Santo Padre. Grazie, intanto, per questo regalo che fa a tutti i telespettatori di Mediaset, e non solo, ancora una volta per questo Natale. Questa sera parleremo di tanti argomenti di attualità: i mondiali di calcio, parleremo della politica, dei poveri, parleremo della guerra. E proprio da qui vogliamo partire perché in quella terra, l’Ucraina, stanno vivendo una situazione davvero difficile e da lì arriva questa colomba, che ha viaggiato tanto e che hanno realizzato dei bambini rifugiati: l'ha dipinta una bambina rifugiata. È una colomba che ha due facce, un lato della morte, dove c'è un pezzo di missile russo, e questo lato è la vita. È una colomba allegra e questa bambina l’ha dipinta. Ed è un segno che ci ricorda appunto di questa situazione che sta vivendo il mondo, una situazione difficile, una situazione molto pesante dove questa gente vive senza elettricità al freddo. Sono state scoperte anche delle camere di tortura per bambini in Ucraina. Perché questi due Paesi, i leader di questi due Paesi non riescono a sedersi a un tavolo per dialogare?
Da tempo io ho parlato, stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzetti. Quella dell'Ucraina ci sveglia un po’ perché è vicina, ma la Siria da 13 anni che è in guerra terribile. Lo Yemen quanto? Myanmar, dappertutto in Africa. Il mondo è in guerra. Fa soffrire tanto, fa soffrire tanto. Quando io sono stato nel 2014 a Redipuglia ho pianto. Ho pianto! Era per il centenario della guerra. Non potevo credere a questo: l’età della gente. Poi ogni 2 novembre vado al cimitero. Un anno sono andato al cimitero di Anzio, dove sono sepolti i soldati americani. Ho visto l’età dei ragazzi e ho pianto. Ma come mai? Come mai si distruggono vite a quell'età? È come una mistica della distruzione la guerra. Poi, quando c’è stata la commemorazione del 60º dello sbarco in Normandia ho visto sì, i capi di governo che ricordavano quello che è stato l'inizio della liberazione d'Europa, dal nazismo, fascismo. Ma lì sono rimasti 30.000 ragazzi sulla spiaggia. Io non capisco, la guerra distrugge. Delle volte penso alle mamme con il postino bussa alla porta: "Signora, una lettera per lei. Signora, abbiamo l'onore di dire che lei è la mamma di un eroe". Sì, di quel figlio alla mamma rimane soltanto quella lettera. È una pazzia la guerra, distrugge sempre. E tu dici adesso c'è una crudeltà, perché un'aggressione ne porta un’altra, e un'altra, e un'altra. Va avanti così. E distruggere è come giocare. Poi, anche la fame, il freddo, ha tante cose che ti porta una guerra, distruzioni. Il commercio delle armi. L'industria delle armi, un'industria che invece di far progredire l'umanità fa delle cose per distruggere. Siamo pazzi. Io dirò alla gente, per favore, non abbiamo paura, ma piangiamo un po’. Ci manca piangere oggi su queste crudeltà. Io ho ricevuto tanti bambini dall’Ucraina qui che li portano all'udienza. Nessuno sorride, nessuno, ti salutano ma nessuno può sorridere, chissà cosa ha visto quel bambino…
Da quando è scoppiata la guerra lei ha fatto tanto, tanti appelli all’Angelus, all’udienza generale, ha scritto tanto, ha parlato, ha telefonato ai due presidenti, ha chiesto a Putin di poterlo incontrare a Mosca per provare a fermare la guerra, ha parlato diverse volte con il Presidente Zelensky, ha chiesto a entrambi di sedersi a un tavolo della trattativa. E poi ha pianto, abbiamo visto le sue lacrime, la sua commozione, in piazza di Spagna quando ha portato davanti alla Madonna le sofferenze dei bambini dell’Ucraina. Ha scritto tanto, ha raccolto tutti i suoi discorsi in questo libro che ha chiamato Un’enciclica sulla pace in Ucraina. Quindi mi domando, c’è un momento in cui anche il Papa di fronte a questa situazione, dopo tanti mesi, dice "Cos’altro posso fare"?
