodanno, dalle 3 del mattino a sera inoltrata, destinato ai romani che mezzi brilli, uscivano da cenoni e veglioni.
SE NE DEDUCE che Bergamo e la sua sindaca, non hanno idee precise, navigano a vista ed a secondo del momento. Al Capodanno 2018 sono spuntati fuori i soldi che al Capodanno 2017 NON C'ERANO : 500.000,00 Euro, che Bergamo ha estratto dal suo cilindro magico e con quelli ha fatto ciò che voleva, mentre a Capodanno 2017 i progetti non erano suoi, ma di cittadini ed associazioni.
Ora, finalmente con notevole anticipo, ha pubblicato il bando della prossima Estate Romana, forse anche incalzato dalle proteste dei giovani romani che negli anni passati hanno organizzato il cinema gratuito in piazza ( Piazza San Cosimato). A quei giovani volenterosi che hanno deciso di non partecipare al bando, Bergamo ha voluto impartire una lezione di democrazia - quando gli pare: se volete avere i finanziamenti comunali, ha detto, dovete, come chiunque altro, partecipare al bando. E loro con decisione: tienteli i soldi!
Anche perchè si è saputo che il Comune, per la prossima 'Estate romana', mette a disposizione 500.000,00 Euro. Esattamente ciò che ha speso per il Capodanno che comunque è costato più del doppio, il resto l'hanno messo i privati. Ed anche l'algoritmo con cui distribuisce i soldi: stabiliti in quote da 25.000,00 Euro, ma questa volta non privilegiando le periferie, e comunque non favorendo il centro. Con 25.000,00 Euro, specie se non si tratta di un' una tantum' non ci si fa quasi nulla, allora tanto meglio cercarsi autonomamente i soldi anche per non dire grazie all'assessore che se la suona e se la canta da solo.
Intanto, come nella tecnica più antica di chi governa, compresi i pentastellati, ha annunciati che da marzo riaprirà, ma solo in parte il Teatro Valle chiuso da cinque anni, e sarà la prima della ventina di inaugurazioni che attendono il teatro, i cui lavori di restauro e ristrutturazione sono ancora al punto di partenza.
La stessa cose fecero anni fa i governi di sinistra e destra, con il cosiddetto 'Ponte della Musica, intitolato poi a Armando Trovajoli, monumento allo spreco dell'era Veltroni. Non ricordiamo più quante volte è stato inaugurato, senza contare che la intitolazione a Trovajoli, che in una città come Roma, in un paese come l'Italia grida vendetta, poteva venire in mente solo ad un sindaco analfabeta come Alemanno.
FABIO VACCHI: 'el especialista' del melologo
Non è certo una novità, la specializzazione in determinati generi; non c'è compositore che non ne abbia qualcuna, a cui nel corso della sua produzione ha tenuto più di altre.
Fabio Vacchi, che negli stessi giorni compie 69 anni, domani debutta al Teatro San Carlo, con un nuovo lavoro, ETERNAPOLI (Giuseppe Montesano, da un romanzo del 2003), appartenente al genere musicale che è diventato il suo preferito, quello del melologo, per il quale è richiesto dappertutto, protagonista in scena Toni Servillo che di simili operazioni- che vedono sposati più o meno felicemente musica e poesia o letteratura - è diventato interprete molto apprezzato - si pensi anche a Sconcerto ( Franco Marcoaldi) di Giorgio Battistelli, scritto anche quello per Napoli, e dalla espressa volontà di Servillo di interpretare, appena possibile, Manfred di Byron-Schumann, di cui esiste una inimitabile ed intramontabile interpretazione con Carmelo Bene.
Fabio Vacchi, nei giorni scorsi, per avvalorare la sua predilezione per tale genere, che lo vede circumnavigare per i teatri d'Italia ( tacciano le malelingue che attribuiscono tale circumnavigazione anche alla sua appartenenza alla massoneria, sempre potente! e chi l'ha detto che lui è fratello, o che non sia 'in sonno' qualora lo si stato in passato? ), ha tirato in ballo Mozart, massone dichiarato ( sul tema, la moglie di Vacchi, Lidia Bramani ha scritto un saggio: ma che c'entra?), che lo elogiava e che ci ha dato uno straordinario esempio con le musiche di scena per Thamos, re d'Egitto.
La preferenza di Vacchi per il melologo è dettata da ragioni diverse da quelle, ad esempio, di Giorgio Battistelli in primis e di Marco Tutino in secundis per opere tratte da celebri film o pièces teatrali, che per alcuni ossevatori potrebbe essere dettata dal superamento del problema di trovare un soggetto di sicura presa, oltre che dalla speranza che la notorietà di un titolo cinematografico possa aiutare la nuova opera. Vacchi conterebbe sulla notorietà del testo e della voce 'recitante' impiegata. Nello stesso tempo, il melologo consentirebbe al compositore una libertà quasi assoluta, offrendogli l'opportunità di colorare con tinte folcloristiche - onde allettare le orecchie dei suoi ascoltatori di questa o quella città - come farà anche a Napoli, domani e dopodomani, attingendo anche al ricco e noto folclore partenopeo.
Non ci nascondiamo, certo, che nulla è mai così semplice, come potrebbe sembrare a prima vista. Ma non può non destare qualche sospetto in Vacchi per il melologo - come in Battistelli e Tutino per l'opera da film' l'eccessiva presenza dei rispettivi generi nei loro cataloghi. Mentre, nel caso di compositori del passato (da Mozart a Schumann a Richard Strauss ecc...), i titoli riconducibili al melologo - alias, in taluni casi, poemi sinfonici'con testo - sono abbastanza rari.
Fabio Vacchi, che negli stessi giorni compie 69 anni, domani debutta al Teatro San Carlo, con un nuovo lavoro, ETERNAPOLI (Giuseppe Montesano, da un romanzo del 2003), appartenente al genere musicale che è diventato il suo preferito, quello del melologo, per il quale è richiesto dappertutto, protagonista in scena Toni Servillo che di simili operazioni- che vedono sposati più o meno felicemente musica e poesia o letteratura - è diventato interprete molto apprezzato - si pensi anche a Sconcerto ( Franco Marcoaldi) di Giorgio Battistelli, scritto anche quello per Napoli, e dalla espressa volontà di Servillo di interpretare, appena possibile, Manfred di Byron-Schumann, di cui esiste una inimitabile ed intramontabile interpretazione con Carmelo Bene.
Fabio Vacchi, nei giorni scorsi, per avvalorare la sua predilezione per tale genere, che lo vede circumnavigare per i teatri d'Italia ( tacciano le malelingue che attribuiscono tale circumnavigazione anche alla sua appartenenza alla massoneria, sempre potente! e chi l'ha detto che lui è fratello, o che non sia 'in sonno' qualora lo si stato in passato? ), ha tirato in ballo Mozart, massone dichiarato ( sul tema, la moglie di Vacchi, Lidia Bramani ha scritto un saggio: ma che c'entra?), che lo elogiava e che ci ha dato uno straordinario esempio con le musiche di scena per Thamos, re d'Egitto.
La preferenza di Vacchi per il melologo è dettata da ragioni diverse da quelle, ad esempio, di Giorgio Battistelli in primis e di Marco Tutino in secundis per opere tratte da celebri film o pièces teatrali, che per alcuni ossevatori potrebbe essere dettata dal superamento del problema di trovare un soggetto di sicura presa, oltre che dalla speranza che la notorietà di un titolo cinematografico possa aiutare la nuova opera. Vacchi conterebbe sulla notorietà del testo e della voce 'recitante' impiegata. Nello stesso tempo, il melologo consentirebbe al compositore una libertà quasi assoluta, offrendogli l'opportunità di colorare con tinte folcloristiche - onde allettare le orecchie dei suoi ascoltatori di questa o quella città - come farà anche a Napoli, domani e dopodomani, attingendo anche al ricco e noto folclore partenopeo.
