Anche Elena Gianini Belotti entrò a far parte della grande famiglia di PIANO TIME, negli anni del suo fortunatissimo 'Dalla parte delle bambine'. Per qualche tempo ci frequentammo, dopo che ce l'aveva presentata la moglie di Francesco Pennisi, Laura, psicologa; ed anche a Lei chiedemmo di scrivere per la seguitissima rubrica della rivista intitolata CARO PIANOFORTE. Ecco il testo:
Caro Pianoforte,
è fuor di dubbio che gli strumenti musicali abbiano un sesso. Il pianoforte, a dispetto del suo sonoro nome maschile, è uno strumento femminile: nella scala di genere, si colloca a debita distanza da strumenti considerati debitamente maschili, come la tromba, il sassofono e l'oboe; a distanza ridotta da strumenti dal sesso meno definito, diciamo androgino, come la viola o il violino. Ma viene di sicuro pria di uno strumento dalla femminilità esasperata come l'arpa. come gli strumenti musicali, anche le professioni hanno un sesso ,il cui confine passa fra quelle tecniche e scientifiche, a carattere maschile e quelle 'umanistiche' a carattere femminile, divisione che riflette quella più generale per cui all'uomo è assegnato il produrre e alla donna il prendersi cura di chi produce, all'uomo l'zione alla donna l'espressione.
Eppure nonostante il sesso femminile del pianoforte, nonostante le classi di pianoforte dei conservatori siano affollate di ragazzine, i grandi esecutori restano tuttora uomini. Questo fenomeno si verifica in molti altri mestieri; per esempio, nonostante le donne cucinino milioni di pasti in milioni di cucine, i grandi cuochi, cioè colo che del cucinare hanno fatto un'arte prestigiosa e remunerativa, sono uomini e non c'è da meravigliarsene.
Significa che la stessa attività che per le donne rappresenta la dilettantesca e privata routine quotidiana, per gli uomini assurge a professionalità di pubblica risonanza: alle donne il privato, agli uomini il pubblico. Allora c'è da chiedersi: che fine fanno le moltitudini di ragazzine che studiano pianoforte? Forse ancora oggi la stessa fine che è toccata alle moltitudini di ragazzine del passato?
Nella storia remota e recente del pianoforte c' un esercito di bambine di buona famiglia, docili, diligenti, compute, che hanno dedicato per anni le proprie energie agli impervi misteri della tastiera. Lo scopo di tanta ostinata perseveranza non era certo quello di raggiungere la gloria e il successo, ambedue severamente interdette alla fanciulle perbene, ma quello ben più modesto di aggiungere alle desiderabili qualità muliebri quali le belle maniere, il saggio governo della casa e la buona conversazione, quella preziosa di rallegrare l'altrui esistenza con la squisita arte della musica.
Qualunque romanzo ottocentesco descrive quei salotti con pianoforte, su cui esangui fanciulle eseguono arie romantiche per il godimento degli astanti che mormorano lusinghieri complimenti. Il patto che le manteneva nei limiti di un amabile dilettantismo domestico includeva il divieto severissimo di dar corso alle eventuali ambizioni di successo e di gloria, per limitarsi a sviluppare un patrimonio di gradevolezza che le rendesse desiderabili come mogli.
Brave abbastanza da non far sbadigliare di noia l'uditorio, sagge abbastanza da non oltrepassare quel limite di dedizione alla propria arte oltre il quale c'è la passione assoluta che solo agli uomini è concessa, attente a non cadere in una sgradevole pedanteria, a non lasciarsi travolgere dal talento (quando c'era) che induce a riprovevoli eccessi e che può facilmente sconfinare nella stravaganza e nella eccentricità. Un equilibrio da funamboli, sorvegliato da severi controllori, affinché non degenerasse in pericolose devianze.
Mi chiedo quanti autentici talenti covassero, compressi e repressi, in questo esercito di dilettanti, quanta fatica e quanta perseveranza siano state necessarie per soffocarli, quanti siano stati irrimediabilmente perduti a causa dell'obbligo sociale di contenerli nei limiti consentiti. C'è un prezzo negativo che si paga per ridurre i propri talenti alla dimensione consentita dalle norme sociali, ed è il prezzo delle delusione, dell'insoddisfazione, della frustrazione.
C'è invece un prezzo positivo che si paga per sviluppare i propri talenti, un prezzo di fatica, di disciplina, di dedizione che trova il proprio compenso nel risultato stesso che fatica, disciplina e dedizione consentono di raggiungere. Ma per essere in condizioni di pagare questo prezzo positivo, è necessario che la meta ambiziosa che ci si prefigge sia sostenuta non solo dalla propria determinazione, ma dall'apprezzamento, dall'incoraggiamento, dalle aspettative degli altri.
Forse c'è tuttora troppa indifferenza per lo sperpero dei talenti femminili, ed è perciò che lo sperpero continua.
Elena Gianini Belotti
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