È la pazzia della guerra e sempre accade così, riguardo alle altre parti, è così, è così. La guerra è incominciata con Caino. Lo spirito cainista. Chi uccide per gelosia, uccide per un interesse, sai? È brutto. Adesso le conseguenze sociali, le conseguenze in tutta Europa. Preparati, preparati.
In versioni molto più piccole anche qui in Italia ci sono delle ripercussioni. Si parla tanto di questo caro energia, carobollette, perché ovviamente aumentano i prezzi. Tanti piccoli commercianti, tanti imprenditori sono costretti a chiudere bottega. Io ho portato a titolo di esempio una bolletta per un mese di fornitura di gas. Questa famiglia, sono Beatrice e Damiano che gestiscono una lavanderia industriale e danno lavoro a 50 persone in Toscana, a Lucca. Hanno ricevuto per un mese di gas 183.000 euro di bolletta, l’anno scorso hanno pagato una cifra che era dieci volte più bassa. Questo è solo un esempio, ma la domanda che viene da fare è: oggi tanti commercianti stanno rischiando di chiudere bottega perché non hanno come pagare bollette del genere e sono in crisi. Queste famiglie, questi imprenditori, questi piccoli commercianti come possono fare per andare avanti serenamente? Viene da dire: a quale santo devono votarsi?
Questi sono gli effetti della guerra, no? I prezzi volano, si perde l’oggettività. Non si può manovrare perché tutto è connesso. Tutto è connesso. Ci sono dei Paesi, penso allo Yemen, dove c’è la possibilità di morire di fame, i bambini. E questa (indicando la bolletta, ndr) è l’inflazione tipica della guerra. Questo è il gas, poi c’è la luce. Ricordo una volta una signora che aveva fatto la Seconda Guerra (Mondiale, ndr), io la conobbi a Buenos Aires, aveva due figli e il marito morto al fronte, e quando raccontava, quella frase mi è rimasta nel cuore: ‘avevamo fatto la fame, avevamo fatto la fame’. Né tu né io sappiamo cosa fosse, cosa sia, fare la fame. Lo sapremo, forse? C’è tanta gente che già incomincia a saperlo (indicando la bolletta, ndr).
Questo è un esempio che riguarda l’Italia, ma c’è chi non ha il problema di pagare le bollette perché non ha nemmeno la casa. E qui sono tanti. Ho portato due segni: una coperta e del pane.
C’è una cosa che a me preoccupa tanto: è l’atteggiamento dell’indifferenza. C’è una fotografia fatta da uno dei fotografi nostri qui, che è l’uscita da un ristorante di una signora in inverno, con la pelliccia, è anziana, ha i guanti, il cappello. Si vede che c’era freddo. Esce dal ristorante e alla porta c’è una che chiede aiuto. Si vede un’umile donna di strada forse. La signora guarda da un’altra parte. Il peggio che a noi può accadere è guardare da un’altra parte. Per favore misurate le spese di Natale, misurate. Questo è un Natale triste, un Natale di guerra. C’è gente che muore di fame. Per favore abbiate un cuore grande e non fate le spese come se nulla accadesse. L’indifferenza è una delle cose che dobbiamo lottare tanto e voi giornalisti avete un po’ la missione di svegliare i cuori per non cadere in questa cultura dell’indifferenza. “Io guardo da un’altra parte, me ne lavo le mani, non è un problema mio”. Il problema è di tutti. Lo spreco. Noi dobbiamo prendere coscienza di questo momento storico, della povertà, di questo che tu mi hai fatto vedere (indicando la colomba realizzata dai bambini ucraini, ndr). Che ci sono dei bambini che giocano con un missile russo, che hanno la fame. C’è gente che muore di fame. Almeno festeggiamo la Natività perché la Natività è una cosa bella, è un bel messaggio. Ci vuole fare festa, ma facciamo la festa con certa moderazione.
