L'altra sera, a notte inoltrata, dopo l'una, è andato in onda uno 'speciale' del TG di Canale 5 dedicato interamente a Riccardo Muti che nei prossimi giorni farà una breve tournée in Italia, a capo della sua orchestra americana di Chicago, toccando città e istituzioni che fanno parte, le une e le altre, di quelle che uno si porta nel cuore, pur con i dolori: Napoli, Firenze, Milano. A Napoli si era formato; a Firenze aveva ottenuto il suo primo incarico importante, dopo la vittoria del 'Cantelli'; Milano, finito certamente male, ma dove ha vissuto un ventennio circa della sua vita, con alterne vicende, e le ultime certo non belle.
Corredavano l'intervista di Cesara Bonamici molti filmati musicali, quasi tutti con Muti a capo della sua orchestra italiana, la 'Cherubini' alla quale ha dichiarato di volersi sempre più dedicare, anche quando lascerà l'incarico a Chicago, ed avrà passato gli ottant'anni.
Naturalmente molte delle cose dette da Muti le conoscevamo già. E, del resto, alle solite domande si risponde con le solite risposte.
Qualche particolare in più rispetto a ciò che già conoscevamo, anche nei minimi particolari. Come il ricordo del suo passaggio dalla classe di pianoforte a quella di composizione e direzione a Napoli, e poi quella foto del suo primo concerto a Molfetta, nel Seminario pontificio, dove suo padre esercitava la professione medica e dove di lì a poco saremmo andati a studiare anche noi.
Ci ha incuriositi il fatto che nella intervista alla Bonamici Muti esprimesse idee e concetti simili - troppo simili, addirittura con le stesse parole - a quelli che il giorno prima avevamo letto in una intervista su Repubblica , rilasciata a Leonetta Bentivoglio. Così simili che c'è venuto di pensare - cosa però improbabile (?) - che i due incontri, giornalistico e televisivo, fossero avvenuti contemporaneamente, per cui la giornalista di Repubblica avesse annotato ciò che Muti diceva alla Bonamici.
Ma ciò che più di ogni altra cosa ci ha colpiti anzi feriti è stata la banalità di buona parte delle domande che la Bonamici ha rivolto a Muti, il quale con la sua solita verve ed il senso di humor ha anche risposto bellamente. Fra le tante:
-Maestro, che cosa distingue un grande direttore da uno non grande?
-Maestro fra gli allievi della sua 'Accademia' vede qualcuno che possa diventare come Muti?
- Maestro Lei ha diretto tante volte Fratelli d'Italia, lo dirigerà ancora? ( ricordiamo bene? di questa ultima domanda non riusciamo neanche a comprendere il senso).
Che cosa ci ha ferito in particolare? Il fatto che si pensi - sulla scia del pensiero corrente che 'uno vale uno' - che chiunque possa fare qualunque cosa, anche senza capirvi un c...
E la Bonamici ha incarnato, con le sue domande, sceme in buona parte, proprio questo tragico prototipo professionale.
P.S. Ricordate l'incontro con Muti, in Rai, della Raffaella nazionale, nel programma, 'A raccontare comincia tu'? Beh, anche quello era della medesima caratura, con l'aggravante che in quel caso la intervistatrice faceva anche la coprotagonista!
Alla Carrà, come alla Bonamici, e a tutte le altre che in futuro vorranno seguire le loro orme, consigliamo, amichevolmente, di farsi scrivere (o magari suggerire) le domande da uno che ci capisce, non necessariamente incomprensibili o difficili, come malamente fanno i tecnici delle varie materie, ma che comunque sarebbero sempre migliori di quelle sceme.
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