E’
almeno un decennio che nei giornali ci interroghiamo su quale sia la
formula del successo nell’era digitale. E’ una partita complicata
almeno da due fattori: il primo è che il mercato della pubblicità
online è in gran parte appannaggio di Facebook e Google, che
lasciano a tutti gli altri risorse insufficienti a sostenere i costi;
il secondo è la lunga crisi, forse non inarrestabile sotto una certa
soglia, delle copie cartacee. L’impressione è che si proceda a
tentoni, per tentativi, in cerca della soluzione. Ma non si può dire
che si proceda in ordine sparso. Il minimo comun denominatore, anzi,
il punto di partenza, sembra essere il contenimento dei costi. La
riduzione dei giornalisti. Accompagnata da un aumento della
produttività, misurata soltanto in termini di articoli pubblicati.
Con le nuove tecnologie, è il ragionamento diffuso, una persona può
confezionare molti più articoli di prima. Più articoli, più clic,
più utenti unici e più guadagni. Sembra sensato, anche se finora
nessuno può dire di essersi salvato in questo modo. Oppure lo ha
fatto a detrimento della qualità.
In
questo scenario, oggettivamente complicato e che non riguarda solo il
giornalismo ma anche la democrazia che, come è noto, vive solo se i
cittadini sono informati, il 20 gennaio il direttore di Le Monde Luc
Bronner ha fatto un tweet che sembra autorizzare un capovolgimento di
schema, che sembra dirci non solo che per salvare il giornalismo
un’altra strada è possibile, ma addirittura che quella che
pensavamo fosse l’unica soluzione potrebbe rivelarsi una condanna.
Scrive Luc Bronner che fra il 2018 e il 2019 Le Monde ha ridotto del
14 per cento il numero degli articoli (addirittura del 25 per cento
nei due anni); e che nel frattempo i giornalisti sono aumentati, oggi
sono più di 500 e hanno più tempo per fare inchieste. Il risultato
che è il numero di utenti sul web e sulla carta è aumentato,
dell’11 per cento in ciascun settore. Più giornalisti meno
articoli uguale più lettori. Sembra una formula senza senso, se non
quello di garantire più occupazione: una sorta di “lavorare meno
lavorare tutti”. Ma non è questo il punto. Si tratta di una
formula controintuitiva perché c’è una variabile nascosta che la
rende comprensibile: la qualità del giornalismo. Più giornalisti,
meno articoli uguale più qualità e quindi più lettori.
Il
caso di Le Monde (che non è isolato ma è emblematico per il
prestigio del quotidiano francese), sembra dirci che con il web
affollato di notizie postate in fretta, scritte in maniera scadente,
sciatta, e a volte volutamente fasulle, c’è un pubblico disposto a
pagare per un prodotto unico, di qualità, con una forte identità e
affidabilità. In fondo, milioni di persone pagano ogni mese
l’abbonamento a Netflix o a Spotify: nessuno pagherebbe per vedere
i video di TikTok e non paghiamo per quelli di YouTube.
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