Per queste persone che vivono per strada e che passeranno un Natale al freddo, passeranno un Natale difficile. E allora vien da domandarsi: la classe dirigente, le Istituzioni cosa devono fare per queste persone? E parliamo di Istituzioni, di classe dirigente che, a livello europeo proprio in questa settimana, sta vivendo uno scandalo che riguarda la corruzione. Un insulto verso chi non ha nulla.
Questo scandalizza. Tutti siamo peccatori. Tutti: tu, io e tutti noi. E dobbiamo chiedere perdono al Signore tutti i giorni per i nostri sbagli. Io mi spavento. Peccatore sì, corrotto mai. Oggi si scivola dal peccato alla corruzione, per cui noi non dobbiamo tollerare questo. Come mai, con il bisogno che c’è in Europa di tante cose, questa gente che è nell’amministrazione scivola in questa maniera nella corruzione? Per me è un criterio. E non dobbiamo peccare, ma sono deboli. Sì, sì deboli. Anche io sono debole, tutti siamo deboli. Ognuno ha il proprio punto più magro, diciamo così, la personalità: uno perché è bugiardo, uno ha un po’ di ira, uno ha un brutto carattere. Ognuno ha la propria. Peccatore sì, ma corrotto no, eh? Corrotto no. Questo che tu mi fai vedere è una corruzione, non è peccato. È peggio perché la corruzione ti putrisce l’anima.
Lei l’aveva detto: la corruzione “spuzza”.
Spuzza in lombardo, puzza in italiano (ride, ndr).
Lei tante volte durante quest’anno, ma anche in passato, ha fatto degli appelli per le nascite e ha detto più volte: se non fate i figli non ci sarà futuro. C’è chi non può aver bambini perché non può permetterselo o per altri motivi. C’è chi, invece, sceglie di non aver figli. Ma secondo Lei l’Italia ha la maturità per capire che se non si fanno figli non ci sarà futuro?
C’è un inverno demografico oggi in Italia per le nascite, i calcoli, no? Una volta ho sentito un signore di una certa età, non anziano ma maturo, che diceva “chi pagherà la mia pensione domani se non ci sono le nascite?” un po’ ridendo. C’è la cultura della procreazione, della cultura per cui no, i figli è meglio di no. Meglio fare un viaggio, comprare la villa. Io conosco gente che la pensa così. Mi diceva uno dei miei segretari che incrociava la piazza, alcune settimane fa, e una signora era con un carrello e lui le si avvicinò per vedere il bambino. C’era un cagnolino. Alcuni Paesi, come la Francia, hanno fatto misure pro-famiglia molto buone e per questo il livello delle nascite in Francia è salito abbastanza. Ma in Italia ci vuole in questo momento aiutare le famiglie a nascere. Tante donne hanno paura di restare incinte perché appena il capo della ditta dove lavorano vede che le ingrossa la pancia la manda via. E tante donne non trovano lavoro perché i datori di lavoro hanno paura che rimanga incinta. Un figlio è una minaccia in questo momento. Ma dove siamo? Dovrebbe essere una benedizione. Per questo credo che dobbiamo riprendere. Io dico, italiani per favore fate figli. La patria ha bisogno dei figli, per favore. Meno egoismo.
A proposito di bambini, che sono un po’ il filo conduttore di questa nostra intervista, basta davvero poco per farli sorridere: una palla per giocare in strada, per giocare in un campetto. Questa è una pelota de trapo, una palla di stracci che ha portato Lei. Questa palla ci dimostra che basta poco per far ridere un bambino, per farlo divertire.
