Le polemiche suscitate a suo tempo dalla musica di Nino Rota sono ben note. I più critici sottolineavano, oltre il fatto che si era 'svenduto' all'industria cinematografica, l'inattualità della sua musica, in piena avanguardia, perchè da essa Rota, pur conoscendola e potendola agevolmente praticare, si teneva alla larga. Il suo linguaggio musicale non in linea con quello dell'avanguardia, si attirò ( nonostante avesse anche autorevoli e covinti difensori) molte critiche e suscitò anche un pò di invidia per il successo che si era in generale guadagnato in ambito cinematografico. Perchè nessuno poteva ignorare la qualità della sua musica pur in ambito tonale o quasi tonale, e la sua grande inventiva, oltre che la ricchezza della sua tavolozza cromatica armonica e contrappuntistica. Insomma, a volerla dire tutta, Rota, pur nel suo isolamento, era un musicista che incuteva rispetto e stima.
Stessa sorte è toccata dopo di lui anche a Morricone, al quale pure la presenza cinematografica è stata rimproverata. Ma a differenza di Rota, Morricone se ne è fatto un cruccio, ed anzi qualche volta è sembrato vergognarsi di tale sua ricchissima produzione, invitando tutti a prendere in considerazione la sua musica 'assoluta'. Musica 'assoluta' quella di Morricone che non ha certo la ricchezza di catalogo e di generi e la qualità musicale di quella di Rota.
Al quale negli anni dopo la sua morte, più di un musicista ha prestato la dovuta attenzione. L'Orchestra Sinfonica di Milano, ex 'Giuseppe Verdi' ad esempio ha eseguito un numero considerevole delle sue opere cameristiche e di teatro. Fra le quali Il cappello di paglia di Firenze gode tuttora di molta attenzione, e numerose rappresentazioni e incisioni discografiche, come del resto merita. E' di una settimana fa la segnalazione di un critico 'camaleonte' come Giovanni Gavazzeni, sulle pagine del Venerdì, di una nuova incisione dell'opera, unita al ricordo delle esecuzioni della sua musica da parte di Riccardo Muti ( che proprio in queste ore ne ha eseguita una suite di quella cinematografica con la sua Orchestra Cherubini).
A tal proposito restiamo a tutt'oggi meravigliati del fatto che Muti non abbia mai diretto quel capolavoro di Rota, come anche il suo lavoro sinfonico corale più noto e eseguito tante volte da istituzioni e interpreti di prestigio, l'oratorio Mysterium. Muti ci ha confessato di non conoscerlo neppure. e noi per porvi rimedio e sperando in un suo interesse di direttore, gliene abbiamo inviato copia dello spartito che Rota stesso ci aveva regalato con una dedica per noi commovente perchè troppo lusinghiera. Dunque se il grande direttore continua a dichiarare a parole la sua riconoscenza verso Rota, perchè non passa dalle parole ai fatti?
Ma torniamo alla ragione di questo nostro sproloquio rotiano. Notiamo come sempre più numerosi siano le giovani generazioni di musicisti che vogliono tornare all'antico, a Rota o a prima di Rota, facendosene vanto e giustificandolo con la necessità di stabilire di nuovo un rapporto con il pubblico, interrottosi a causa e per colpa - loro dicono, ed in parte è vero - dell'avanguardia.
Al punto che l'edizione 2023 del noto Festival pianistico di Brescia e Bergamo gli ha riservato una intera sezione. E sono tanti in Italia questi nipotini di Rota, ci è anche una nipotina che va per la maggiore, ma molti di loro sembrano purtroppo meno 'in arnese' del capostipite, oltre che meno convinti.
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