Ascoltando il brano dal Requiem di Giuseppe Verdi con cui si è aperto il Concerto di Capodanno 2020 dalla Fenice di Venezia, ci è venuto spontaneo commentarlo proseguendo l'invocazione della stessa Messa da requiem di Verdi: Lux rationis, luceat eis (Chung, Ortombina), Domine.
Perchè c'è davvero bisogno che la ragione illumini per il futuro le menti dei due responsabili di quella scelta assolutamente inopportuna, sciagurata - per i cattivi presagi che porterebbe con sè - e che nessuna tragedia riesce a giustificarne la presenza, in apertura, di un Concerto che profuma di festa, gioia ed augurio.
L'Acqua alta a Venezia l'abbiamo vissuta anche noi, nei dieci anni che ci siamo occupati con passione di confezionare il programma di quel concerto, per fortuna mai alta come nello scorso 12 novembre, quasi due mesi fa, quando ha raggiunto i 187 cm sopra il livello del mare (che comunque non ha nulla a che vedere con la famosa 'aquagranda' del gennaio 1966 quando raggiunse i 194 cm. sopra il livello del mare), ma mai avremmo consentito che il Concerto del Primo dell'anno si aprisse con un brano dal Requiem di chicchessia. Perchè il Requiem rimanda ad un funerale, e, per fortuna, nel caso specifico nessun funerale c'è stato.
E allora, perchè? Cosa ha spinto Chung ad accettare ed Ortombina a proporre - fors'anche viceversa - quel brano? La convinzione di essere originali? O la volontà di chiamare a raccolta tutti per rimediare ai danni, che pur ci sono stati, nel teatro (sistema elettrico e di condizionamento, danneggiati per circa 3 milioni di Euro, come ha elemosinato Ortombina)? Non bastava un avviso, od un semplice cartello, come poi è stato mostrato, per la raccolta fondi?
Il dramma è che quando non c'è nessuno che costringa a ragionare persone che hanno una certa responsabilità ma che sono
momentaneamente confuse per effetto di un colpo di sole, può accadere ciò che è accaduto: aprire un concerto di inizio d'anno con un Requiem.
La scelta ha creato imbarazzo anche nell'estensore, retribuito, delle note di sala, il giornalista della Stampa di Torino, Alberto Mattioli, il quale, ovviamente, non sapendo cosa dire di quel Requiem assurdo ed inopportuno, e dell'intera serie di brani da 'piagne' - come si dice a Roma, non sappiamo come a Torino o Venezia' - avrà chiesto ed ottenuto di mantenersi sulle generali, tracciando un profilo del melodramma nella storia e nella società dell'Ottocento e di oggi. Dubitiamo che scrivendo del concerto sul suo giornale domani accennerà a quella scelta assolutamente fuori luogo e al programma che era esso stesso l'accompagnamento di un funerale.
La Fenice lo bacchetterebbe!
Non è un caso che nella gestione del Concerto affidata interamente a Ortombina - da quando noi abbiamo lasciato la 'consulenza artistica al programma' già da alcuni anni - non vi appaiano quasi mai, anzi mai, Rossini, o Donizetti ed altri che forse metterebbero un pò di buonumore con la loro musica. Mai.
Aggiungiamo anche che a Ortombina fa fatica cercare ogni anno un direttore diverso (come accadeva ai bei tempi nostri), e, di conseguenza, anche sotto questo aspetto il concerto sembra essere piombato nella routine: da tre anni lo dirige Chung che forse lo farà anche per gli anni a venire.
E che, sempre Ortombina, non riesce a calcolare con una certa precisione le durate dei singoli brani in programma. Oggi lo ha dimostrato eloquentemente. Il programma è terminato una decina di minuti prima del previsto, al punto che il povero speaker Roberto Chevalier è stato costretto a chiacchierare 'a braccio' per allungare il brodo e coprire anche gli applausi seguiti al 'Brindisi' che non erano così entusiasti come ci si sarebbe aspettato: e poi consigliare a Chung di mettere bocca con ovvie banalità: "viva l'Italia, viva Venezia, viva La Fenice" e finalmente terminare bissando il 'Brindisi' della Traviata, quasi ad applausi spenti.
Una novità, anzi due, per amor di verità, sono intervenute nel Concerto della Fenice, dopo che l'abbiamo lasciato nelle mani di Ortombina. La prima è che i balletti sono decisamente migliori di quelli dei nostri anni ( sui quali, però, le decisioni non erano di nostra competenza); la seconda è che Ortombina, per dimostrare, anche a noi, che ora comanda lui, ha interrotto la sequenza degli ultimi due brani del Concerto (Va pensiero e Brindisi da Traviata) che noi avevamo introdotto, imposto e fatti diventare tradizionali 'pezzi d'obbligo' mettendoci fra i due 'Padre augusto', da Turandot. Una trovata da oscar: cambiare ciò che funzionava alla perfezione!
Abbiamo detto del povero Roberto Chevalier, voce amica e storica del 'Concerto di Capodanno'. L'autore dei testi che lui ha letto gli ha fatto spiegare la presenza del Requiem, che era poi l'acqua alta , e di suggerire subito dopo, per il brano di Musetta ( Bohème): 'Quando men vo', l'aggettivo 'festosa' aria, quando festosa non lo è affatto: gli serviva per rompere la cupa atmosfera del Requiem; e poi di commentare il 'Nessun Dorma' pucciniano come il grido della riscossa 'di Venezia' dopo l'acqua alta. Infine, un volo poetico per il celebre coro 'Va pensiero' che a suo parere riflette lo scorrere dell'acqua; ma in questo caso non ha ritenuto di dover specificare quali acque, se quelle del fiume Giordano o quelle della laguna veneziana. Dopo il celebre coro verdiano, a commento di 'Padre Augusto' da Turandot, lo speaker ha dovuto dire che 'amore', che è il nome del principe di Turandot, è il messaggio che il teatro rivolge al mondo per il 2020. Non l'aveva detto papa Francesco da san Pietro, prima del concerto?
La Gazzetta - anzi il Gazzettino, con riferimento al formato, non allo spessore ed attendibilità del giornale veneziano, ambedue altissimi - ha subito commentato: tanti vip al concerto ( Casellati, Foa, Brugnaro : che colpo!) che si è aperto con l'Inno nazionale (quando mai) e con Chung sul podio per la seconda volta ( mentre è già la terza)... E' evidente che il sole di queste ultime settimane ha picchiato duro a Venezia, per aver mandato fuori di senno oltre i dirigenti della Fenice, anche i cronisti del Gazzettino.
Un' ultima cosa ci resta da dire. Vogliamo vedere se i giornali domani accenneranno a queste anomalie, quegli stessi giornali che anni fa non sapevano più a cosa aggrapparsi per criticare le nostre scelte, risultate invece graditissime al pubblico, e soprattutto che rispecchiavano l'atmosfera di un Concerto di festa, trasmesso in tv all'ora di pranzo.
E infatti qualche ragione c'è se dai circa 4.400.000 telespettatori dei nostri anni, si è scivolati fino ai 3.680.000 circa dell 'ultima edizione
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