Sono sempre sorpreso quando leggo di omaggi, commemorazioni di un musicista scomparso, come è il caso di Fausto Razzi - scomparso esattamente un mese fa, 19 novembre all'età di 90 anni, la cui notizia ho appreso casualmente solo l'altro ieri - al quale 'Nuova Consonanza' dedica oggi un concerto e un ricordo, convocando persone che l'hanno frequentato in un modo o nell'altro ed in varie circostanze, se a promuovere quelle commemorazioni, ad organizzare quegli omaggi post mortem, sono persone o istituzioni che con quel musicista non hanno avuto buoni rapporti, o, se li hanno avuti, erano molto turbolenti, se non addirittura traumatici.
Fausto Razzi, per lunghi periodi, alternati ad altri lunghi altrettanto in cui i nostri rapporti si sono diradati e qualche volta interrotti traumaticamente, l'ho frequentato e conosciuto bene. L'ho incontrato tante volte a cena, in quelle serate che Orietta, sua moglie, organizzava mettendo intorno ad un tavolo persone di varia estrazione e competenza ma sempre interessanti da ascoltare e con cui parlare, letterati, artisti, studiosi, musicisti (questi ultimi in verità rari).
I periodi in cui i miei rapporti con Fausto si sono interrotti, erano dovuti in massima parte, a quella sua 'innocente intransigenza' alla quale molti suoi conoscenti hanno accennato all'indomani della sua scomparsa.
Fausto, è stato messo, non troppo signorilmente, da parte da qualcuno - e fra questi 'qualcuno', senza timore di sbagliarmi ci metto anche Nuova Consonanza, che Lui con altri musicisti aveva fondato molti anni fa, a fasi alterne; ma soprattutto da Michele dall'Ongaro, quando era il ras di Radio 3 per la musica, che lo aveva del tutto ostracizzato dalle trasmissioni di musica contemporanea che egli amministrava da solo, senza nessun controllo altrui, tenendo ben presente i benefici che potevano derivargli da certe presenze.
E del resto - noi lo abbiamo scritto tante volte; ci siamo beccati da lui per questo una querela, ma il tribunale ci ha assolti senza condizioni riconoscendo che avevamo esercitato con correttezza e rispetto il diritto di critica - le sue successive fortune, fra cui l'approdo al vertice dell'Accademia di Santa Cecilia, dopo essersi fatto eleggere membro di quel consesso, affondano in quella gestione troppo personale e per nulla disinteressata saldissime radici.
Le musiche di Fausto Razzi, sotto la gestione del 'ras' dall'Ongaro, non sono state mai trasmesse da Radio 3. E le esecuzioni che, comunque, Fausto ha avuto nel corso degli anni le deve alla amicizia ed alla stima di Luigi Pestalozza, con il quale condivideva la fede politica 'di sinistra'; o di qualche festival, come quello di Civita Castellana, diretto da Galadini (che è uno degli invitati a parlare di lui questa sera).
Dicevo del rapporto intenso avuto con Fausto per molti anni, avviato con la mia direzione di Piano Time, per il quale egli scrisse un brano per pianoforte, intitolato Per piano, (conservo il prezioso originale manoscritto) datato 1983, che tanta fortuna esecutiva e discografica ha avuto ed ha tuttora.
Non so dire come ci siamo conosciuti, nè la memoria mi aiuta, perchè a pensarci bene Fausto mi pare di averlo conosciuto da sempre. Il nostro rapporto è durato, a fasi alterne come dicevo, fino a cinque-sei anni fa circa. E negli ultimi anni di frequentazione si è come consolidato, a causa delle tante discussioni sempre approfondite che facevo sulla musica con lui che aveva avuto nella sua vita a che fare con la sua musica ma anche con quella, soprattutto vocale, del lontano passato, dalla quale egli ha sempre tratto alimento, non in termini di semplice rielaborazione.
Le sue esperienze - all'interno dell'associazione del 'Teatro di Villa Torlonia', fondata con Zurletti e Gabriele Ferro - restano memorabili: dal San t'Alessio di Stefano Landi che vedemmo al glorioso Teatro Valle, oggi colpevolmente chiuso, alla Rappresentazione e di anima e di corpo di Emilio de' Cavalieri che egli concertò e diresse a Roma ed a Siena per la Chigiana, con la regia di Sylvano Bussotti. Ma anche e soprattutto le sue esecuzioni di Monteverdi, dei suoi madrigali ( un intero indimenticabile pomeriggio ho passato con lui che concertava la Lettera amorosa, dal VII Libro, Madrigali guerrieri e amorosi ).
Ma poi c'erano gli ascolti, altrettanto indimenticabili, delle sue ultime opere, fra tutte Protocolli, eseguita la prima volta al Goethe Institut di Roma, alla presenza di Edoardo Sanguineti, alla cui poesia anche altre volte aveva attinto il testo-libretto.
Ho detto all'inizio della sua 'innocente intransigenza' che fu alla base di alcuni nostri screzi. Fausto Razzi si era isolato, come ho letto questi giorni - diciamo la verità: lo avevano isolato, perchè non aveva nessun potere e neppure poteva offrire merce di scambio - procedeva dritto per la sua sua strada, e difficilmente era disposto ad accettare compromessi, salvo quelli quotidiani cui nessuno di noi può sottarsi, senza perdere la faccia.
A me che ero della sua stessa pasta, Fausto, non contento di quel che già facevo ed ho sempre fatto, faceva forza perchè assumessi posizioni ancora più dure, benché giustificate. Ma oltre un certo limite non si poteva materialmente andare. Io a giustificarmi, lui ad insistere, fino alla rottura - diverse ve ne sono state negli anni, poi sempre ricomposte.
I miei rapporti con Fausto si sono intensificati negli anni in cui ho diretto Music@, il bimestrale edito dal Conservatorio dell'Aquila, che lui una cinquantina di anni fa aveva fondato assieme ad altri valenti musicisti.
Nell'ultimo numero della rivista, da me diretta, e che l'idiozia del direttore del Conservatorio dell'epoca non fece uscire, benché pronta per la stampa (ma io, a mie spese, ne feci stampare alcune copie; e chi desiderasse sfogliarla la trova in questo medesimo blog), Fausto aveva tracciato un ritratto di Goffredo Petrassi, suo veneratissimo maestro; in altri precedenti numeri aveva scritto dell'Inno nazionale italiano, della nascita del Conservatorio; ed io per meritata riconoscenza avevo ripubblicato l'intervista che Sanguineti gli fece per la Nuova Rivista Musicale; e in occasione dei suoi ottant'anni, nel 2012, ripubblicai, allegandola alla medesima rivista, un sua composizione inedita, dedicata e destinata al Conservatorio aquilano, scritta nel 1970, intitolata Tre pezzi didattici, per il Conservatorio 'Alfredo Casella, con i quali egli tentò di avvicinare da subito gli studenti del Conservatorio, quale che fosse lo strumento di studio, alla musica di oggi. Era l'ennesima dimostrazione, non recente, della sua fede incrollabile nella musica di ogni tempo, di ogni età.
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