Quando si nomina il Qatar il pensiero non può andare al mondiale ancora in corso. E in effetti anche l'indagine condotta a Bruxelles e che ha visto l'arresto di quattro italiani e della vice presidente del parlamento europeo, ha in qualche modo a che fare con il torneo iridato.
Il tentativo di Doha di condizionare i giudizi europei
L'indagine, come spiegato su IlDomani, è partita questa estate. E i fari, poco dopo, sono stati puntati su una risoluzione votata dal parlamento europeo alla viglia dell'inizio dei mondiali in cui, tra le altre cose, veniva espressa soddisfazione per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori in Qatar. Nel documento, in particolare, come sottolineato sempre dal quotidiano, veniva fatto notare che il Paese mediorientale in vista dei mondiali aveva fatto passi avanti nella gestione del mercato del lavoro.
Probabilmente agli inquirenti belgi questa dichiarazioni è risultata “sospetta”. Se è vero infatti che il governo di Doha negli ultimi anni ha approvato molte riforme che hanno introdotto il salario minimo e hanno abolito la kafala, una vera e propria forma di schiavitù moderna, è altrettanto vero che molte organizzazioni internazionali hanno espresso dubbi sulle condizioni dei lavoratori.
In poche parole, a Bruxelles hanno voluto verificare, in base all'indagine già aperta e ai sospetti che aleggiavano su alcuni eurodeputati, se quella mozione era frutto di mere considerazioni politiche oppure se c'era dell'altro.
Tra i firmatari del documento spiccava anche il nome dell'europarlamentare italiano Andrea Cozzolino, del Partito Democratico e iscritto quindi al gruppo Socialisti e Democratici. Lui non è tra gli indagati, ma ha un ruolo molto importante nell'inchiesta un suo assistente, Francesco Giorgi. Quest'ultimo è il compagno di Eva Kaili, la vicepresidente del parlamento europeo.
Sia Giorgi che Kaili sono indagati, con la parlamentare greca posta anche in stato di fermo. Nella propria abitazione i poliziotti hanno trovato valigie piene di banconote. Una prova scottante secondo gli inquirenti. Quei soldi le sarebbero stati girati dal Qatar e per l'accusa l'obiettivo degli emissari di Doha era quello di condizionare i giudizi sul Paese da parte delle istituzioni europee.
Il contesto, secondo gli investigatori, sarebbe molto chiaro: il Qatar, sotto pressione per la cattiva nomea mediatica in vista dei mondiali, ha provato a sfruttare soldi e agganci per condizionare in positivo la propria immagine.
Eva Kaili è stata sospesa dal gruppo Socialisti e Democratici del parlamento europeo e, inoltre, è stata espulsa dal Pasok, il partito greco a cui apparteneva fino a pochi giorni fa. È stato arrestato anche il padre, raggiunto dai poliziotti mentre tentava di lasciare la propria abitazione.
Gli inquirenti vogliono anche fare luce sulle 600mila Euro in contanti trovati nell'abitazione di un altro esponente politico, questa volta italiano. Si tratta di Antonio Panzeri, ex eurodeputato del Pd e di Articolo 1, sospeso nelle scorse ore dal partito. Panzeri è sospettato di avere ottimi rapporti con il Qatar e quei soldi potrebbero essere frutto di corruzione. Nella scorsa legislatura, l'ex eurodeputato aveva come collaboratore proprio Francesco Giorgi. Secondo la procura belga, moglie e figlia dell'indagato erano al corrente della situazione. I sospetti aleggiano in queste ore anche su Luca Visentini, per diverso tempo a capo dei sindacati europei.
Corruzione e non “semplice” attività di lobbying
Quella messa in moto dal Qatar, almeno stando a quanto fatto trapelare dagli inquirenti, non sarebbe stata un'attività di promozione o di lobbying. Al contrario, “Il paese del Golfo – si legge nelle carte della procura di Bruxelles – avrebbe cercato di influenzare più personalità versando ingenti somme di denaro o offrendo regali di grande entità a terzi che ricoprono posizioni politiche o strategiche di rilievo all'interno del parlamento europeo”.
Un quadro quindi piuttosto grave, in cui emissari vicini a Doha si sarebbero mossi per influenzare, sotto la promessa di importanti somme, l'attività politica del parlamento europeo. Non si è quindi all'interno di una “zona grigia”, ma in un territorio dove la corruzione e i tentativi di corruzione, secondo gli inquirenti, sarebbero elementi palesi e lampanti. Per la procura di Bruxelles, il giudizio di alcuni deputati sarebbe stato letteralmente comprato in cambio di soldi e favori.
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