Caro direttore, non c’è mai pace per la tv di Stato. Ormai è un dato di fatto di come la politica italiana ha influenzato per troppi anni i canali Rai. In questi giorni vediamo una campagna acquisti in uscita e in arrivo. Da cittadino di questo Paese non condivido queste scelte di colore politico di destra e sinistra. Il merito e la meritocrazia sono anche per i conduttori, e giornalisti, un perno principale di democrazia in particolare per i cittadini italiani. Massimo Aurioso

Caro Aurioso, Purtroppo avevo appena iniziato a lavorare come giornalista e già i mezzi d’informazione erano stracolmi di servizi sulla «lottizzazione» Rai. A quel tempo il metodo era scientifico: un democristiano, un socialista e un comunista, a seconda dell’importanza del tg o della Rete, con qualche scampolo per gli altri partiti. E in questa spartizione a volte venivano scelti fior di professionisti che hanno cambiato la televisione e l’informazione tv. Poi tutto è diventato più arrembante, con l’idea che in un sistema bipolare chi vince ha il diritto di fare man bassa di tutte le cariche pubbliche. Un metodo assurdo che viene applicato da tutte le maggioranze che si sono alternate, salvo gridare allo scandalo quando si passa all’opposizione. Il ragionamento andrebbe completamente ribaltato: la tv pubblica è dello Stato italiano; la professionalità, l’indipendenza, l’imparzialità dovrebbero essere sacre. Servono leggi, nomine e governance che tolgano la Rai dallo strapotere della maggioranza del momento. Non paghiamo il canone per affidare un valore democratico come l’informazione al politico di turno.

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Caro direttore, i politici, anche quelli in carica che si sono appropriati della Rai il giorno dopo aver vinto, senza attendere un minuto in più, e i dirigenti loro  fedeli, hanno l'audio spento. Non ci sentono, nè si può sperare che lo accendino in futuro, per sentirci ( Pietro Acquafredda)