Non ci nascondiamo, certo, che nulla è mai così semplice, come potrebbe sembrare a prima vista. Ma non può non destare qualche sospetto in Vacchi per il melologo - come in Battistelli e Tutino per l'opera da film' l'eccessiva presenza dei rispettivi generi nei loro cataloghi. Mentre, nel caso di compositori del passato (da Mozart a Schumann a Richard Strauss ecc...), i titoli riconducibili al melologo - alias, in taluni casi, poemi sinfonici'con testo - sono abbastanza rari.
mercoledì 14 febbraio 2018
www.rossini150.it, www.pesarocultura.it. Settimana nazionale Rossini a Pesaro
Comincia Pesaro, città natale di Rossini, a festeggiare il 150° anniversario dalla sua morte, avvenuta nel 1868, a Parigi, per la cui ricorrenza in Italia si sono creati una legge speciale, per ottenere finanziamenti speciali, e un comitato nazionale, nel quale siedono illustri musicologi rossiniani, come l'ex presidente Napolitano e il cardinale Gianni Letta.
Tutta Pesaro è in festa, da mattina a sera, dal 23 febbraio al fatidico 4 marzo, che quest'anno potrebbe coincidere con la catastrofe post elezioni politiche. Fanno festa tutti a Pesaro, grandi e piccoli, musicisti di ogni genere e provenienza - c'è pure Elio con il suo inutile, banale e stucchevole 'Figaro', ballerini, e complessi rock, e cuochi e viticultori per la 'Festa di non compleanno', a sottolineare che Rossini nacque il 29 febbraio 1792 ,che era un anno bisestile, circostanza che gli faceva ironizzare sui suoi anni che, scherzosamente, conteggiava ogni quattro. Una festa, come è facile intendere, 'popolare' e 'di popolo'.
L'unica cosa, diciamo seria, che si fa nella settimana pesarese ( il programma dettagliato è pubblicato sul sito indicato nel titolo di questo blog), è l'esecuzione delle Petite Messe sollennelle a cura dell'Accademia 'Alberto Zedda' - che del festival pesarese è stato per decenni l'anima - e del Conservatorio di Pesaro, beneficiario di importanti lasciti testamentari da parte del musicista, preceduta da un incontro a cura di Narici-Daolmi, di Casa Ricordi.
Dell'anniversario sì è ricordato anche la rivista che si trova sui treni veloci ' La Freccia 2018' che sul numero di gennaio dedica ampio spazio all'avvenimento ed alle celebrazioni. Partendo dall'illustrazione di un nuovo titolo che va ad arricchire la già ampia bibliografia rossiniana, affidata alla sua stessa autrice: L'ultimo spartito di Rossini, Simona Baldelli, di prossima uscita, nel quale si prende in esame l'annosa e complessa vicenda del silenzio rossiniano dal 1829 in avanti, e durato, salvo alcune eccezioni comunque di gran peso, fino alla morte.
Nel servizio giornalistico - assai ricco di informazioni, accanto ad un ritratto eccessivamente lusinghiero di un nostro direttore d'orchestra, Stefano Montanari, si preannunciano le celebrazioni di maggior rilievo in Italia durante questo che è stato giustamente proclamato anno 'rossiniano' - ci ha colpiti l'uso di una nuova locuzione relativa ai direttori d'orchestra.
In due casi l'articolista, che è poi Cecilia Morrico ( coordinatrice editoriale del mensile) usa una curiosa esperienza parlando di Diego Matheuz e di Myung-Whun Chung.
Del primo scrive testualmente: " ... Adina diretta dalla bacchetta di Diego Matheuz; del secondo invece:...diretto alla sapiente bacchetta di Chung. Queste espressioni ci hanno spinto a pensare che se quelle bacchette, la 'semplice' o la 'sapiente', fossero finite in mani altrui l'esito sarebbe stato uguale, perchè ammaestrate da Matheuz e Chung; e ad osare perfino che le bacchette, una volta istruite, sarebbero capaci di dirigere da sole, volteggiando nell'aria, le opere studiate prima con i loro possessori. Insomma non ci è stato chiaro se le opere in programma le dirigeranno i due direttori o le loro bacchette; o i direttori con le proprie bacchette, ma anche con le bacchette di altri.
A questa novità linguistica, che fa il paio con i neologismi che qualche giornale adopera quando si parla di direttori d'orchestra, e ad altre consorelle, molto fantasiose, come ' affondare l'archetto nel violino , o le dita nei tasti del pianoforte... auguriamo vita breve, anzi impossibile.
Tutta Pesaro è in festa, da mattina a sera, dal 23 febbraio al fatidico 4 marzo, che quest'anno potrebbe coincidere con la catastrofe post elezioni politiche. Fanno festa tutti a Pesaro, grandi e piccoli, musicisti di ogni genere e provenienza - c'è pure Elio con il suo inutile, banale e stucchevole 'Figaro', ballerini, e complessi rock, e cuochi e viticultori per la 'Festa di non compleanno', a sottolineare che Rossini nacque il 29 febbraio 1792 ,che era un anno bisestile, circostanza che gli faceva ironizzare sui suoi anni che, scherzosamente, conteggiava ogni quattro. Una festa, come è facile intendere, 'popolare' e 'di popolo'.
L'unica cosa, diciamo seria, che si fa nella settimana pesarese ( il programma dettagliato è pubblicato sul sito indicato nel titolo di questo blog), è l'esecuzione delle Petite Messe sollennelle a cura dell'Accademia 'Alberto Zedda' - che del festival pesarese è stato per decenni l'anima - e del Conservatorio di Pesaro, beneficiario di importanti lasciti testamentari da parte del musicista, preceduta da un incontro a cura di Narici-Daolmi, di Casa Ricordi.
Dell'anniversario sì è ricordato anche la rivista che si trova sui treni veloci ' La Freccia 2018' che sul numero di gennaio dedica ampio spazio all'avvenimento ed alle celebrazioni. Partendo dall'illustrazione di un nuovo titolo che va ad arricchire la già ampia bibliografia rossiniana, affidata alla sua stessa autrice: L'ultimo spartito di Rossini, Simona Baldelli, di prossima uscita, nel quale si prende in esame l'annosa e complessa vicenda del silenzio rossiniano dal 1829 in avanti, e durato, salvo alcune eccezioni comunque di gran peso, fino alla morte.
Nel servizio giornalistico - assai ricco di informazioni, accanto ad un ritratto eccessivamente lusinghiero di un nostro direttore d'orchestra, Stefano Montanari, si preannunciano le celebrazioni di maggior rilievo in Italia durante questo che è stato giustamente proclamato anno 'rossiniano' - ci ha colpiti l'uso di una nuova locuzione relativa ai direttori d'orchestra.
In due casi l'articolista, che è poi Cecilia Morrico ( coordinatrice editoriale del mensile) usa una curiosa esperienza parlando di Diego Matheuz e di Myung-Whun Chung.
