Lo chiamano 'Teatro del Portico', quello dove l'Opera di Roma, propone, quest'estate, la serie 'Caracalla off'. Si trova ad un chilometro circa di distanza dall'ingresso alle Terme, in comune con palco e platea della stagione lirica, che si trovano, invece, a poca distanza.
Pe raggiungerlo, si deve percorrere un vialetto con il fondo strada sconnesso, costeggiando prati abbandonati con l'erba alta, che, a fine spettacolo, quando ormai si è fatto buio, risulta poco illuminato e dunque anche pericoloso. Un giornale nazionale, oggi, lo definisce 'suggestivo'- povera informazione!
Il Teatro del Portico non è che una spianata, su fondo di cemento con 250 posti circa - sedie scomodissime e con schienale non abbastanza rigido - sulla quale è montato un palcoscenico, che definire tale abbisogna di grande fantasia. Quattro tubi innocenti, uno straccio sul fondo che chiude alla vista quella meraviglia di rovina del 'Tempio di Giove', e su di esso un groviglio di funi che rendono i movimenti dei cantanti, tutti e sette i partecipanti al progetto 'Fabbrica' meno agevoli; infine, un lampadario gigante rovesciato che servirà da 'cuccia' per un povero cantante che, ironia della sorte, canta, da Sonnambula: 'Vi ravviso o luoghi ameni'; mentre un secondo cantante è costretto a ripararsi, per l'intera durata dell'improbabile spettacolo, sotto un pesantissimo enorme drappo rosso ( il 'presente che opprime'?) che scende fino in platea.
In questo regno del provvisorio e del rabberciato sono stati reclusi i cantanti, gli unici dei quali non possiamo che dir bene, perchè tutti indistintamente, nonostante le condizioni disagevoli e quella inutile regia (l'hanno chiamata così) hanno mostrato i ragguardevoli risultati raggiunti dopo il primo anno del biennio di studio e perfezionamento, sotto la guida esperta di Anna Vandi.
Non sapremmo dire di ciascuno di loro, salvo che per qualcuno, anche perchè nel pieghevole che costituiva il programma di sala non era indicato il nome del cantante per ogni brano in programma. Mentre alla regia era stato offerto un considerevole spazio per illustrare l'idea di spettacolo - ' Ricostruzione 1.0' . Fantasia onirica su musiche di...- articolato, a suo dire, in tre fasi ed ispirato al tema dell'amore: amore, crisi, speranza. Laddove le funi, al momento della crisi venivano in parte sciolte per avvolgere i cantanti e, alla fine, gettate nelle quinte laterali, per significare la 'speranza' del ritrovato libero amore.
Un enorme groviglio di funi avevamo visto anche in une delle opere, con la regia di Martone, registrate nella platea del Teatro, durante la pandemia - ci sembra nel Barbiere di Rossini, a suggerire la 'prigione' di Rosina. E forse a Martone si era ispirata la regista.
Oltre i cantanti, che naturalmente hanno superato ogni difficoltà con bravura ma soprattutto con la passione e l'entusiasmo della giovinezza, un elogio altrettanto caloroso merita quella coppia di valorosi pianisti, giù dal palco, in posizione non proprio ideale per accompagnare i cantanti all'aperto, che hanno dovuto anche rimediare ad una illuminazione che creava loro qualche problema e che si sono industriati a risolvere nel corso dello spettacolo.
Oltre le funi e il grande lampadario, abiti polverosissimi, dei quali si sono in parte liberati durante lo spettacolo, e abbondanza di fumi. Insomma il nulla condito da tanta ideologia di maniera. Meglio allora un Concerto alla 'Martini & Rossi' che avrebbe messo tutti gli interpreti a loro agio. E che sarebbe stato ancor più apprezzato dal pubblico che lì era venuto per ascoltare i cantanti, conoscerne le voci e constatare l'efficacia del loro corso di studio.
Uscendo abbiamo notato il bello ed ampio spazio occupato dai bar - secondo l'imperativo che l'opera deve fruttare - e la gentilezza di tutte le maschere che presidiavano il lungo impervio vialetto. Da una di esse, alla quale abbiamo fatto notare quanto lungo fosse il percorso per raggiungere il cosiddetto 'Teatro del Portico', abbiamo ottenuto la seguente risposta: "Le Terme di Caracalla sono grandi".
Già, ma allora potevano costruirlo sulla Cristoforo Colombo. Non prima, perchè, come da almeno una trentina d'anni, di fronte all'ingresso di Caracalla, sul grande vialone, si insiste con la Festa dell'Unità, i cui echi, tante volte sono giunti alle nostre orecchie, durante le recite liriche.
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