Così riflette oggi sul Fatto Tomaso Montanari, illustrando una vicenda giudiziaria, conclusasi a suo favore, molto simile alla nostra ( IN CALCE il testo dell'articolo incriminato: COMPAGNIA DELLA BUONA RADIO apparso su Music@ a nostra firma e riguardante comportamenti scorretti di Michele dall'Ongaro, promosso, nonostante tutto, e anche a seguito di quei comportamenti, da dirigente Rai a sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia).
Montanari ed il giornale 'Il fatto' furono portati in tribunale da Carandini, il quale in un paio di suoi articoli venne accusato di conflitto di interessi. Il tribunale, fino alla Cassazione, ha sancito che il critico aveva il diritto, come anche il dovere, di scrivere quello che scrisse e Carandini ha perso la causa.
Ma Montanari l'ha vinta davvero?
Ecco come ha commentato l'ultima sentenza a suo favore:
" E' accettabile che avendo evidentemente torto (il Carandini ndr.) - si possano tenere in ostaggio per anni le vite e le finanze di chi, non sempre economicamente capiente, scrive la verità nell'interesse pubblico? E che si possa farlo senza pagare alla fine alcun prezzo, se non quello - sacrosanto - della perdita del processo che finisce per avere ricadute sulla reputazione, ma non sulla tasca di chi ha agito?
E' fin troppo chiara l'urgenza di una legge che ponga fine alla costante pressione su giornalisti e opinionisti attraverso querele pretestuose ed infondate. Che cercano solo di rovesciare il tavolo della verità, per fortuna non riuscendoci quasi mai".
*****
COMPAGNIA DELLA BUONA RADIO (da Music@)
Un tempo, nella benedetta era democristiana, profitti e ricavi radiofonici ( per diritto d’autore, a seguito di trasmissione ) venivano spartiti fra editori secondo percentuali che, seppur discutibili, assicuravano ad autori ed editori il pane e ad alcuni anche il companatico.
Montanari ed il giornale 'Il fatto' furono portati in tribunale da Carandini, il quale in un paio di suoi articoli venne accusato di conflitto di interessi. Il tribunale, fino alla Cassazione, ha sancito che il critico aveva il diritto, come anche il dovere, di scrivere quello che scrisse e Carandini ha perso la causa.
Ma Montanari l'ha vinta davvero?
Ecco come ha commentato l'ultima sentenza a suo favore:
" E' accettabile che avendo evidentemente torto (il Carandini ndr.) - si possano tenere in ostaggio per anni le vite e le finanze di chi, non sempre economicamente capiente, scrive la verità nell'interesse pubblico? E che si possa farlo senza pagare alla fine alcun prezzo, se non quello - sacrosanto - della perdita del processo che finisce per avere ricadute sulla reputazione, ma non sulla tasca di chi ha agito?
E' fin troppo chiara l'urgenza di una legge che ponga fine alla costante pressione su giornalisti e opinionisti attraverso querele pretestuose ed infondate. Che cercano solo di rovesciare il tavolo della verità, per fortuna non riuscendoci quasi mai".
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COMPAGNIA DELLA BUONA RADIO (da Music@)
Un tempo, nella benedetta era democristiana, profitti e ricavi radiofonici ( per diritto d’autore, a seguito di trasmissione ) venivano spartiti fra editori secondo percentuali che, seppur discutibili, assicuravano ad autori ed editori il pane e ad alcuni anche il companatico.
Tale
criterio di distribuzione/divisione fra autori, a seconda del peso
delle rispettive case editrici, riguardava soprattutto la musica
contemporanea: dalle trasmissioni radio, più che da ogni altra
fonte, i compositori traevano mezzi di sussistenza, per via dei
diritti d’autore. Per una esemplificazione approssimativa (ma non
tanto), se a Casa Ricordi apparteneva il 50% delle musiche trasmesse,
alla Sonzogno il 20%, a tutti gli altri il restante 30% ( per essere
chiari: a Curci, Edipan, BMG ecc..). Poi le case editrici, a loro
volta, distribuivano i proventi fra i propri compositori, assicurando
a taluni solo il pane, ad altri anche caviale e champagne, anche se
caviale e champagne se lo potevano permettere pochissimi.
Certo
non si andava tanto per il sottile, nessuno stava lì a discutere
quale opera trasmettere, ma le percentuali grosso modo
venivano rispettate; gli editori le contrattavano
direttamente con la Rai, e le eccezioni dovevano essere compensate in
breve tempo. Non era il migliore dei mondi possibili, ma almeno i
musicisti non venivano solitamente gettati sul lastrico.