Del primo scrive testualmente: " ... Adina diretta dalla bacchetta di Diego Matheuz; del secondo invece:...diretto alla sapiente bacchetta di Chung. Queste espressioni ci hanno spinto a pensare che se quelle bacchette, la 'semplice' o la 'sapiente', fossero finite in mani altrui l'esito sarebbe stato uguale, perchè ammaestrate da Matheuz e Chung; e ad osare perfino che le bacchette, una volta istruite, sarebbero capaci di dirigere da sole, volteggiando nell'aria, le opere studiate prima con i loro possessori. Insomma non ci è stato chiaro se le opere in programma le dirigeranno i due direttori o le loro bacchette; o i direttori con le proprie bacchette, ma anche con le bacchette di altri.
A questa novità linguistica, che fa il paio con i neologismi che qualche giornale adopera quando si parla di direttori d'orchestra, e ad altre consorelle, molto fantasiose, come ' affondare l'archetto nel violino , o le dita nei tasti del pianoforte... auguriamo vita breve, anzi impossibile.
domenica 11 febbraio 2018
Finalmente rinnovato il contratto 'riformato' della scuola. Un pò di soldi e poco altro
I ministri Fedeli e Madia, in un comunicato congiunto, hanno annunciato l'ennesima firma di rinnovo contratto 'pubblico' di questa legislatura, quello per la scuola, dopo dieci anni dall'ultimo. Finalmente.
Sotto il profilo economico il nuovo contratto - firmato, ma non a caso, alla viglia delle Politiche - prevede un aumento medio mensile degli stipendi di 95,00 Euro LORDI. All'annuncio molti professori, ma solo fra quelli il cui aumento sarà di 98,50 Euro lordi, hanno prenotato per festeggiare nelle pizzerie più vicine al loro domicilio per martedì 13 febbraio, giorno quantomai fatale. E, infatti se vi provate a prenotare in qualche pizzeria, vi sentirete rispondere che in quel fatidico giorno di festeggiamenti non c'è più posto.
Molti i punti, che qualificano il nuovo contratto, dove si nota la 'mano' della ministra Fedeli.
Innanzitutto i professori che hanno rapporti, anche solo telefonici, con gli studenti di carattere sentimentale o addirittura sessuale, e commettono qualche illecito, vanno IMMEDIATAMENTE licenziati. Se poi la magistratura appurerà, con i suoi tempi 'biblici', che di nessuna colpa era imputabile il professore licenziato, lo si potrà riammettere. La Fedeli ha voluto mostrare il pugno duro in questo caso, sull'onda della grande indignazione pubblica suscitata dagli ultimi fatti nelle scuole superiori romane, per poi mollare su tutti gli altri punti che avrebbero meglio qualificato il rinnovo contrattuale che reca anche la sua firma.
C'è qualche elemento positivo nuovo. Quello, cioè, che prevede che un insegnante assegnato ad una sede non possa più cambiarla prima di tre anni di permanenza, onde evitare la girandola di insegnanti ad ogni inizio d'anno. Verrà punito anche chi dichiarerà il falso. E allora la Fedeli che da ministro ha dichiarato di avere un titolo di studio universitario, mentre non ne ha neanche uno di scuola superiore, e quello che ha l'ha forse preso in una scuola serale? E la Madia beccata a copiare la sua tesi di dottorato? Perché non si sono dimesse? Perché non le hanno punite?
Poi vengono le dolenti note. Intanto aumento uguale per tutti, e il merito è andato a farsi fottere per ora; mentre per gli anni a venir a giudicare a chi attribuirlo saranno i capi di istituto ed i sindacati. Dio ci scampi e liberi!
Nulla si dice sul reclutamento degli insegnanti: oggi, in possesso di titoli, per accedere all'insegnamento, devono solo superare un concorso, mentre le attitudini all'insegnamento di chicchessia non vengono mai prese in esame, come anche la salute di mente e la capacità di relazionarsi ai giovani, per i quali gli insegnanti restano sempre dei modelli, anche in tempi in cui sembra non godano di grande considerazione da parte della società tutta oltre che degli studenti.
Nulla si dice e risorse non si destinano per rendere i luoghi in cui gli studenti passano metà giornata per molti anni della loro vita, meno fatiscenti, più vivibili. Noi che abbiamo passato quasi quarant'anni ad insegnare in scuole di ogni ordine e grado, possiamo testimoniare che mai abbiamo trovato aule e suppellettili in ordine. No, una volta sì, a L'Aquila, in Conservatorio, dopo il terremoto, quando riprendemmo le lezioni, interrotte per il disastro sismico, nella nuova sede costruita nel giro di tre o quattro mesi dalla Protezione civile, guidata da Bertolaso. Solo in quegli anni, noi prossimi alla pensione, abbiamo insegnato in una sede nuova, non fatiscente, pulita e con banchi, lavagne e sedie nuove.
Come possono gli studenti disporsi bene ogni giorno e pensare al loro futuro da costruire, se li si fa vivere in luoghi che sembrano quelli di un paese appena uscito da una guerra o da un disastro?
Come anche nulla si dice di fondi per dotare le scuole di tutti gli strumenti più aggiornati ed idonei alla formazione degli studenti.
Tutto questo ci fa dire ancora una volta che anche questo rinnovo del contratto non va di pari passo con il rinnovo del cambio di passo del Governo sulla scuola. Sulla quale, ma solo a parole - e neanche tanto, come in molti hanno notato - tanti si sbracciano. Mentre tutti hanno segnalato l'assenza del tema 'scuola' dai programmi elettorali, che promettono felicità, benessere e ricchezza per tutti. Per la scuola, tutto è rimandato alle prossime elezioni, sempre che qualcuno se ne ricordi!
Sotto il profilo economico il nuovo contratto - firmato, ma non a caso, alla viglia delle Politiche - prevede un aumento medio mensile degli stipendi di 95,00 Euro LORDI. All'annuncio molti professori, ma solo fra quelli il cui aumento sarà di 98,50 Euro lordi, hanno prenotato per festeggiare nelle pizzerie più vicine al loro domicilio per martedì 13 febbraio, giorno quantomai fatale. E, infatti se vi provate a prenotare in qualche pizzeria, vi sentirete rispondere che in quel fatidico giorno di festeggiamenti non c'è più posto.
Molti i punti, che qualificano il nuovo contratto, dove si nota la 'mano' della ministra Fedeli.
Innanzitutto i professori che hanno rapporti, anche solo telefonici, con gli studenti di carattere sentimentale o addirittura sessuale, e commettono qualche illecito, vanno IMMEDIATAMENTE licenziati. Se poi la magistratura appurerà, con i suoi tempi 'biblici', che di nessuna colpa era imputabile il professore licenziato, lo si potrà riammettere. La Fedeli ha voluto mostrare il pugno duro in questo caso, sull'onda della grande indignazione pubblica suscitata dagli ultimi fatti nelle scuole superiori romane, per poi mollare su tutti gli altri punti che avrebbero meglio qualificato il rinnovo contrattuale che reca anche la sua firma.
C'è qualche elemento positivo nuovo. Quello, cioè, che prevede che un insegnante assegnato ad una sede non possa più cambiarla prima di tre anni di permanenza, onde evitare la girandola di insegnanti ad ogni inizio d'anno. Verrà punito anche chi dichiarerà il falso. E allora la Fedeli che da ministro ha dichiarato di avere un titolo di studio universitario, mentre non ne ha neanche uno di scuola superiore, e quello che ha l'ha forse preso in una scuola serale? E la Madia beccata a copiare la sua tesi di dottorato? Perché non si sono dimesse? Perché non le hanno punite?
Poi vengono le dolenti note. Intanto aumento uguale per tutti, e il merito è andato a farsi fottere per ora; mentre per gli anni a venir a giudicare a chi attribuirlo saranno i capi di istituto ed i sindacati. Dio ci scampi e liberi!
