Meloni si blinda sul treno per Pompei: giornalisti rinchiusi in un altro vagone e vietate le riprese alla Rai
Meloni si blinda sul treno per Pompei: giornalisti rinchiusi in un altro vagone e vietate le riprese alla Rai

 Giornalisti “blindati” in un vagone e costretti a un’attesa lunga un’ora sotto il sole concente. La storia dei rapporti mai sereni fra la stampa e Palazzo Chigi si arricchisce di un nuovo capitolo. Scelte bizzarre (o quantomeno discutibili) e proteste. Di nuovo una missione movimentata al Sud, quattro mesi dopo quella di Cutro. Il primo atto si consuma nei minuti precedenti la partenza del primo treno diretto da Roma Termini a Pompei. A bordo, per il viaggio inaugurale, c’è anche Giorgia Meloni. Ma l’arrivo in stazione è interdetto ai cronisti, portati sul Frecciarossa e poi chiusi – con largo anticipo - dentro una carrozza, lontana da quella delle istituzioni. Tutti dentro, senza distinzioni. Due carabinieri e un addetto di Trenitalia impediscono di fare le riprese anche alla troupe Rai. Che fa le proprie rimostranze. La chiusura delle porte è accompagnata da un brusco invito a risalire sul treno: «È un ordine», ha intimato uno dei due militari dell’Arma. Fra le proteste, i giornalisti sono costretti a osservare il passaggio della delegazione della premier da dietro i finestrini. Impossibile qualsiasi contatto con Meloni e il suo staff durante il viaggio. L’ingresso alle prime carrozze del Frecciarossa è bloccato. Un dispositivo di sicurezza spropositato. Inversamente proporzionale alla possibilità di fare informazione. Il treno, in compenso, parte in orario.

Secondo atto, davanti al parco archeologico di Pompei. La presidente del Consiglio è in visita agli Scavi. Una cinquantina di cronisti, di testate nazionali ed estere, vengono lasciati per un’ora ad aspettare sotto la canicola. È mezzogiorno e gli effetti di Caronte si fanno sentire, malgrado il personale di Trenitalia offra acqua, ventagli e ombrelli. L’attesa sembra infinita, il nervosismo monta fra i giornalisti ammassati dietro un cordone. Partono le prime urla, c’è chi minaccia la diserzione, c’è chi si rivolge in modo ruvido al ministro Gennaro Sangiuliano (nella qualità di collega) che guarda in silenzio. Dirigenti e agenti della Questura fanno fatica a contenere la protesta crescente. Finché Meloni esce, viene accerchiata per le domande in una situazione di caos. Solo pochi minuti, poi la premier fugge via verso la sua auto, direzione aeroporto. Lasciandosi alle spalle nuove polemiche.