Ora
Radio Tre resta ancora l’unico canale radiofonico pagatore, per il
settore classico, ma di regole sembra non ve ne siano più. Qualche
editore è scomparso dalla scena ( Edipan), qualcun altro invece sì
è fatto avanti ( come Rai Trade, omonima casa editrice della
consociata Rai); ma chi decide quale autore trasmettere, lo fa
seguendo criteri a dir poco ‘personali’, comunque di
pubblica inutilità. Ed un compositore, che per puro caso, è
il responsabile della programmazione musicale, primeggia su tutti
quanto a presenze. Leggete di un collegamento da un teatro di
periferia ( geografica, soltanto)? vi domandate il perché , la
risposta potrebbe essere che a breve, toccherà sorbirvi anche
un pezzo da concerto da quel teatro periferico del
compositore/programmatore; c’è un piccolo festival a Radio Tre?
quel festival programma anche un suo pezzo da camera; un grande
festival di musica contemporanea è gratificato da collegamenti
continui? c’è anche una ‘commissione’ per lui ;
collegamenti frequenti da un altro festival intitolato ad un grande
nume del passato che ha per guida un letterato? Ci tocca la
sorpresa di una quelle cose che chiamano ‘melologo’
od opera ‘à la manière de…’ del nostro autore, su
libretto del letterato suddetto; un altro melologo ci tocca anche e
per la medesima ragione, dall’arena più grande del mondo; e il
Prix Italia, ca va sans dire, poteva sottrarsi al battesimo di
un’opera, ‘radiofonica’ naturalmente. del nostro grande
compositore? Anche in un Festival che celebra Sinopoli, dove è
accasata la ciurma di Radio Tre, radiotrasmesso manco a dirlo, c’è
lui, il grande compositore: presenta un’azione scenica in coppia
con un suo assiduo compagno di giochi. Speriamo di essere stati
completi, per lo meno per quel che riguarda gli ultimi tempi; se non
lo siamo stati non ce ne voglia il grande compositore, rimedieremo in
un’altra occasione. In tutti i casi, è ovvio, si tratta di
semplici coincidenze.
Ci
sono, naturalmente, alcune eccezioni. Per esempio, la
musichetta di inizio e fine di quasi tutte le rubriche di Radio Tre
non è del nostro grande compositore, bensì del defunto
Luciano Berio ( più esattamente di Schubert). Ma a Schubert non
andrà una lira, mentre a Berio ed ai suoi eredi un vitalizio, vita
natural durante (degli eredi). A proposito perché non toglie quella
redditizia musichetta e ne mette una sua, il grande compositore?
Titoli
di coda. Abbiamo scritto del Teatro di Cagliari, delle Settimane del
Teatro Olimpico di Vicenza, del Festival di Musica della Biennale,
del Festival Pergolesi di Jesi, dell’Arena di Verona, del Festival
Sinopoli di Taormina; Michele Dall’Ongaro è il nome del celebre
compositore. ( P.A.)”
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Questo
scrivemmo su Music@ (marzo-aprile 2008). Nel settembre dello stesso
anno Michele Dall’Ongaro, ci fece causa (civile) perché si ritenne
diffamato, chiedendoci danni per 100.000 Euro ed altri 30.000 Euro
per danno esistenziale. Nell’atto di citazione, Dall’Ongaro
chiamò in causa anche il Conservatorio 'Casella', in quanto editore
della rivista. Dalla sentenza, appena resa pubblica, riproduciamo
alcuni passaggi cruciali.
Il 27 novembre u.s. il giudice del Tribunale dell’Aquila, dott. Antonella Camilli, ha emesso la seguente sentenza. Per il Conservatorio: ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva per gli effetti dell’art.12 della legge 47/48 e comunque respinge integralmente le domande di parte attrice ( Dall’Ongaro) in quanto infondate in fatto e in diritto”. Per quel che ci riguarda, in quanto direttore di Music@ ed autore del breve ‘foglio d’album’ ( pag.31 di Music@, marzo-aprile 2008) intitolato ‘Compagnia della buona radio’, respinge altresì la citazione in giudizio, perché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata”.
Quanto
alla chiamata in causa del Conservatorio, il giudice dichiara che è
"illegittima, perché la legge ( art.57 della legge sulla
stampa) configura la responsabilità diretta del direttore e
dell’autore, giammai dell’editore che deve, pertanto,
essere dichiarato non legittimato passivamente nel presente
giudizio".
Per
il direttore ed autore del pezzo, il giudice afferma: per quanto
concerne il merito della controversia, si rileva che "da una
attenta lettura dell’articolo di cui a pag.31 della rivista detta,
emerge chiaramente che il diritto di critica è stato
esercitato in modo corretto, in quanto il
convenuto Acquafredda, in qualità di autore nonché di
direttore della richiamata rivista, con l’articolo pubblicato, ha
utilizzato espressioni non denigratorie, lesive dell’onore e della
reputazione dell’attore" (Dall’Ongaro)
Perciò
conclude:
1. Dichiara
il difetto di legittimazione passiva del Conservatorio di Musica;
2. Respinge
la domanda;
3. Condanna
l’attore ( Dall’Ongaro) a rimborsare ai convenuti le spese del
presente giudizio, rispettivamente nella misura complessiva di Euro
2.000,00, oltre accessori per legge previsti, ai sensi del decreto
n.140 del 2012.
L’Aquila 27 novembre 2013. Dott. Antonella Camilli
TROPPO POCO PER DALL'ONGARO CHE da allora, NONOSTANTE ABBIA PERSO LA CAUSA, HA MESSO IN ATTO UNA VENDETTA NEI NOSTRI CONFRONTI, INIBENDOCI - DI FATTO - L'INGRESSO AI CONCERTI DELL'ACCADEMIA DI SANTA CECILIA. ACCADEMIA CHE CON
LA VICENDA NON C'ENTRA AFFATTO ,MA CHE E' DIVENTATA, NELL'AZIONE DI DALL'ONGARO, LO STRUMENTO DELLA VENDETTA.
COME DEFINIRESTE VOI UNO COME DALL'ONGARIO?
NOI SAPPIAMO COME.( p.a.)
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