Nulla si dice sul reclutamento degli insegnanti: oggi, in possesso di titoli, per accedere all'insegnamento, devono solo superare un concorso, mentre le attitudini all'insegnamento di chicchessia non vengono mai prese in esame, come anche la salute di mente e la capacità di relazionarsi ai giovani, per i quali gli insegnanti restano sempre dei modelli, anche in tempi in cui sembra non godano di grande considerazione da parte della società tutta oltre che degli studenti.
Nulla si dice e risorse non si destinano per rendere i luoghi in cui gli studenti passano metà giornata per molti anni della loro vita, meno fatiscenti, più vivibili. Noi che abbiamo passato quasi quarant'anni ad insegnare in scuole di ogni ordine e grado, possiamo testimoniare che mai abbiamo trovato aule e suppellettili in ordine. No, una volta sì, a L'Aquila, in Conservatorio, dopo il terremoto, quando riprendemmo le lezioni, interrotte per il disastro sismico, nella nuova sede costruita nel giro di tre o quattro mesi dalla Protezione civile, guidata da Bertolaso. Solo in quegli anni, noi prossimi alla pensione, abbiamo insegnato in una sede nuova, non fatiscente, pulita e con banchi, lavagne e sedie nuove.
Come possono gli studenti disporsi bene ogni giorno e pensare al loro futuro da costruire, se li si fa vivere in luoghi che sembrano quelli di un paese appena uscito da una guerra o da un disastro?
Come anche nulla si dice di fondi per dotare le scuole di tutti gli strumenti più aggiornati ed idonei alla formazione degli studenti.
Tutto questo ci fa dire ancora una volta che anche questo rinnovo del contratto non va di pari passo con il rinnovo del cambio di passo del Governo sulla scuola. Sulla quale, ma solo a parole - e neanche tanto, come in molti hanno notato - tanti si sbracciano. Mentre tutti hanno segnalato l'assenza del tema 'scuola' dai programmi elettorali, che promettono felicità, benessere e ricchezza per tutti. Per la scuola, tutto è rimandato alle prossime elezioni, sempre che qualcuno se ne ricordi!
Un oscuro maestrino di musica, Nicola Piovani, chiede lumi al magister optimus Corrado Augias
Se uno ha bisogno di qualche illuminazione sulla musica a chi altro può rivolgersi se non a Corrado Augias che della divulgazione musicale ha fatto da tempo il suo secondo o terzo lavoro, avendo realizzato le interviste di quella 'storia della musica' di molti anni fa, pubblicata, a dispense, da Repubblica - ma ideata da Giorgio Dell'Arti - e poi vari programmi audio/video, con un pianista che gli faceva da spalla, su Chopin , Beethoven - che sono andati a ruba - ed andando per teatri, anche fuori d'Italia, come a Liegi, invitato da quel genio di Stefano Mazzonis, a spiegare La Traviata di Giuseppe Verdi?
Per le stesse ragioni di tutti anche Nicola Piovani, che di musica ne ha scritta ma opere mai, s'è rivolto al grande maestro per porgli un quesito riguardante un costume sul quale i frequentatori dei teatri d'opera si saranno sicuramente interrogati negli ultimi anni.
E cioè. Perchè - ha chiesto l'oscuro maestrino al grande maestro - è invalsa l'usanza di arricchire con immagini od azioni, l'ouverture - o preludio o sinfonia avanti l' opera - dove l'autore l'ha prevista, e che è stata sempre fatta a sipario abbassato?
Quella ouverture - commenta il povero maestrino - fin dai primi esperimenti di melodramma, venne intesa dai compositore come richiamo per il pubblico, come annuncio che l'opera, cioè la rappresentazione, stava per cominciare. Questa funzione aveva quella che precede l'Orfeo di Monteverdi (1607) e che, anche oggi, si ascolta in apertura dei programmi televisivi o radiofonici dell'Eurovisione o dell'Euroradio. E infatti Monteverdi, dopo quel preludio strumentale, avverte che 'cala la tela' (mentre oggi il sipario si solleva) e si svela la scena, dando il via alla rappresentazione.
All'oscuro maestrino piacerebbe che l' ouverture abbia ancora la stessa funzione, quella cioè di avvertire che l'opera sta per iniziare, che venga fatta a sipario abbassato ( diremmo: senz'altra distrazione), mentre oggi si vedono, proiettate sul sipario, quando lo si lascia abbassato, immagini o personaggi che vanno su e giù. Sembra quasi - sostiene l'oscuro maestrino - che si abbia fretta di cominciare la rappresentazione per la quale quella ouverture strumentale appare come un ostacolo o inutile indugio, mentre dovrebbe servire come una sorta di 'camera di decantazione' o di 'decontaminazione' onde preparare il pubblico a passare dal mondo reale a quello irreale del
palcoscenico. Anche perchè - sia detto per inciso - la banalità di molte soluzioni innovative fa rimpiangere l'ouverture a sipario abbassato, come da tradizione, senza nient'altro.
Il magister optimus, Corrado Augias, va a nozze. Spiega la funzione dell'ouverture ed anche come essa si sia con il tempo modificata nella funzione: da semplice richiamo per il pubblico divenuta, dopo la cosiddetta riforma di Cristoph Willibald Gluck (espressa in una celebre prefazione di una sua opera, Alceste, del 1767), una sorta di 'avvio' o 'preparazione' alla rappresentazione, ma senza rappresentazione, anticipando talvolta i temi musicali più rilevanti o creando l'atmosfera nella quale la rappresentazione si svolgerà.
Aggiunge, facendo ricorso alla sua immensa competenza in campo musicale, che il 'preludio', anzi i preludi della Traviata ( due, prima dell' Atto I e III) sono fra le musiche più belle che lui conosca e che non vale la pena 'sporcarli' ; ma anche che lui, il celebre Preludio del Tristano di Wagner, con quell'accordo iniziale, tanto decantato per la sua novità, non lo capisce.
E, infine, che lui, dall'alto della sua cattedra, si trova d'accordo con l'oscuro maestrino nel preferire l'ouverture a sipario chiuso, quando c'è ( se non c'è, pace!) e senza nessuna distrazione. Per godersi quei pochi minuti di musica, spesso sublime.
Non sappiamo se Piovani sia rimasto soddisfatto di Augias, presumiamo di sì. Però, però... visto che l'oscuro maestrino scrive spesso di musica sui giornali e con una certa competenza, conoscendo il mestiere, era proprio necessario, per una questione non di rilievo, scomodare addirittura Augias?
Forse temeva di non saperne abbastanza - mai quanto Augias - e che se l'avesse spiegato lui nessuno se lo sarebbe filato, o gli avrebbe creduto, mentre, invece, chiedendo lumi ad Augias...
P.S. Per quel che può servire il nostro modestissimo parere - pochissimo! - anche noi siamo d'accordo con l'oscuro maestrino Piovani e con il grande maestro Augias, sulla opportunità di tornare a suonare l'Ouverture di un'opera a sipario chiuso e senza distrazione di nessun genere. L'Ouverture solo per orecchie e immaginazione, l'opera per le orecchie ed anche per gli occhi.
Per le stesse ragioni di tutti anche Nicola Piovani, che di musica ne ha scritta ma opere mai, s'è rivolto al grande maestro per porgli un quesito riguardante un costume sul quale i frequentatori dei teatri d'opera si saranno sicuramente interrogati negli ultimi anni.
E cioè. Perchè - ha chiesto l'oscuro maestrino al grande maestro - è invalsa l'usanza di arricchire con immagini od azioni, l'ouverture - o preludio o sinfonia avanti l' opera - dove l'autore l'ha prevista, e che è stata sempre fatta a sipario abbassato?
