Oggi solo un quotidiano ha commentato i Concerti di Capodanno da Vienna e Venezia. E' stata La Stampa, con una relazione del 'lagunare' Cappelletto il quale si è affrettato a scriverne a caldo, e prima che fosse reso noto il risultato deludente dell'Auditel.
E, comunque, anche dopo l'Auditel , il suo giudizio sul Concerto non sarebbe cambiato. Spiegarne le ragioni diventa per noi imbarazzante, perciò evitiamo.
Fatto sta che non ha neanche criticato l'idea balzana di aprire il concerto con il 'Sanctus' dal Requiem di Verdi, anzi ha sposato in pieno l'idea, davvero originale, ed ha lodato anche l'iniziativa di mostrare, facendole scorrere sul video, le immagini di Venezia invasa dall'acqua.
Che c'entra allora il Concerto di Capodanno 2020 di Venezia con l'EXPO di Milano del 2015? C'entra e vi spieghiamo perchè.
Se fossimo restati a Venezia (ad occuparci della stesura del programma di detto concerto - i lettori di questo blog sanno cosa vogliamo dire, perchè lo abbiamo scritto già tante volte) certamente non avremmo consentito che quel Requiem comparisse nè come pezzo inaugurale del programma nè nell'intero programma, perché inopportuno, anzi del tutto privo di senso nel contesto del Concerto di Capodanno.
Per il collega de La Stampa, invece, quel pezzo serviva a far capire al mondo che Venezia è in pericolo. E ce lo devono far capire proprio con il Concerto di Capodanno?
Se fossimo restati ancora a Venezia lo avremmo impedito. E lo diciamo a ragion veduta. Perchè la ragione della nostra andata via da Venezia, dove per 10 anni consecutivi avevamo un incarico Rai di 'consulenza artistica' per il Capodanno, relativo proprio al 'programma', fu a causa di un brano che noi non volemmo nel programma del Capodanno 2015.
Per il Capodanno del 2015, anno dell'EXPO milanese, l'allora sovrintendente Cristiano Chiarot aveva commissionato a Giorgio Battistelli un breve brano da mettere all'inizio del programma. Chiarot aveva anche deciso il titolo, EXPO. Quando ci comunicò questo suo accordo con Battistelli gli dicemmo, senza mezzi termini, che il Concerto di Capodanno non poteva aprirsi con qualcosa che, seppur breve, avrebbe spiazzato i telespettatori, e ,parimenti, il pubblico del teatro.
Gli suggerimmo di metterlo ad inizio di concerto, ma di quella parte non trasmessa in tv. La sua risposta fu negativa. E aggiungemmo che quel pezzo non andava bene in nessun posto del programma trasmesso in tv, neppure nel centro.
Chiarot lesse quella nostra posizione dura e ferma come un atto di lesa maestà e cominciò a farci la guerra, al punto che lasciammo Venezia.
Nei 10 anni in cui ci siamo occupati del Concerto abbiamo lottato ogni anno, senza eccezione, per mantenere al Concerto la fisionomia che noi gli avevamo data e mantenuta e difesa, e che ne aveva decretato il successo, facendogli superare da subito anche i buoni ascolti del suo predecessore su Rai 1, Vienna.
Eravamo convinti, prima della rottura definitiva, che Chiarot avrebbe capito e sposato in pieno la nostra posizione. Come aveva fatto tante altre volte precedentemente, quando, in totale accordo con noi, aveva costretto Ortombina ad accettare le nostre proposte che avevano come unica logica, quella di mantenere, anzi aumentare, di anno in anno, il successo del Concerto.
E del resto la logica alla quale ubbidiva la stesura del programma era, per noi, la stessa del Concerto di Vienna: brani brevi, cambi frequenti di atmosfera, senza dimenticare mai che quello è un concerto che cade in un giorno di festa e che la tv lo trasmette all'ora di pranzo. Mentre Venezia, soprattutto quest'anno è sembrato un funerale, e non solo per via del Requiem iniziale.
Idee semplici che, proprio perché tali, sovrintendenti e direttori artistici 'parvenu', faticano a capire.
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