lunedì 26 febbraio 2018

L'Accademia di Santa Cecilia è d'ora in poi una congrega anche di comunicatori. Sull'esempio dell'Istituto di studi verdiani di Parma, gestione Nicola Sani

Al terzo turno di ballottaggio, ma solo al terzo,  il 20 c.m., è entrato a far parte degli Accademici di S. Cecilia, un paio di nomi insolito, ma dei soliti, di quelli che non mollano mai finchè non ottengono ciò per cui tanto si sono spesi nel tempo. Dell'intraprendenza, anzi dell'invadenza di alcuni di loro possiamo recare testimonianza personale, giacché li avemmo come saltuari collaboratori al tempo di Piano Time ( vale per Arcà, come valse per Dall'Ongaro) e di Applausi (nel caso di Cappelletto).

Nel caso di Massimo Quarta, anch'egli neo accademico, invece, trattasi comunque di una riparazione al lungo, ingiusto  ostracismo che l'Accademia gli ha fin qui riservato, nonostante che già  nel 1991 vinse il Premio Paganini, unico italiano dopo Accardo. Ora c'è da augurarsi che lo invitino  regolarmente  a suonare all'Accademia, come stanno facendo, giustamente, con Brunello, Dindo, De Maria, Biondi ecc.. tutti valenti accademici ceciliani e strumentisti di alto valore. prorpio come Massimo Quarta.

Il riconoscimento per Fiamma Nicolodi incorona una carriera di studiosa che certamente non ha nulla da spartire con quella di Cappelletto che di mestiere fa il 'bravo comunicatore'- come l'ha definito anche Nicola Sani che l'ha chiamato a collaborare all'Istituto di Studi Verdiani, nel disappunto generale del mondo degli studiosi. E che è, verosimilmente, la medesima ragione per cui Massimo Bray della Treccani gli ha affidato la cura dell'Appendice sulla Musica, mentre - come è  giusto - per la seconda Appendice, dedicata alla Letteratura, apparsa contemporaneamente, ha chiesto la consulenza del prof. Ferroni, universitario e studioso della lingua e letteratura italiana. E non un comunicatore.

Pietro De Maria, anch'egli nuovo accademico, vede coronato il suo impegno di docente nei corsi dell'Accademia.

 E la massoneria in tutti questi casi non c'entra. Vero?

Perchè insisto che sono stati nominati al Terzo turno di ballottaggio? Perchè  per i candidati, dopo che non hanno raggiunto il quorum richiesto nei primi due, dove è più alto, al terzo, con il quorum abbassato, è più facile farsi eleggere con il sostegno decisivo delle cordate. Accadde così anche quando Dall'Ongaro divenne Accademico ( la storia non proprio specchiata l'abbiamo raccontata già, così come ci venne riferita da Irma Ravinale presente allo scrutinio del terzo turno di votazioni; ed anche quando Cagli fu rieletto a dicembre del 2003, solo al terzo turno, di nuovo sovrintendente, spuntandola su Perticaroli. Quando sottolineammo, nella nostra biografia di Pappano, tale particolare, Cagli  se la prese e ci disse, senza mezzi termini: "te lo potevi risparmiare, era proprio necessario sottolinearlo?").

 Spieghiamo come avvengono le candidature e le votazioni. Le votazioni per l'elezione dei nuovi accademici avvengono ogni qualvolta si rende libero un posto, causa decesso, di uno o più accademici, a distanza ravvicinata.
 Quest'anno c'erano da rimpiazzarne più d'uno. Viene allora richiesto agli accademici di proporre dei nomi. Il consiglio Accademico esamina le candidature proposte e  ammette quelle che ritiene idonee e secondo il numero di accademici da rimpiazzare. Su questa lista gli accademici vengono chiamati a votare, fino a tre turni, a distanza di più d'un mese l'uno dall'altro. Dopo i tre turni se è rimasto ancora un posto vuoto, ci si ritorna l'anno seguente.

Anche quest'anno al primo turno, quando il quorum era alto ( metà più uno degli accademici) nessuno dei candidati è risultato eletto, al secondo turno (11 gennaio) solo Noseda;  solo al terzo ( 20 febbraio) i magnifici cinque, due dei quali (Cappelletto e Arcà) più magnifici degli altri. Al terzo turno erano restati in lizza sei candidati, cinque sono stati eletti, il sesto no. Chi sarà stato mai  questo indegno ?
Questo posto verrà colmato, assieme forse ad altri, il prossimo anno.