Quella ouverture - commenta il povero maestrino - fin dai primi esperimenti di melodramma, venne intesa dai compositore come richiamo per il pubblico, come annuncio che l'opera, cioè la rappresentazione, stava per cominciare. Questa funzione aveva quella che precede l'Orfeo di Monteverdi (1607) e che, anche oggi, si ascolta in apertura dei programmi televisivi o radiofonici dell'Eurovisione o dell'Euroradio. E infatti Monteverdi, dopo quel preludio strumentale, avverte che 'cala la tela' (mentre oggi il sipario si solleva) e si svela la scena, dando il via alla rappresentazione.
All'oscuro maestrino piacerebbe che l' ouverture abbia ancora la stessa funzione, quella cioè di avvertire che l'opera sta per iniziare, che venga fatta a sipario abbassato ( diremmo: senz'altra distrazione), mentre oggi si vedono, proiettate sul sipario, quando lo si lascia abbassato, immagini o personaggi che vanno su e giù. Sembra quasi - sostiene l'oscuro maestrino - che si abbia fretta di cominciare la rappresentazione per la quale quella ouverture strumentale appare come un ostacolo o inutile indugio, mentre dovrebbe servire come una sorta di 'camera di decantazione' o di 'decontaminazione' onde preparare il pubblico a passare dal mondo reale a quello irreale del
palcoscenico. Anche perchè - sia detto per inciso - la banalità di molte soluzioni innovative fa rimpiangere l'ouverture a sipario abbassato, come da tradizione, senza nient'altro.
Il magister optimus, Corrado Augias, va a nozze. Spiega la funzione dell'ouverture ed anche come essa si sia con il tempo modificata nella funzione: da semplice richiamo per il pubblico divenuta, dopo la cosiddetta riforma di Cristoph Willibald Gluck (espressa in una celebre prefazione di una sua opera, Alceste, del 1767), una sorta di 'avvio' o 'preparazione' alla rappresentazione, ma senza rappresentazione, anticipando talvolta i temi musicali più rilevanti o creando l'atmosfera nella quale la rappresentazione si svolgerà.
Aggiunge, facendo ricorso alla sua immensa competenza in campo musicale, che il 'preludio', anzi i preludi della Traviata ( due, prima dell' Atto I e III) sono fra le musiche più belle che lui conosca e che non vale la pena 'sporcarli' ; ma anche che lui, il celebre Preludio del Tristano di Wagner, con quell'accordo iniziale, tanto decantato per la sua novità, non lo capisce.
E, infine, che lui, dall'alto della sua cattedra, si trova d'accordo con l'oscuro maestrino nel preferire l'ouverture a sipario chiuso, quando c'è ( se non c'è, pace!) e senza nessuna distrazione. Per godersi quei pochi minuti di musica, spesso sublime.
Non sappiamo se Piovani sia rimasto soddisfatto di Augias, presumiamo di sì. Però, però... visto che l'oscuro maestrino scrive spesso di musica sui giornali e con una certa competenza, conoscendo il mestiere, era proprio necessario, per una questione non di rilievo, scomodare addirittura Augias?
Forse temeva di non saperne abbastanza - mai quanto Augias - e che se l'avesse spiegato lui nessuno se lo sarebbe filato, o gli avrebbe creduto, mentre, invece, chiedendo lumi ad Augias...
P.S. Per quel che può servire il nostro modestissimo parere - pochissimo! - anche noi siamo d'accordo con l'oscuro maestrino Piovani e con il grande maestro Augias, sulla opportunità di tornare a suonare l'Ouverture di un'opera a sipario chiuso e senza distrazione di nessun genere. L'Ouverture solo per orecchie e immaginazione, l'opera per le orecchie ed anche per gli occhi.
sabato 10 febbraio 2018
SALVATE LA DIRETTRICE della GALLERIA BORGHESE di Roma ANNA COLIVA
A Roma non serve spiegare chi è Anna Coliva. Basti sapere che la direttrice della Galleria Borghese, frequenta tutti i salotti bene della Capitale, ha agganci con tutti gli ambienti che contano ed è stata l'unica di direttrice di museo ad essere confermata dopo la rivoluzionaria 'riforma' Franceschini: via tutti i direttori in carica e insediamento, dopo concorso (truccato? comunque non alla luce del sole) di nuovi direttori in buona parte stranieri, finalmente pagati il dovuto: sui 150.000 Euro lordi annui.
Nessuno dei precedenti direttori venne confermato, eccetto una: Anna Coliva. Non poteva sfuggire a nessuno che la sua riconferma, al di là dei risultati che anche altri potevano vantare e dei titoli e delle esperienze e competenze che anche gli esclusi avevano, andava ascritta principalmente alla rete di amicizie e conoscenze che la potente direttrice, studiosa del Bernini, aveva instaurato nel corso degli anni con il cosiddetto 'generone' romano e con il mondo della politica. Contro la quale neanche Franceschini avrebbe potuto nulla - e forse anche lui, prima di altri, apparteneva a quella rete di appoggi della Coliva. E così fu confermata e dallo stipendio vergognoso da funzionaria, che aveva prima della riconferma - neanche 2.000 Euro al mese - ne ottenne uno tutto nuovo e molto più consistente - introno ai 10.000 Euro mensili, per complessivi 150.000 Euro circa annui.
In verità lei non è mai stata con le mani in mano, si è data da fare, ha seminato in quei salotti bene al punto che una sua amica - o conoscente? - Maite Carpio sposata Bulgari ha fondato, per darle una mano, l'Associazione 'Mecenati della Galleria Borghese', che intanto ha messo insieme la considerevole somma di 70.000 Euro - una cifra! - per restaurare uno dei 'giardini segreti' della galleria. La quale, si accusò di aver recato qualche danno quando organizzò una cena di gala con tanto di cucine installate troppo vicine all'edificio storico. Con il paradosso che i mecenati che avrebbero dovuto salvare la galleria le avevano prodotto qualche danno.
La Coliva ha naturalmente anche molti nemici, forse meno potenti degli amici, ma sicuramente più solerti ed attenti. E fra questi alcuni che l'hanno accusata di essere uscita dalla galleria, in orario di servizio, par motivi personali, per un totale di una cinquantina di ore in un anno. I fatti risalgono al 2014, alla vigilia del 'riformatorio' di Franceschini. Lei ribatte che quelle accuse - infondate, perchè quelle assenze, tranne forse una di sole 4 ore, non erano da attribuire a a motivi personali - venivano lanciate da chi non voleva che lei avesse una qualche chance (anzi, temeva che le avesse) per restare alla guida della celebre galleria. Insomma i suoi 'nemici' avevano già sentito puzza di bruciato ( sapevano che la loro direttrice era tanto potente da non poter essere spostata) e si erano mossi in tempo per silurarla, portandola in tribunale.
Ora si sta discutendo la causa. Chi vivrà vedrà, ma certamente anche la condanna a risarcire lo Stato per l'eventuale danno, non riuscirà a disarcionare la potente direttrice. Non deve, per l'inconsistenza del danno. E poi, suvvia, si può assimilare la Coliva agli squallidi ' furbetti del cartellino'? Non scherziamo.
