Sono solo gli ultimi esempi di una consuetudine bugiarda ed inutile, emersa dalle dichiarazioni di due interpreti, una dopo l'altra impegnate all'Opera di Roma: Scappucci, direttrice di Sonnambula di Bellini, e Schiavo, Violetta nella Traviata di Verdi.
Fiorenza Scappucci ha dichiarato che la prima opera che i suoi la portarono a vedere all'Opera fu proprio La sonnambula, con la quale fu amore a prima vista, e che perciò non vedeva l'ora di dirigerla, come ha appena fatto a Roma, passando molti anni dopo dalla platea alla buca d'orchestra, come era scritto nel suo destino, con Sonnambula sempre nel cuore.
Maria Grazia Schiavo, soprano che solo avanti nella carriera ha cambiato repertorio, passando dal Barocco all'Ottocento, e che ora torna a cantare in Traviata, nel ruolo della protagonista (che già interpretò al debutto della Traviata dei record, nel 2016) ricorda al suo intervistatore che la prima opera che vide, in assoluto, in televisione... indovinate quel fu? Traviata naturalmente. Mai e poi mai, cantando Violetta, sarebbe potuta essere un'altra.
Possibile che ogni volta che un interprete dal podio o sul palcoscenico interpreti un melodramma, debba dire che si tratta della sua opera 'del cuore', della 'preferita', di quella che ha sempre sognato di interpretare e che segnò il primo incontro con il melodramma?
Noi siamo convinti che lo dicano per ogni titolo che stanno interpretando ogni volta. Tanto il pubblico non si cura delle loro dichiarazioni, perdona quelle bugie inutili ed infantili, e poi già il giorno dopo si dimentica di ciò che ha letto il giorno prima, figuriamoci dopo mesi ed anni; ma li attende alla prova dei fatti, gli unici che contano, sia per un'opera considerata ostica che amata, veramente o per opportunismo, sia per quelle viste al primo affaccio in un teatro d'opera o davanti ad uno schermo televisivo o all'ultimo.
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