 Naturalmente i giochi si fanno con le candidature, dove le varie cordate si accordano per proporre e far eleggere i propri. Non è un mistero che il sovrintendente regnante cerchi in tutti i modi di assicurarsi la riconferma nell'incarico, spingendo per l'elezione di alcuni nomi. Lo fece Cagli con Dall'Ongaro - come  accusò il card. Bartolucci e non solo lui, con durissime lettere aperte - ed anche con Annalisa Bini ; e lo starà facendo anche Dall'Ongaro con Arcà, De Maria, e soprattutto Cappelletto con il quale ha lunghissima consuetudine lavorativa a Radio 3, dove invece fece fuori altri che con lui non erano d'accordo su molte cose. Cappelletto è sempre rimasto al suo posto e con lui l'intesa è sempre stata totale, tanto che continua anche fuori da Radio 3.

Cappelletto, a scanso di equivoci, il suo mestiere di giornalista lo fa ed anche abbastanza bene. Ciò che non fa bene è, invece, quello di musicologo. Semplicemente perché  musicologo non è e perché i suoi studi 'accelerati' con il m. Mann, di cui mena vanto nel curriculum,  non possono averlo patentato come tale.

E, del resto, l'obbiezione non è solo nostra. Quando Nicola Sani, eletto alla presidenza dell'Istituto di studi verdiani (senza averne i titoli specifici) nominò Cappelletto 'direttore' degli 'studi' pubblicati dall'Istituto, il mondo accademico, specie quello verdiano, gridò allo scandalo, ritirandosi sull'aventino dell'Università di Berna, dove fece nascere un centro di studi verdiani  con gli attributi. Sani rassicurò tutti: ho scelto un uomo di 'comunicazione' (e del resto anche per la direzione scientifica dell'Istituto aveva scelto un'altra sua fedelissima, a digiuno totale di Verdi).

E allora quali ragioni hanno spinto alcuni accademici a fare il suo nome ed a votarlo? La principale è che con molti di loro il giornalista ha frequentazioni continue, e dunque,  per non essere poi smascherati come traditori nelle urne, si sono ben guardati dal non votarlo, avedonlo qualcuno candidato.

Ora è chiaro che, non alla prossima,  ma fra due  elezioni del sovrintendente dell'Accademia, Cappelletto potrebbe risultare nuovo Sovrintendente. Senza essere né musicologo né musicista come la storia dell'Accademia richiederebbe, ma come è accaduto già in passato perfino con Cagli che certamente è un fine letterato e storico della musica, ma musicista non è. Cappelletto  neanche quello. Gli avessero affidato la 'comunicazione' dell'Accademia, dove hanno chiamato una professionista francese di nazionalità, che certamente non ha nel suo curriculum competenze musicali,  niente da dire, ma accademico no!

 L'Accademia, dopo tali nomine, dovrebbe spiegare come mai non abbia mai accolto nel suo consesso un musicologo come Petrobelli - la cui assenza qualcuno giustificò con  l'antipatia dello studioso. Se questa è una ragione, allora capiamo come uno simpatico possa essere  eletto accademico. Petrobelli non è che una delle tante anomalie 'accademiche'.

Qualcuno potrebbe accusarci di invidia nei confronti di Cappelletto. Si sbaglia. Invidia no, forse poca stima, anche per il suo arrivismo smisurato che potrebbe consumarlo. Invidia proprio no, perchè la nostra carriera, nell'ambito che conosciamo, l'abbiamo fatta; ed ora non abbiamo altre mire, oltre quelle dell'osservatore e cronista di cose musicali.

Infine, una annotazione pro Massimo Quarta. Una volta  ponemmo a Pappano la questione della regolare - per noi eccessiva - presenza di Uto Ughi nelle stagioni ceciliane, controbilanciata dall'assenza, ad esempio, di Massimo Quarta. La risposta del direttore fu che: 'Ughi faceva il pienone' e una istituzione di concerti - aggiunse - deve fare attenzione anche a questo. Ora che Ughi non viene più invitato regolarmente, l'Accademia che fa, non tiene conto  del successo di pubblico del violinista?

Questo solo per dire che a qualunque obbiezione, l' Accademia, al tempo di Cagli come di Dall'Ongaro,  ha la risposta pronta, spesso non convincente. Noi ci auguriamo che dopo tanta attesa, anche per Massimo Quarta sia arrivato il momento di  suonare nelle stagioni ceciliane. Perché a noi la sua nomina fra gli Accademici suona come risarcimento  di così lunga ingiustificata lontananza, che ora deve finire.

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