Nessuno dei precedenti direttori venne confermato, eccetto una: Anna Coliva. Non poteva sfuggire a nessuno che la sua riconferma, al di là dei risultati che anche altri potevano vantare e dei titoli e delle esperienze e competenze che anche gli esclusi avevano, andava ascritta principalmente alla rete di amicizie e conoscenze che la potente direttrice, studiosa del Bernini, aveva instaurato nel corso degli anni con il cosiddetto 'generone' romano e con il mondo della politica. Contro la quale neanche Franceschini avrebbe potuto nulla - e forse anche lui, prima di altri, apparteneva a quella rete di appoggi della Coliva. E così fu confermata e dallo stipendio vergognoso da funzionaria, che aveva prima della riconferma - neanche 2.000 Euro al mese - ne ottenne uno tutto nuovo e molto più consistente - introno ai 10.000 Euro mensili, per complessivi 150.000 Euro circa annui.
In verità lei non è mai stata con le mani in mano, si è data da fare, ha seminato in quei salotti bene al punto che una sua amica - o conoscente? - Maite Carpio sposata Bulgari ha fondato, per darle una mano, l'Associazione 'Mecenati della Galleria Borghese', che intanto ha messo insieme la considerevole somma di 70.000 Euro - una cifra! - per restaurare uno dei 'giardini segreti' della galleria. La quale, si accusò di aver recato qualche danno quando organizzò una cena di gala con tanto di cucine installate troppo vicine all'edificio storico. Con il paradosso che i mecenati che avrebbero dovuto salvare la galleria le avevano prodotto qualche danno.
La Coliva ha naturalmente anche molti nemici, forse meno potenti degli amici, ma sicuramente più solerti ed attenti. E fra questi alcuni che l'hanno accusata di essere uscita dalla galleria, in orario di servizio, par motivi personali, per un totale di una cinquantina di ore in un anno. I fatti risalgono al 2014, alla vigilia del 'riformatorio' di Franceschini. Lei ribatte che quelle accuse - infondate, perchè quelle assenze, tranne forse una di sole 4 ore, non erano da attribuire a a motivi personali - venivano lanciate da chi non voleva che lei avesse una qualche chance (anzi, temeva che le avesse) per restare alla guida della celebre galleria. Insomma i suoi 'nemici' avevano già sentito puzza di bruciato ( sapevano che la loro direttrice era tanto potente da non poter essere spostata) e si erano mossi in tempo per silurarla, portandola in tribunale.
Ora si sta discutendo la causa. Chi vivrà vedrà, ma certamente anche la condanna a risarcire lo Stato per l'eventuale danno, non riuscirà a disarcionare la potente direttrice. Non deve, per l'inconsistenza del danno. E poi, suvvia, si può assimilare la Coliva agli squallidi ' furbetti del cartellino'? Non scherziamo.
I successi che il ministro Franceschini, PER MODESTIA, non si attribuisce ( da 'LA REPUBBLICA QUOTIDIANO)
Leggiamo sulla Repubblica ( A FIRMA ARIANNA DI CORI) di ieri: " Se le biblioteche sono diventate le cenerentole della riforma Franceschini, agli archivi tocca tout court il ruolo di sguattere, sena nemmeno la prospettiva di un sogno romantico prima della mezzanotte...
Finanziamenti... passati dai 18 milioni del 2007 a 4 del 2015, organico più che dimezzato e una lunga catena di pensionamenti... a fine 2019 saranno scoperte una decina di sedi dirigenziali archivistiche sulle 26 del territorio nazionale. Comprese quelle dell'Archivio Centrale e dell'Archivio di Stato di Roma, oltre che la Soprintendenza Archivistica del Lazio...
Finanziamenti... passati dai 18 milioni del 2007 a 4 del 2015, organico più che dimezzato e una lunga catena di pensionamenti... a fine 2019 saranno scoperte una decina di sedi dirigenziali archivistiche sulle 26 del territorio nazionale. Comprese quelle dell'Archivio Centrale e dell'Archivio di Stato di Roma, oltre che la Soprintendenza Archivistica del Lazio...
Filippo Balducci, organista, figlio di Angelo, arrivò all'Accademia di S.Cecilia, via Salvo Nastasi. I SOLITI NOTI ( da MUSIC@)
Angelo Balducci, nell’
interrogatorio dei giudici fiorentini ha dichiarato che suo figlio,
Filippo, trent’anni, ancora senza lavoro sicuro, e che aveva aperto
una scuola di musica evidentemente chiusa, ha trovato lavoro, con un
contratto ‘presso il Conservatorio di Santa Cecilia’.
Balducci
padre ha confuso il Conservatorio romano con l’omonima Accademia,
presso la quale, invece, suo figlio Filippo ha effettivamente un
incarico di collaborazione a termine, della durata di un anno -
scadenza luglio 2010 - con un compenso mensile di 2.000,00 Euro (come
hanno pubblicato i giornali), presso la direzione artistica
dell’Accademia, per progetti riguardanti la musica sacra (di cui il
programma generale dell’Accademia non fa menzione alcuna) e il
prossimo ‘Belcanto Festival’ 2010 (in svolgimento a settembre, ma
del quale ancora non si conosce il programma), specificamente per le
celebrazioni dell’Unità di Italia, previste dal festival.
Musica per Roma ha
precisato che Filippo Balducci non ha mai lavorato per detta società,
come qualcuno ha scritto, bensì per ’Accademia di Santa Cecilia.
Filippo Balducci, secondo
l’Accademia di Santa Cecilia, vanta specifica competenza nel campo
della musica sacra, come attestano il suo Diploma di Organo,
conseguito presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra, e la Laurea
in Teologia conseguita presso la Pontificia Università Lateranense;
ed anche una pubblicazione, edita dalla Libreria Editrice Vaticana
nel 2000, in occasione del Giubileo, in coppia con Fabrizio Terrone,
dal titolo: “Musiche sacre rinascimentali in uso nella Chiesa di S.
Giovanni Battista de’Fiorentini in Roma” (Suo padre Angelo,
all’epoca, era a capo della complessa macchina organizzativa del
Giubileo).
Quanto alle celebrazioni
musicali per l’Unità d’Italia - previste anche all’interno del
prossimo ‘Belcanto Festival’ e per le quali lavora Filippo
Balducci - l’Accademia di Santa Cecilia, in collaborazione con la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, lo scorso gennaio, ha
presentato il calendario ufficiale.
Alla presentazione, oltre
al prof. Cagli, Presidente dell’Accademia, erano presenti gli altri
partners del progetto, e cioè il dott. Carlo Feltrinelli (Fondazione
Feltrinelli) ed il prof. Giuseppe Vacca (Istituto Gramsci). Mentre
l’invito per il concerto inaugurale delle celebrazioni, affidato
alla Banda dell’Esercito, lo scorso 3 febbraio, partiva con le
firme congiunte di Bruno Cagli, ‘Sovrintendente dell’Accademia’
e di Mauro Della Giovampaola, ‘Direttore Generale dell’Unità
Tecnica di Missione per i 150 anni dell’Unità d’Italia’, in
carcere (Angelo Balducci, padre di Filippo, e Presidente del
Consiglio dei Lavori Pubblici, era il titolare del troncone ‘romano’
dei grandi lavori da effettuare per tale ricorrenza).
Stando comunque
alle intercettazioni telefoniche, è al Direttore generale dello
Spettacolo dal vivo, dott. Salvatore Nastasi, che fu segnalato il
giovane Balducci ; e il Presidente-Sovrintendente dell’Accademia di
Santa Cecilia, prof. Bruno Cagli, sollecitato, lo ha materialmente
assunto, con contratto di ‘collaborazione professionale/progetto’.
venerdì 9 febbraio 2018
Condannati Balducci e De Santis che ebbero qualche traffico anche con l'Accademia di Santa Cecilia. Ma non per quei traffici.
