Stavolta lo spettacolo è stato sul podio. A rubare la scena alla Bohème che l’altra sera ha aperto il 69° Festival Puccini di Torre del Lago, è stato il maestro stesso, Alberto Veronesi. Che si è presentato con una vistosa fascia nera sugli occhi. Un direttore bendato, non si era mai visto. Orchestrali stupefatti, e adesso come si suona? Cantanti allibiti, visto che gli attacchi si danno con lo sguardo. Pubblico spiazzato e pure furibondo. Perché, dato il clima rovente creato intorno all’allestimento del regista Christophe Gayral, che ha trasposto la vicenda nella Parigi del ‘68, è parso chiaro che quella mascherata era una provocazione contro uno spettacolo già bollato come «di sinistra».
«Buffone», «Vai via!», i saluti più cordiali diretti al maestro, mentre in tanti hanno lasciato la platea. «Non voglio vedere quelle scene» ha gridato di rimando Veronesi, politicamente più mobile della donna del Rigoletto, passato in un giro di valzer elettorale dalle liste Pd di Lucca e Milano a quelle di Fratelli d’Italia in Lombardia.
All’origine di tale accecamento, la presa di posizione di Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, che durante la conferenza stampa dello spettacolo era intervenuto cassando l’idea di ambientare Bohème in un contesto storico e sociale che, a suo dire, tradirebbe «ogni visione e spirito pucciniano». Tanto da esortare il maestro a non dirigere l’opera. O almeno di farlo con quella fascia emblematica sugli occhi. «Gliel’ho suggerita io», ha dichiarato.
«Sgarbi non c’entra, la decisione è mia – commenta Veronesi, figlio del noto oncologo e anche presidente del Comitato promotore delle celebrazioni pucciniane -. Ho tentato in tutti i modi di far cambiare idea al regista, ho scritto al Festival spiegando le mie ragioni, e per tutta risposta mi è stato chiesto di non fare commenti. Invece che sugli occhi avrei dovuto mettere quella benda sulla bocca».
A turbarlo così tanto, spiega, una scena zeppa di slogan rivoltosi, pugni alzati, ritratti di Che Guevara. E in più, una Mimì in minigonna. «Una scenografia contro il governo che finanzia il festival» rincara Sgarbi. «Semplicemente l’iconografia del Maggio francese – ribatte il regista Gayral -. L’ho attinta pari pari dalle foto dell’occupazione della facoltà di Belle Arti della Sorbona, dove dei giovani artisti ribelli volevano cambiare il mondo. Esattamente come i pittori e poeti ottocenteschi di Puccini. La sola provocazione che vedo in questa vicenda è quella di una politica che vuole intromettersi nelle scelte culturali. Lo scandalo è la censura preventiva, il signor Sgarbi ha cercato di boicottare lo spettacolo senza averlo visto. Un brutto segno per la libertà di espressione in una democrazia». E poi, c’è la questione di una tempistica un po’ strana. «A febbraio scorso – prosegue il regista – ho incontrato Veronesi con Franco Moretti, direttore generale del Festival. Ho spiegato loro il progetto, ho mostrato bozzetti e foto. Tutto accettato senza problemi, anzi Veronesi l’aveva giudicato interessante. E anche durante le prove nessuno ha avuto da ridire. Ma nel frattempo c’è stato un cambio di rotta politico, il clima è mutato, alcuni si sono subito allineati. D’altra parte, devo riconoscere che il Festival si è schierato subito con me, mi ha sostenuto in ogni momento».
E ora, cosa accadrà? Bohème è prevista per altre tre recite (il 29 luglio, il 10 e 25 agosto). Che farà Veronesi? Dirigerà sempre bendato? «I fischi sono mortificanti, ma non mi tiro indietro. Non si può più assecondare la dittatura della regia, che relega la musica in secondo piano. Bohème era l’opera preferita da mio padre Umberto. Lui avrebbe apprezzato il mio gesto. Che adesso forse pagherò caro, forse mi licenzieranno».
Forse. Il comunicato della Fondazione Festival Pucciniano «condanna il gesto di Veronesi soprattutto perché irrispettoso nei confronti di quanti sul palcoscenico e dietro le quinte hanno lavorato con passione e professionalità per realizzare lo spettacolo. E si riserva di adottare ogni iniziativa a tutela del pubblico, dei lavoratori e per evitare a Veronesi il disagio di dirigere le prossime rappresentazioni». La chiusura del rapporto pare ormai vicina.
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