domenica 26 gennaio 2020

Giornali, grandi e piccoli ( Corriere della Sera, Il Fatto quotidiano) Ahi,ahi, ahi!

Qualche giorno fa c'è stata all'Opera di Roma la 'prima' di Capuleti e Montecchi  ( e non Montecchi e Capuleti, come ha scritto l'informatissima 'Repubblica' quotidiano), di Vincenzo Bellini.
Attendersi all'indomani una recensione della rappresentazione, in ogni aspetto, è ormai fatica vana.

 Mentre invece, immancabilmente, appare su un giornalone - cronaca romana -  la lunga lista dei vip presenti, dei quali sinceramente a moltissimi dei lettori del giornalone frega nulla!

 La cronista che segue questi grandi avvenimenti, Roberta Petronio, ci dà l'elenco completo di chi c'era e chi no, e di alcuni di essi, Raggi su tutti, ci racconta anche come era vestita, giacchè la sindaca che solitamente veste con completi cosiddetti 'mortaccini' per le 'prime' all'Opera, quando sfila sottobraccio al sovrintendente, veste chic.

 Da tutta la cronaca, e dopo la lunga sfilza di nomi, non abbiamo capito a che spettacolo i vip avessero assistito. Non era infatti neanche una volta e neppure en passant, citata l'opera che si rappresentava.
 Insomma, voleva far capire che  chissenefrega di cosa  rappresentano all'Opera di Roma, conta di più ed unicamente sapere chi c'era andato, pagando il biglietto o invitato.

 Ieri invece, siamo sobbalzati leggendo un trafiletto de Il Fatto Quotidiano. dedicato al gravissimo fatto occorso a Mondovì, dove sulla porta di casa dove aveva abitato una signora deportata a Auschwitz, ed alla quale era stata giustamente intitolata una strada, era comparsa la scritta infame: Juden Hier.

 Conoscevamo già la notizia per averla appresa la sera prima dai telegiornali. Ma leggendo 'Il Fatto' ci ha colpiti il titolo, per noi equivoco: 'Qui ebrei', scritta antisemita dal figlio di una ex deportata'.
Abbiamo subito pensato che 'Il Fatto' avesse avuto informazioni segrete. Quel titolo a noi ha fatto pensare che, secondo il quotidiano di Travaglio, a fare  quella scritta con la classica bomboletta, sulla porta della sua casa, fosse stato chi l'abitava, che era poi il figlio della vittima deportata. Magari per provocare una reazione di indignazione da parte dei cittadini.

 Invece, quel titolo, a nostro parere non chiaro, non diceva che  la scritta  l'aveva messa qualche balordo sulla porta di casa di una deportata defunta, nella quale ora abitava suo figlio.
Anche un titolo può trarre in inganno se non è chiaro e inequivocabile.

Nessun commento:

Posta un commento