Toh chi si rivede e risente: Angelo Balducci e Fabio De Santis, che si vorrebbero vedere dietro le sbarre in considerazione delle accuse di cui sono imputati e per le quali sono stati condannati in primo grado.
Balducci e De Sanctis e con loro il costruttore Anemone avevano costituito una associazione a delinquere ai danni dello Stato. Incaricati delle opere pubbliche per il G8 alla Maddalena, trasferito poi all'Aquila, e per i festeggiamenti del 150° dell'Unità di Italia- in questo secondo caso De Sanctis - cercarono di mettere a profitto i loro incarichi pubblici. Non c'è bisogno che torniamo sui fatti ben noti.
Ci preme soltanto rilevare che Guido Bertolaso, allora a capo della Protezione civile, è stato assolto, 'perché il fatto non sussiste'; e le imputazione per Bertolaso erano ben altra cosa e di ben altra entità rispetto a quelle rivolte alla 'cricca dei tre'. Poi Bertolaso, deluso ed amareggiato, si è trasferito in Africa ad esercitare la sua professione di medico a favore dei bisognosi. Ci è andato al posto di Veltroni che tante volte ha annunciato che avrebbe fatto rotta sull'Africa bisognosa ed invece è rimasto a Roma, a far film e scrivere libri, e, per gli uni e gli altri, ogni volta che presenta una nuova opera tutti gridano al miracolo. Intanto si gode anche il vitalizio , all'incirca 6.000 Euro.
Naturalmente uno pensa che i loro affari non potevano mai e poi mai coinvolgere una storica istituzione come l'Accademia di Santa Cecilia, allora retta da Bruno Cagli, con la quale ebbero uno scambio di favori, almeno a giudicare dalla vicinanza di alcuni fatti.
De Santis affidò all'Accademia alcune fette di celebrazione, naturalmente con finanziamenti congrui, e in cambio l'Accademia assunse un figlio (diplomato in organo) di Balducci per una stagione o due - adesso non ricordiamo bene. Mentre ricordiamo bene che all'epoca scrivemmo a Paola Fontecedro, tornata all'Accademia a dirigere l'Ufficio stampa, 'per dare una mano all'amico Cagli '. Ci rispose che il figlio di Balducci aveva un contratto di collaborazione che sarebbe dovuto sfociare in un progetto per il 150°, nel quale non sfociò; che non era neppure molto ben retribuito (se non ricordiamo male due o tre mila euro mensili; meno della metà di quanto Nastasi compensava sua moglie Giulia Minoli da lui ingaggiata al Teatro San Carlo, in quegli stessi anni più o meno) e che alla fine della collaborazione sarebbe andato via.
La fine della collaborazione coincise con la fine delle celebrazioni del 150° dell'Unità di Italia. Tutto alla luce del sole per non far pensare ai maligni che l'Accademia avesse fatto un favore, se l'avesse trattenuto un minuto dopo la fine dei finanziamenti per dette celebrazioni.
Balducci e De Sanctis e con loro il costruttore Anemone avevano costituito una associazione a delinquere ai danni dello Stato. Incaricati delle opere pubbliche per il G8 alla Maddalena, trasferito poi all'Aquila, e per i festeggiamenti del 150° dell'Unità di Italia- in questo secondo caso De Sanctis - cercarono di mettere a profitto i loro incarichi pubblici. Non c'è bisogno che torniamo sui fatti ben noti.
Ci preme soltanto rilevare che Guido Bertolaso, allora a capo della Protezione civile, è stato assolto, 'perché il fatto non sussiste'; e le imputazione per Bertolaso erano ben altra cosa e di ben altra entità rispetto a quelle rivolte alla 'cricca dei tre'. Poi Bertolaso, deluso ed amareggiato, si è trasferito in Africa ad esercitare la sua professione di medico a favore dei bisognosi. Ci è andato al posto di Veltroni che tante volte ha annunciato che avrebbe fatto rotta sull'Africa bisognosa ed invece è rimasto a Roma, a far film e scrivere libri, e, per gli uni e gli altri, ogni volta che presenta una nuova opera tutti gridano al miracolo. Intanto si gode anche il vitalizio , all'incirca 6.000 Euro.
Naturalmente uno pensa che i loro affari non potevano mai e poi mai coinvolgere una storica istituzione come l'Accademia di Santa Cecilia, allora retta da Bruno Cagli, con la quale ebbero uno scambio di favori, almeno a giudicare dalla vicinanza di alcuni fatti.
De Santis affidò all'Accademia alcune fette di celebrazione, naturalmente con finanziamenti congrui, e in cambio l'Accademia assunse un figlio (diplomato in organo) di Balducci per una stagione o due - adesso non ricordiamo bene. Mentre ricordiamo bene che all'epoca scrivemmo a Paola Fontecedro, tornata all'Accademia a dirigere l'Ufficio stampa, 'per dare una mano all'amico Cagli '. Ci rispose che il figlio di Balducci aveva un contratto di collaborazione che sarebbe dovuto sfociare in un progetto per il 150°, nel quale non sfociò; che non era neppure molto ben retribuito (se non ricordiamo male due o tre mila euro mensili; meno della metà di quanto Nastasi compensava sua moglie Giulia Minoli da lui ingaggiata al Teatro San Carlo, in quegli stessi anni più o meno) e che alla fine della collaborazione sarebbe andato via.
La fine della collaborazione coincise con la fine delle celebrazioni del 150° dell'Unità di Italia. Tutto alla luce del sole per non far pensare ai maligni che l'Accademia avesse fatto un favore, se l'avesse trattenuto un minuto dopo la fine dei finanziamenti per dette celebrazioni.
Etichette:
accademia di santa cecilia,
balducci & figli,
bertolaso,
bruno cagli,
de santis,
G8,
giulia minoli,
maddalema L'aquila,
nastasi,
paola fontecedro,
teatro san carlo,
veltroni
Tutti in soccorso di Umberto Bossi. Cosa gli deve l'Italia?
Nelle settimane passate si è letto del sequestro dei conti della Lega di Matteo Salvini, l'ultimo regalo che il 'senatur' ha fatto all'Italia, dopo averci regalato suo figlio 'il trota' e l'altro, con l'hobby delle barche, delle macchine di lusso e delle belle donne ( hobby quest'ultimo che, ad esempio, non aveva il laureato per interposta persona a Tirana, detto 'il trota', che il papà aveva provato a svezzare mettendolo in Regione nel seggio accanto alla prorompente 'igienista dentale' del Cavalieri, Minetti) a seguito dell'accusa di 'danno erariale' rivolto al partito, quand'era gestito da Umberto Bossi.
Il senatur è stato accusato di 'danno erariale' e per questo è stato chiamato a restituire allo Stato le somme sottratte, anche se è difficile quantificare, ma che vanno dalla laurea 'dishonoris causa' del 'trota' pagata a caro prezzo, agli hobby dell'altro suo figlio ed alla bella somma elargita alla scuola della moglie.
Anche tralasciando le somme che il senatur ha sottratto ai fondi pubblici nella lunga malattia e degenza riabilitativa, ciò che Bossi deve allo Statoi è comunque molto. Diciamo 'deve', ma sarebbe più giusto dire 'dovrebbe', perchè di fatto quelle somme Bossi non le restituirà mai. Sia perchè quelle trovate sul suo conto e riconducibili al vitalizio da parlamentare non si possono toccare - per il principio che il ricavato di un furto, qual è il vitalizio, non può essere a sua volta oggetto di furto - sia perché la politica, Lega e Berlusconi, hanno trovato il modo di mettere i suoi, di Bossi, soldi al riparo e di dargliene ancora, ma prendendoli dalle casse statali, che tutti noi cittadini alimentiamo.
