Non c'è verso per farli desistere, ma noi continueremo questa lotta solitaria fino a quando non riusciremo a sconfiggere il becero nemico che si nasconde nella banalità e nell'imprecisione linguistica.
Anni fa scoprimmo dove era il difetto: dove cioè nascevano e chi diffondeva certe idiozie linguistiche che poi leggevamo esaltate e, in coro, su tutti i giornali. Quelle espressioni le coniava nientemeno che la stessa Accademia di Santa Cecilia, dando notizia della sua attività concertistica. Per tanto tempo, leggevamo sui giornali espressione di questo tipo: il pianista tal dei tali affonderà le sue mani nei tasti del pianoforte di... Chopin ; il violinista tal dei tali, a sua volta, affonderà l'archetto nelle corde, oppure. il direttore tal dei tali alzerà la bacchetta ecc...
I giornali, contando sull'autorevolezza della fonte, riprendevano i comunicati dell'Accademia così come venivano loro inviati e li riproducevano tali e quali, senza mai domandarsi - per carità: non disturbare il can che dorme.... - se quelle espressioni erano giuste, e soprattutto se una storica accademia musicale poteva esprimersi con tanta approssimazione e inutile fantasia; quando sarebbe stato più semplice e più preciso dire e scrivere : il pianista tal dei tali suonerà musiche di Chopin. La bellezza della normalità e proprietà linguistica non era colta né dal compilatore né dal riproduttore di simili scemenze.
Negli ultimi tempi i giornali di una società editrice, si sono distinti anche nell'uso di un inglesismo, nuovo di conio per la lingua italiana scrivendo del direttore d'orchestra, chiamato 'conduttore', e della sua attività sul podio, che è quella di 'condurre' . Per fortuna che l'insano temine viene limitatamente usato da due sole penne forbite ed in evidente possesso dell'inglese, come vogliono dimostrare ai lettori.
Adesso, e da tempo, è invalsa anche un'altra cattiva abitudine, nella quale si segnala soprattutto La Repubblica e l'inserto del giovedì del giornale il Trovaroma.
Per annunciare il concerto di un direttore e le musiche in programma il Trovaroma usa scrivere, perfino in copertina, imbrattandola linguisticamente: tizio o caio sulle note o sulle arie di questo o quel compositore. Tralasciando il fatto che 'arie' a proposito di certo repertorio è proprio fuori luogo, anzi errato, ci piacerebbe sapere perchè il tale direttore si pone 'sulle note', quando potrebbe anche darsi il caso che preferisca porsi 'sotto le note' o a addirittura ' nelle note' . In tale abbondanza di idiozie liguistiche ci risulta difficile assegnare la palma di quella più idiota ad una delle tre.
Ci preme invece invitare gli illustri redattori di quel settimanale romano di ricorrere sempre, d'ora in avanti, soltanto ad una espressione, la più appropriata, come quella classica: tizio o caio dirige musiche di...
Il peggio anche nell'uso di espressioni linguistiche non è mai un progresso, come possono pensare gli sprovveduti.
E poi a Daniele Gatti, ottimo direttore, questi giorni a Roma per dirigere due delle quattro Sinfonie di Schumann, vorremmo consigliare di smettere di ricordare - lo fa tutte le volte che viene intervistato sulla piazza romana - che lui per un periodo ha avuto un incarico stabile a Roma: direttore dell'Orchestra di Santa Cecilia; che questo accadeva quando aveva trent'anni circa ed era perciò giovane, privo ancora dell'esperienza che, ovviamente, gli è venuta con gli anni; e che quel primo incontro, anche a causa della sua giovinezza ed inesperienza, non fu certamente dei migliori nella ormai lunga carriera di direttore. Questo lo ha detto e ridetto. E' ora di voltar pagina. Perché se proprio vuol dire come andarono allora le cose, dica che i bravi ma terribili professori d'orchestra dell'Accademia a lui che consideravano un 'pischello' fecero una guerra dura, facendogli vedere, come si dice a Roma, 'i sorci verdi'. Quante volte ci è capitato di assistere alle prove d'orchestra e notare singoli professori trasformarsi in cecchini che puntavano i loro strumenti contro il podio, pronti a far fuoco, alla prima défaillance del direttore.
Potrebbe dirlo chiaramente, tanto si è messo al riparo da nuovi attacchi, premettendo che l'orchestra di oggi è quasi interamente rinnovata e che solo pochissimi dei professori dell'epoca siedono ancora in orchestra, e che su di essa la 'cura Pappano' ha fatto miracoli.
Tutte queste cose le abbiamo imparato a memoria e potremmo ripetergliele a Gatti prima che lui apra bocca. Però ci sorge un dubbio. Il dubbio che Gatti non ne parli tutte le volte, ma che siano i giornalisti, ogni volta, a confezionare un nuovo articolo con una nuova dichiarazione (magari assusnta dai comunicati stampa) e riciclando quanto avevano scritto la volta precedente. Non sarebbe la prima volta, e per Gatti in particolare, neanche il primo caso.
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