Ci caschiamo tutte le volte innocentemente e perciò stupidamente. Ma i giornali sono molto più stupidi di noi, ma meno anzi affatto innocenti come noi.
Quando leggiamo che tizio o caio - che, in italiano, sta anche per tizia o caia; smettiamola di fare i corretti ad ogni costo perfino nelle locuzioni di genere - ha avuto un grande problema o cose simili, non riusciamo a togliere lo sguardo da quel pezzo, passando al successivo del rullo compressore che è la rete, perchè in fondo siamo sinceramente preoccupati del dolore o del grave fatto occorso a chiunque. Anche se, come in quasi tutti i casi, nulla possiamo favore in loro favore.
Ma, immancabilmente, a fine lettura ce la prendiamo con noi stessi per il tempo perso. Perchè tizio e caio, il più delle volte, raccontano di quella volta, anni fa, quando... mentre noi stupidamente temevamo che tizio e caio fossero stati colpito da dolore o tragedia, qualche ora o giorno prima. Il tempo trascorso, il problema superato, non contano per quanti, non avendo nulla da dire, ma invitati comunque a parlare, aprono bocca e fingono di soffrire ancora. Recitano naturalmente e noi ci caschiamo ogni volta.
Tutto questo mentre problemi, dolori tragedie, ogni giorno, ogni momento toccano chissà quanti che restano in silenzio, anche perchè non hanno a chi raccontare.
Ci ha colpito leggere di un bambino negli USA, il quale avendo cambiato casa e non avendo amici con cui parlare ed anche giocare, è andato a bussare a tutte le case del circondario. Fortunatamente ne ha trovati.
Ci sono però anche articoli che consideriamo truffaldini.
L'ultimo ci è capitato di leggerlo ieri, e riguarda un noto volto tv di una altrettanto nota famiglia che s'è votata alla divulgazione: Alberto Angela, figlio di Piero. Nell'articolo, con titolo allarmistico, si parlava del figlio di Alberto - non ricordiamo il nome e non importa ricordarlo - nipote di Piero. Illustrato anche da una foto - un bel ragazzo, più o meno maggiorenne - al quale i cattivi della rete avevano giocato un brutto tiro. E questo creava preoccupazione al padre. Tutto qui.
Ma l'articolo voleva dire altro, cioè: vi presentiamo il figlio di Alberto, il bel figlio di Alberto, e nipote di Piero che ha tutti i numeri, compresa l'avvenenza ( maggiore del padre, osannato senza ragione) per proseguire sulla stessa strada di suo padre Alberto e di suo nonno Piero.
No, basta, questo è troppo. Due della medesima famiglia nella tv di Stato, e non in ruoli impiegatizi, sono sufficienti. Un terzo cerchi di farsi strada altrove.
La tv pubblica, come è la Rai, non è come una famiglia di imprenditori, dove i ruoli di comando e la proprietà si passano di padre in figlio e di figlio in nipote.
Due 'Angeli' in Rai bastano ed avanzano; auguri al 'cherubino' figlio di Alberto e nipote di Piero per un futuro radioso ma altrove. Non in Rai.
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