venerdì 31 gennaio 2020

Novità per gli aspiranti giornalisti. Dal 1 aprile registro dei pubblicisti. Quasi un praticantato

Una specie di patentino, di foglio rosa, questa la novità per chi vorrà cominciare a fare il pubblicista. Lo ha introdotto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Un cambiamento non di poco conto, anche se gli effetti futuri si possono prevedere.
A partire dal prossimo mese di aprile occorrerà fare una domanda all’Ordine regionale, indicando la testata o le testate presso la quale si intende svolgere l’attività, sempre remunerata. L’aspirante giornalista comincerà un itinerario, dovrà seguire corsi di deontologia (pari a 20 crediti formativi) e l’Ordine osserverà il suo lavoro. Avrà la tessera da pubblicista dopo due anni e verrà iscritto all’Albo.
COME UN PRATICANTATO
Un cambio totale, visto che fino a oggi per avere la tessera occorreva documentare di aver pubblicato un certo numero di articoli (60-70, a seconda delle regioni) e dimostrare che erano stati pagati. Non hobby ma prestazione vera e propria. Esisteva solo una certificazione a posteriori, mentre da aprile in poi bisognerà iscriversi in un apposito elenco e l’Ordine valuterà dopo due anni la possibilità di tesserare il candidato. Una specie di praticantato, come avviene per i professionisti, con la differenza che per questi è poi previsto l’esame di Stato.
“E’ l’affermazione della linea riformista del Cnog – commenta il presidente Carlo Verna – che fa seguito all’elaborazione di  una proposta di  riforma complessiva della professione giornalistica che deve essere  esaminata  dal legislatore  e che, con questa freccia in più  al nostro arco, possiamo fondatamente sostenere debba avvenire al più presto”.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE
Alcuni punti appariranno più chiari solo in corsa: si allargherà o si ridurrà la platea dei pubblicisti, che oggi sono cica 70 mila a fronte dei circa 16 mila professionisti? Esisterà una uniformità di giudizio o i singoli Ordini potranno valutare i candidati con propri criteri?
Buono il primo passo, si può dire, perché comunque la nuova impostazione muove dall’idea che anche il pubblicista (che non ha l’obbligo di esclusività, ma può svolgere altri lavori) debba avere una precisa formazione etica. Senza la quale questo mestiere non si può fare. Internet ha cambiato la prospettiva, è vero, ma la consapevolezza di un lavoro così delicato resta indispensabile.
La legge n. 69 del 1963 prevedeva però (articolo 35) che il candidato dovesse corredare la propria domanda con la documentazione del lavoro già svolto. Ora spetta al ministero della Giustizia, cui fanno riferimento gli Ordini professionali, valutare se la nuova disposizione è in linea con la legge e con i regolamenti applicativi. “Però – fa notare il presidente Verna – in Italia vige già da qualche anno, anche per i giornalisti, l’obbligo della formazione continua. Come è possibile che una parte degli iscritti all’Albo non abbia un preparazione deontologica di partenza?”.
Professione reporter

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