Ieri Salini ha fatto le sue proposte per le nomine Rai, attese da tempo e riguardanti le direzioni di reti e generi, lasciando fuori i TG per i quali si attendono le prossime Regionali, per vedere l'effetto che farà la evenuale vittoria del Pd in Emilia Romagna e Calabria.
Intanto le nomine di Salini hanno avuto l'effetto di non spostare affatto l'asse dai Cinquestelle, un tempo maggioranza nel Paese ora solo in Parlamento, verso il loro alleato di governo; ma di favorire FdI della Meloni, il cui partito veleggia a gonfie vele nel paese e nei sondaggi, togliendo spazio anche a Berlusconi, e forse anche a Salvini, benchè di poco.
Salvini non viene toccato - intendiamo il suo potere in Rai non viene toccato- salvo che per la sostituzione di Teresa De Santis da Rai 1, la cui nuova destinazione è da decidere, sotto la pressione forte dell'ormai ex direttrice: "voglio vedere se mi si darà un incarico di pari livello, altrimenti...".
Su tale questione anche in termini generali, l'amministrazione Rai dovrebbe assumere una posizione netta e decisa, che secondo noi potrebbe essere la seguente. Una volta cessato l'incarico di direttore di rete o tg o di genere, il dirigente tornerebbe a fare il lavoro da dirigente, e, perdendo la qualifica di direttore , perderebbe anche l'appannaggio connesso.
La direzione è una funzione che di per sè andrebbe attribuita a dirigenti, prevalentemente interni ma anche esterni, terminata la quale la Rai non dovrebbe essere tenuta a cercare nuovo lavoro di grado pari alla funzione goduta temporaneamente. Insomma l'ex direttore non deve necessariamente essere nuovamente direttore di qualcos'altro.
C'è poi un altro problema che questa tornata di nomine mette in evidenza, con la candidatura di Silvia Calandrelli, già direttore di Rai Cultura, alla direzione di Rai 3, mantenendo quella di Rai Cultura. E il problema nasce dal peso che anche in Rai, come nel governo del nostro paese, si attribuisce al settore della cultura.
Nella formazione dei governi, l'ultimo ministero la cui casella si pensa a riempire, è quella della 'cultura', dando al settore il minimo rilievo possibile. E questo in un paese - lo ripetiamo da sempre e non solo noi, ma nulla cambia - in cui la cultura e ricchissima e diffusa, ed assicura una bella parte delle entrate statali e si prende carico della crescita e dello sviluppo delle persone.
Che Silvia Calandrelli, dacché è direttrice di Rai Cultura, non abbia mai fatto parlare di sè per qualche nuova iniziativa, è ben noto; che poi il PD, che evidentemente sottovaluta il peso della direzione di Rai Cultura, già affidato ad una sua fedelissima, la proponga per una altro incarico 'di risarcimento' da sommare al precedente, è semplicemente vergognoso!
Doppiamente vergognoso, perchè dell'altro candidato a tale direzione, Franco Di Mare, giornalista di lunghissimo corso che avrebbe potuto portare a Rai 3 una ventata di aria nuova, solo perchè in quota Cinquestelle, ma senza dispiacere al PD, come si diceva alla vigilia di tale tornata di nomine, si valuta solo che non è il candidato PD, come lo è Calandrelli, che comunque era già stata a Rai 3. Chi se la ricorda? C'è qualcuno che possa sostenere che del suo passaggio è restata una impronta, come nel caso di Coletta, che perciò viene promosso? Nell'arrembaggio di posti di potere si rischia anche in un settore come quello della Cultura un appiattimento generale, anche in Rai. complice PD e Calandrelli.
Nelle passate settimane il PD fingeva di tacere perchè sperava di aggiudicarsi la nomina di Orfeo alla direzione di qualche telegiornale, nomina avversata dai Cinquestelle, e tenuta a bagnomaria da Salini fino alle prossime Regionali.
Ai nuovi direttori delle reti è stata attribuita anche una qualche direzione dei 'generi', salvo che per alcuni, essendo i 'generi' previsti più numerosi delle reti, ma questo fa già pensare che queste direzioni sovrapposte non pochi casini produrranno in tv, perchè non è chiaro ancora in quale relazione effettivamente staranno i direttori di rete con i direttori dei 'generi'.
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