TRATTATIVA AVANZATA PER IL GIORNALE ‒ Sembra confermata la cessione de Il Giornale al gruppo Angelucci che già possiede Libero e Il Tempo. I giornalisti del Giornale, in seguito alle indiscrezioni di stampa e a un incontro con i vertici aziendali, «prendono atto della trattativa avanzata per la cessione della società e della testata e ricordando all’attuale proprietà che i redattori hanno affrontato, a partire dal 2019, enormi sacrifici – in forma di contratti di solidarietà, cassa integrazione, prepensionamenti e incentivi all’uscita – pur continuando a fornire al lettore un’informazione costante, il più possibile puntuale e sempre sostenuta da quello spirito liberale e libertario che contraddistingue la nostra testata, che si fa vanto di essere da sempre fuori dal coro».
ANCHE IL WASHINGTON POST LICENZIA ‒ La scorsa settimana avevamo scritto del primo sciopero al New York Times. Ora si parla di licenziamenti al Washington Post. Quanti? Il numero ancora non si conosce (si parla di 250 persone) ma certo non saranno pochi considerato che ci lavorano 1.000 persone. Di proprietà di Jeff Bezos, che lo acquistò nel 2013 per 250 milioni di dollari, il giornale vincitore di premi Pulitzer da mesi non naviga in buone acque.
IL PAPA SCEGLIE CANALE 5 ‒ Per la terza volta, papa Francesco ha scelto Canale 5 per il suo messaggio natalizio. Domenica scorsa 18 dicembre è infatti andato in onda, alle 20,35, “Il Natale che vorrei” che ha toccato i temi d’attualità più importanti. A dialogare con il papa, il vaticanista Fabio Marchese Ragona.
LICENZIATO DIRETTORE DE L’ESPRESSO ‒ È durata poco la liason fra l’editore de L’Espresso, Danilo Iervolino e il direttore Lirio Abbate, giornalista di valore che avrebbe dovuto lanciare il settimanale. Era direttore dallo scorso marzo e dal 2009 lavorava per l’Espresso. Perché l’ex proprietario dell’università telematica Pegaso e della Salernitana ha licenziato Abbate? L’11 dicembre scorso l’Espresso era uscito con un’inchiesta dal titolo “Chi guadagna sui disastri”. Un’inchiesta che riguardava coloro che stanno distruggendo l’Amazzonia col fuoco e i loro finanziatori. Fra questi il settimanale faceva il nome della società Cnh che è di proprietà della Exor di John Elkan, proprietario Gedi ed ex proprietario dell’Espresso. Sarà un caso ma l’Espresso, sino al maggio 2023, sarà venduto assieme a Repubblica ogni domenica. Abbate è stato sostituito da Alessandro Mauro Rossi, direttore di Forbes Italia e direttore editoriale del gruppo Bfc Media editore de l’Espresso specializzato nella fornitura d’informazioni e prodotti finanziari per i piccoli investitori. Lirio Abbate manterrà la carica di caporedattore.
REPUBBLICA CAMBIA ‒ John Elkann in una recente visita a Repubblica aveva affermato «Less is more». In inglese, ovviamente. Tradotto suona come «Meno è più». Detto fatto, Repubblica cambia radicalmente. Sino a ora gli avvenimenti si pubblicavano prima sulla carta e subito dopo sul web. Ora sarà il contrario. I migliori pezzi andranno prima sul web e l’indomani sulla carta. Questo è il piano illustrato al Cdr. Ci saranno due turni di lavoro: 8-15 e 15-22. Chi lavora il pomeriggio, fino alle 18 si occuperà del sito e solo dopo due o tre deskisti si staccheranno per chiudere le pagine di carta. Insomma, sempre meno giornalisti-giornalisti e sempre più impiegati-giornalisti. L’obiettivo di diffusione del giornale di carta è quello di non perdere più della media del mercato. Nella pratica il 9-10 per cento. Il Cdr ha risposto che ora Repubblica perde più di tutti gli altri: meno 17% a ottobre.
NICOLA RAO DIRETTORE DEL TG2 ‒ Via libera dal Cda Rai alla nomina di Nicola Rao, classe 1962, alla direzione del Tg2. Ha riportato quattro voti favorevoli (l’ad Fuertos, la presidente Marinella Soldi, i consiglieri Simona Agnes e Igor De Biasio) e tre contrari, Francesca Bria e Alessandro di Majo consiglieri espressi da Pd e Ms5 e Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti Rai. Rao era vicedirettore del Tg1 ed è in quota Fratelli d’Italia.
2022 NEGATIVO PER I GIORNALISTI ‒ Anno particolarmente negativo per i giornalisti nel mondo. Secondo i dati di Reporter senza frontiere, negli ultimi 12 mesi il numero di reporter incarcerati nel mondo ha raggiunto un nuovo record, salendo a 533, una quarantina in più rispetto al 2021 (488), quando era già un livello storico. Più della metà dei giornalisti detenuti nel mondo si trova in cinque paesi: Cina (110, in leggero calo sul 2021), Birmania (62), Iran (47), Vietnam (39) e Bielorussia (31). Poco più di un terzo dei giornalisti detenuti è stato condannato, mentre gli altri (63,6%) sono in carcere senza essere stati giudicati. L’Iran è l’unico Paese che non faceva parte di questa “lista nera” lo scorso anno, sottolinea l’ong. Dall’inizio delle proteste scoppiate a inizio settembre, Teheran ha infatti imprigionato un numero di professionisti dei media “senza precedenti”. Trentaquattro nuovi giornalisti si sono aggiunti ai 13 che erano già stati rinchiusi in carcere. Circa 70 giornalisti iraniani sarebbero stati arrestati dall’inizio delle proteste antigovernative innescate lo scorso settembre dalla morte di Mahsa Amini. Da segnalare, il numero senza precedenti di giornaliste incarcerate: sono 78 (rispetto alle 60 dell’anno scorso). Tra i giornalisti uccisi, la guerra in Ucraina è una delle cause dell’aumento delle vittime. Otto sono i reporter che hanno perso la vita mentre seguivano l’aggressione militare russa, mentre la metà dei 57 giornalisti uccisi ha perso la vita in Sud America, undici in Messico. Sono inoltre 65 i giornalisti ancora in ostaggio nel mondo. Tra loro c’è il giornalista francese Olivier Dubois, da 20 mesi in mano di un gruppo terroristico affiliato ad al-Qaeda, il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani.
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