Abbiamo ascoltato questa sera a Radio Tre Suite un concerto registrato lo scorso settembre alle 'Settimane musicali di Ascona', nel quale Andrea Marcon ha diretto la Cetra Baroque Orchestra ( solisti, orchestra e coro) di Basilea in un programma intitolato 'Vespri veneziani', con musiche di Monteverdi, Merulo, Giovanni Gabrieli, Usper e Grandi, fior da fiore da diverse raccolte musicali di questi autori, a partire da quella più famosa di tutte del 1610 del divino Claudio.
Non vogliamo impartire lezioni a Marcon, che fra l'altro consociamo bene, e di cui apprezziamo la preparazione anche musicologica e la statura di interprete.
Ci preme però fare qualche precisazione in riferimento a ciò che abbiamo ascoltato nell'introduzione a questi Vespri.
E particolarmente alla questione delle 'antifone' che nei Vespri, quale che sia la festività liturgica, precedono e seguono (ripetute) i salmi, la qual cosa si ripete anche per il Magnificat conclusivo.
La ripetizione delle antifone, alla fine dei salmi (cinque) può essere sostituita da un brano strumentale o da un mottetto. Non necessariamente ciò può, o meno ancora deve, accadere per tutti i salmi. Forse era più frequente che, in occasione di una grande festa per i vespri che precedevano la festività e per quelli del giorno di festa, più solenni dei precedenti, il maestro di cappella componesse un nuovo mottetto o l'organista un brano che avessero un qualche appiglio con quella festività e che questo o quello venissero cantati o suonati per sostituire una antifona, magari quella del primo o ultimo salmo o addirittura del Magnificat, a scelta.
Questa usanza riguarda anche la Messa, che ha pure essa un Odinarium ( Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei) ed un Proprium, costituito da antifone ( Introito, Offertorio, Communio). Anche per la Messa, in sostituzione di una antifona cantata, che in quel caso veniva recitata dal celebrante, si poteva far posto ad una nuova composizione, vocale o strumentale, scritta per l'occasione.
Ma la struttura, della Messa come del Vespro deve restare sempre quella, costituita dall'intreccio dell'Ordinarium con il Proprium, qualunque sia la festività.
Nel caso del Vespro poi, in particolare, la celebrazione inizia con la ben nota invocazione 'Deus in adiutorium meum intende' e prosegue con l'alternanza e ripetizione delle antifone , o sostituti di essa nella ripetizione, e i salmi, dopo i quali si canta l'Inno e infine, con la solita regola, antifona e Magnificat.
Marcon fa iniziare questi 'Vespri veneziani' con una 'intonazione' organistica che è fuori luogo, prima del 'Deus in adiutorium,..; e poi fra i salmi propone una antifona o un brano organistico o per più strumenti, senza che mai si ascolti la antifona che deve precedere il salmo.
Marcon ha detto al suo interlocutore, come introduzione dell'esecuzione, che i suoi Vespri 'veneziani' non fanno riferimento specifico a nessuna festività liturgica. E per questo avrebbe messo in fila i cinque salmi, prima e dopo ha fatto ascoltare mottetti o brani strumentali, per l'Inno ha scelto quello del periodo natalizio e poi il Magnificat alla fine del quale ha proposto un
'Cantate domino' monteverdiano 'a sei voci' - ci sembra di ricordare.
A giustificazione di questo proliferare fuori luogo di mottetti e brani strumentali ha addotto la ragione che il Doge aveva chiesto espressamente a Roma tale privilegio di 'anarchia' e che gli era stato concesso, perchè il Doge della Serenissima era più importante e potente del Papa romano.
Se fosse vero dovremmo dire che tutte le chiese che avevano a disposizione una cappella - le più importanti - si comportavano da anarchiche nella pratica liturgica. Il che non è affatto vero, benchè documenti ci rivelano che spesso Roma richiamava la Basilica patriarcale di Venezia a non prendersi troppe licenze nelle celebrazioni liturgiche - le licenze erano proprio quelle cui si riferisce Marcon. Il quale però se ne prende molte di più di quelle a seguito delle quali spesso partivano i richiami di Roma a Venezia.
Il Vespro era quello che era; non si cada nell'equivoco in cui caddero in passato anche musicologi di vaglia che lessero l'aggettivo ' da concerto' monteverdiano del frontespizio della raccolta del 1610, nella quale vi sono anomalie solo apparenti ( abbiamo scritto in passato un lungo saggio sull'argomento, pubblicato poi su Music@), come alternativa a 'liturgico' - come se esistessero vespri 'liturgici' e vespri 'da concerto', alla cui seconda interpretazione siamo stati abituati dalla tradizione concertistica recente, mentre era inconcepibile nel glorioso passato musicale.
Se ci si voleva prendere tutte le libertà che si è preso Marcon - che probabilmente avrà voluto dare un assaggio della ricchezza e varietà del patrimonio della scuola veneziana del Seicento ( non fece la stessa cosa Monteverdi nella famosa storica raccolta del 1610?) poteva eseguire, dichiarandolo, solo l'Ordinarium dei Vespri, per questo incompleti, e poi prendersi al posto del Proprium tutte le licenze che credeva. Ma doveva dirlo, perchè un Vespro non è tale, cioè liturgico, se non rispetta le regole stabilite nella successione/alternanza di antifone e salmi ecc...
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