Lo sport è nobile. Lo sport porta nobiltà. C’è un film argentino che si chiama Pelota de trapo, Palla di stracci, e l’autore è Enrique Mueňo. Sto parlando del 1945, io l’ho visto da bambino. È un bel film dell’epoca, è un po’ la mistica dei ragazzi che giocano con quello che hanno in mano. Era Don Bosco che diceva “se tu vuoi radunare i ragazzi metti un pallone sulla strada e subito vengono, come le mosche al dolce”. I bambini giocano. E lì andiamo su una cosa molto bella che è il valore del gioco, dello sport, anche del gioco proprio. Giocare e fare sport. È una benedizione poter farlo bene perché è una cosa nobile lo sport. Tutti noi abbiamo bisogno di questa gratuità dello sport. Per questo sono contento quando vedo che la gente si entusiasma per il mondo dello sport e quando lo sport non perde quella dimensione di ‘amatorialità’, amateur, no? Lo sport è gratuito, è amateur, no? Ci sono, adesso, aspetti più commerciali ma non sta male se sono moderati. A patto che lo sport non perda quella ‘amatorialità’. Il vero sport deve essere gratuito, amateur.
Mi viene in mente il fatto che in questi momenti il mondo è concentrato sulla finale dei Mondiali: c’è un augurio che vuole fare a chi vince la Coppa del mondo, ai vincitori?
Ai vincitori tutti fanno gli auguri. Che lo vivano con umiltà. E a quello che non vince, che lo vivano con gioia perché il valore più grande non è vincere o non vincere, è giocare pulito, giocare bene. Ambedue che abbiano il coraggio di darsi la mano. Quando io vedo la fine di una partita dove non si danno la mano… Noi - sto parlando dell’anno ’46 - andavamo allo stadio tutte le domeniche anche con la mamma, papà, tutti insieme. E lì la parola più brutta che si sentiva all’arbitro era ‘venduto’, ma poi finiva la partita e si davano la mano. Quel savoir-faire dello sport, no? Lo sport ti fa più nobile, ti fa nobile anche se fatto con un pallone di stracci. Dobbiamo far crescere lo spirito sportivo e io mi auguro che questo campionato mondiale aiuti a riprendere lo spirito sportivo, che ti fa nobile.
Santo Padre, tra qualche mese saranno dieci anni di pontificato, un pontificato che le ha dato tante gioie, ma anche tante sofferenze, tanti momenti dolorosi e tanti impegni importanti. Mi domandavo se c’è qualcosa che avrebbe voluto realizzare e che ancora non ha realizzato…
Io quando sono stato eletto ho preso come programma tutte le cose che con i cardinali abbiamo detto nelle riunioni pre-conclave al prossimo Papa che sarebbe stato presente lì, ma nessuno sapeva chi fosse. Io ho preso questo come cammino di andare avanti. Ci sono anche cose da fare, ma sta andando avanti. È buono perché i cardinali che erano stati lì mi hanno aiutato tanto a fare questo cambiamento. Una delle cose che più si vede, che non è la più importante ma quella che più si vede, è la pulizia economica, evitare che ci siano cose brutte economicamente. Adesso quell’Istituzione è forte. In questi giorni è stato riunito il Consiglio per l’Economia, sta lavorando bene. Loro hanno dato le indicazioni per portare avanti questo. Io ho incominciato a fare, con l’aiuto di tutti, quello che i cardinali avevano chiesto. Ma, soprattutto, la missionarietà, lo spirito missionario, l’annuncio al Vangelo. Questo è importante: noi possiamo avere una curia molto organizzata, una parrocchia molto organizzata, una diocesi molto organizzata, ma se non c’è spirito di missione, se non si prega lì dentro non vai. La preghiera è importante.
C’è qualcosa che invece ha dovuto fare e avrebbe voluto evitare?
La parte economica. A me non piace questo. Io ho dato indicazioni soltanto. Ma l’organizzare questo che, grazie a Dio, sta andando bene con il Consiglio dell’Economia, con il Segretariato all’Economia. Tutto questo lo ha visto chiaro il cardinale Pell, che è quello che ha incominciato questo. Poi è dovuto rimanere quasi due anni in Australia per questa calunnia che gli hanno fatto - che poi era innocente, ma gliel’hanno fatta brutta poveretto - e si è allontanato da questa amministrazione, ma è stato Pell a fare lo schema di come si poteva andare avanti. È un grande uomo e gli dobbiamo tante cose.