Ad ora, solo il vitalizio da parlamentare europeo può esser toccato ma in misura ridotta - ma anche quel vitalizio è ridotto, nulla a vedere con quello dei parlamentari italiani. E siccome quello da parlamentare non gli basta, lo hanno candidato al Senato in modo che il suo compenso da senatore - non è lui il 'senatur'?- torni ad essere consistente, e non possa essere toccato dallo Stato che prima si fa derubare e poi non riesce a mettere le mani sul malloppo, una volta scovato il nascondiglio.
Viene da chiedersi cosa il 'senatur' abbia fatto per l'Italia perché l'Italia abbia tanta premura nei suoi confronti? Secondo noi abbastanza poco, e perciò tutte quelle attenzioni sono eccessive ed ingiustificate. Se ha preso soldi che non doveva prendere , esattamente come si fa con tutti i ladri, anche lui deve restituire il maltolto.
Il senatur è stato accusato di 'danno erariale' e per questo è stato chiamato a restituire allo Stato le somme sottratte, anche se è difficile quantificare, ma che vanno dalla laurea 'dishonoris causa' del 'trota' pagata a caro prezzo, agli hobby dell'altro suo figlio ed alla bella somma elargita alla scuola della moglie.
Anche tralasciando le somme che il senatur ha sottratto ai fondi pubblici nella lunga malattia e degenza riabilitativa, ciò che Bossi deve allo Statoi è comunque molto. Diciamo 'deve', ma sarebbe più giusto dire 'dovrebbe', perchè di fatto quelle somme Bossi non le restituirà mai. Sia perchè quelle trovate sul suo conto e riconducibili al vitalizio da parlamentare non si possono toccare - per il principio che il ricavato di un furto, qual è il vitalizio, non può essere a sua volta oggetto di furto - sia perché la politica, Lega e Berlusconi, hanno trovato il modo di mettere i suoi, di Bossi, soldi al riparo e di dargliene ancora, ma prendendoli dalle casse statali, che tutti noi cittadini alimentiamo.
Ad ora, solo il vitalizio da parlamentare europeo può esser toccato ma in misura ridotta - ma anche quel vitalizio è ridotto, nulla a vedere con quello dei parlamentari italiani. E siccome quello da parlamentare non gli basta, lo hanno candidato al Senato in modo che il suo compenso da senatore - non è lui il 'senatur'?- torni ad essere consistente, e non possa essere toccato dallo Stato che prima si fa derubare e poi non riesce a mettere le mani sul malloppo, una volta scovato il nascondiglio.
Viene da chiedersi cosa il 'senatur' abbia fatto per l'Italia perché l'Italia abbia tanta premura nei suoi confronti? Secondo noi abbastanza poco, e perciò tutte quelle attenzioni sono eccessive ed ingiustificate. Se ha preso soldi che non doveva prendere , esattamente come si fa con tutti i ladri, anche lui deve restituire il maltolto.
giovedì 8 febbraio 2018
Gli incorreggibili linguisti del TROVAROMA, hanno un vocabolario 'musicale' improprio e ridottissimo
Ci risiamo con le solite espressioni linguistiche, in ambito musical,e che più volte abbiamo bollato come improprie ed inadatte oltre che idiote. Nel Trovaroma di Repubblica, i titolisti conoscono due espressioni ed usano sempre quelle, nonostante la loro evidente inefficacia a descrivere ciò che intendono segnalare.
Ancora questa settimana, ed immaginiamo a questo punto che se non cambia la direzione del giornale non cambieranno neanche i titolisti con le loro idiozie linguistiche in campo musicale, sia sulla copertina che nel sevizio all'interno del Trovaroma, ci toccaleggere le solite idiote espressioni che ben conosciamo.
Segnalando il concerto all'Accademia di Santa Cecilia, di tre solisti di eccezione: Argerich, Maisky e Jansen, titolano le 'Sinfonie del trio delle meraviglie', ignorando che di 'sinfonie' non c'è neppure l'ombra nel loro concerto. E del resto come potrebbero sostituirsi all'orchestra? Semmai avrebbero potuto suonare delle trascrizioni per trio di sinfonie orchestrali. Ma nessuna trascrizione di sinfonie nel loro programma. Infatti cosa suonano? Suonano 'sulle note di...' Magari suoneranno 'le note di...
Ma non sarebbe più semplice scrivere suoneranno musiche di... o ancor più semplicemente suoneranno... e a seguire i nome dei compositori?
Il titolista, orgoglioso di aver rifilato due idiozie, all'interno del settimanale, nel servizio sul medesimo concerto, ne rifila una terza quando sottolinea che il 'trio delle meraviglie' ha 'in scaletta le grandi arie di...'.
Se avesse avuto ancor un servizio da titolare si sarebbe sicuramente trovato in grande difficoltà, avendo esaurito il suo vocabolario musicale con ' sulle note di... ' e 'le arie di...'. Per lui tutto si fa 'sulle note' e qualunque cosa si suoni o canti, trattasi sempre di 'arie'
Per fortuna questa settimana abbiamo un motivo per consolarci un pò. Su Repubblica, della medesima ditta editoriale, dove si parla di direttori, finalmente la giornalista che sciorinava fino all'altro ieri: 'conduttore' ma anche 'guida' e derivati, è tornata all'italiano 'direttore'. Chissà che non si stia ravvedendo, per la gioia nostra e di tutti i normali lettori. O forse le è solo sfuggito?
Ancora questa settimana, ed immaginiamo a questo punto che se non cambia la direzione del giornale non cambieranno neanche i titolisti con le loro idiozie linguistiche in campo musicale, sia sulla copertina che nel sevizio all'interno del Trovaroma, ci toccaleggere le solite idiote espressioni che ben conosciamo.
Segnalando il concerto all'Accademia di Santa Cecilia, di tre solisti di eccezione: Argerich, Maisky e Jansen, titolano le 'Sinfonie del trio delle meraviglie', ignorando che di 'sinfonie' non c'è neppure l'ombra nel loro concerto. E del resto come potrebbero sostituirsi all'orchestra? Semmai avrebbero potuto suonare delle trascrizioni per trio di sinfonie orchestrali. Ma nessuna trascrizione di sinfonie nel loro programma. Infatti cosa suonano? Suonano 'sulle note di...' Magari suoneranno 'le note di...
Ma non sarebbe più semplice scrivere suoneranno musiche di... o ancor più semplicemente suoneranno... e a seguire i nome dei compositori?
Il titolista, orgoglioso di aver rifilato due idiozie, all'interno del settimanale, nel servizio sul medesimo concerto, ne rifila una terza quando sottolinea che il 'trio delle meraviglie' ha 'in scaletta le grandi arie di...'.
Se avesse avuto ancor un servizio da titolare si sarebbe sicuramente trovato in grande difficoltà, avendo esaurito il suo vocabolario musicale con ' sulle note di... ' e 'le arie di...'. Per lui tutto si fa 'sulle note' e qualunque cosa si suoni o canti, trattasi sempre di 'arie'
Per fortuna questa settimana abbiamo un motivo per consolarci un pò. Su Repubblica, della medesima ditta editoriale, dove si parla di direttori, finalmente la giornalista che sciorinava fino all'altro ieri: 'conduttore' ma anche 'guida' e derivati, è tornata all'italiano 'direttore'. Chissà che non si stia ravvedendo, per la gioia nostra e di tutti i normali lettori. O forse le è solo sfuggito?
Iscriviti a:
Post (Atom)