Ci sono tante immagini di baci e abbracci che poi con il Covid ha dovuto interrompere. Lei stesso ha detto ‘mi sono sentito ingabbiato’ perché per un periodo non ha potuto avvicinare. Qual è stata l’immagine che le è rimasta più impressa, negli incontri che ha avuto da pontefice, l’immagine che le è rimasta impressa nel cuore?
I bambini malati. Quando vedo un bambino in sedia a rotelle, quando vedo un bambino che è ammalato, quando me lo portano perché morirà, questo mi tocca. Quella domanda di Dostoevskij “perché soffrono i bambini?” è un mistero. Ma questo mistero ti avvicina a Dio. Una delle gioie più belle è accarezzare i bambini, a me piace tanto. E accarezzare i vecchi. È curioso. I vecchi sono un messaggio, gli anziani. Accarezzare i vecchi e accarezzare i bambini. La tenerezza dei vecchi e la tenerezza dei bambini.
Una domanda un po’ personale. Siamo nei giorni del suo 86esimo compleanno. C’è qualcuno che dice che l’importante è sentirsi giovane nel cuore, lei si sente giovane?
Io non la penso così, nel senso non mi faccio il pensiero così. Posso dirti che mi sento felice. Il Signore mi accompagna, mi sento pastore, sto facendo la mia vocazione, sono un peccatore. Domani viene il confessore, ogni 15 giorni viene il francescano santo che mi perdona i peccati, ma sono contento perché vedo che il Signore mi aiuta ad andare avanti.
C’è un segno che forse può dare speranza anche quest’anno: il presepe, la nascita di Gesù, che fu realizzato per la prima volta da San Francesco a Greccio. Lei ha scritto anche una lettera, l’Admirabile signum, che parla dell’importanza del presepe nelle famiglie. Mi viene da chiedere come immaginava lei da bambino la nascita di Gesù e se a casa facevate il presepe.
Sì, si faceva sempre con le statuine di gesso. Semplice. E poi si preparava bene, si metteva anche un po’ di erba per i cammelli dei Re Magi. La cosa più bella era dopo la messa, che in quel tempo si svolgeva a mezzanotte - adesso si fa alle 9 per comodità - era andare a mettere il Bambino perché era nato. Una cosa molto semplice, noi eravamo una famiglia molto semplice, non eravamo ricchi. Il lavoro del papà era un buon lavoro, ma punto. Ma c’era sempre il piccolo presepe di famiglia. Il Natale per noi era il presepe, non l’albero, è curioso: da noi non era abitudine fare l’albero a casa. Facevamo il presepe…
È un segno di speranza e c’è questo Bambinello che arriva da Betlemme, lo ha portato un frate passionista. Affidiamo tutto a lui, lì dove tutto è cominciato, a Betlemme. Possiamo dire che questo Bambinello racchiude un po’ tutte le speranze del mondo. Quindi mi chiedevo se con questo Bambinello tra le mani ha voglia di lasciare un messaggio per questo Natale a chi ci sta ascoltando…
Io dirò a tutti, a ognuno: guardate il Bambino, guardate la stella. Un bambino in più è una speranza. Lui ha portato la speranza, ma è nato così: povero, perseguitato, è dovuto fuggire. Un Bambino senza la stella non va, una stella senza il Bambino non va. Ambedue sono il messaggio del Natale oggi. Io a ognuno di voi che ascolta vorrei chiedere che il Signore vi dia la tenerezza di un bambino, che noi non perdiamo la tenerezza umana, di aiutarci e che vi dia la luce della stella. Se tu guardi la stella sai dove è la strada, come i Magi. Se tu guardi il Bambino sai come devi sentire il tuo cuore. Questo è il mio messaggio. Ognuno di voi, caro e cara, guarda il bambino e guarda la stella. Guardando il bambino, vi auguro un buon e santo Natale. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Grazie.
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