mercoledì 29 gennaio 2020

Paolo Baratta fatto fuori dalla Biennale da suoi stessi 'compagni'. Anche se era giusto lasciare dopo vent'anni. Arriva Cicutto

Come siano andate le cose della successione a Paolo Baratta alla presidenza della Biennale, lo abbiamo in parte raccontato nei giorni scorsi,  riferendo della designazione di Cicutto da parte di Franceschini  alla Biennale. Al cui vertice la destra  italiana, accogliendo l'invito della destra veneziana e veneta, voleva Baratta riconfermato, per il quinto incarico ed il quarto consecutivo; cose dell'altro mondo: vent'anni alla Biennale. Senza contare che ora, qualora fosse stato  riconfermato, il presidente Baratta avrebbe avuto 81 anni e sarebbe rimasto ancora a Venezia fino agli 85. Esagerato, anche in un paese di sordi e ciechi, dove uno solo ci vede e ci sente - nel nostro caso Baratta.
Premettiamo, comunque, che Baratta alla presidenza della Biennale ha fatto bene; anzi, secondo la 'sinistra' amica - che ora si trova in perfetta sintonia con la destra - non avrebbe sbagliato un colpo!

 E poi vuoi mettere un presidente che  rinuncia al suo bell' emolumento, lasciandolo nelle casse della Biennale, come sembra aver fatto Baratta, stando a quanto si legge sul sito della istituzione veneziana, e  si desume anche dalla sua dichiarazione dei redditi, che è assai simile alla nostra di  insegnante  in pensione, salvo che per le numerose proprietà immobiliari e per i titoli mobiliari,  che lui ha acquistato  mettendo a frutto i sostanziosi guadagni da manager ai massimi livelli?

Insomma Baratta aveva tutti i titoli ed i meriti per restare ancora. Ma non poteva, nonostante le pressioni di Brugnaro e Zaia che in qualità di sindaco e governatore sono soci della Biennale e dunque membri di diritto nel CdA. La legge non lo consente. Ed allora che cosa hanno pensato?  Far presentare un emendamento al decreto milleproroghe (il decreto che 'straccia' le leggi) che avrebbe fatto  confermare  Baratta. L'emendamento è stato sottoscritto da numerosi parlamentari leghisti, ma non è passato. Perchè Franceschini  per non sentirsi scavalcato dai leghisti nell'appoggio ad un suo sodale, da essi quasi imposto, ha nominato Cicutto, con grande disappunto anche  di Baratta che contava di restare. 

Adesso i sostenitori  ad oltranza di Baratta fanno le pulci a Cicutto (al vertice di Cinecittà-Istituto Luce), competente in fatto di cinema - dicono - ma non altrettanto per la musica, la danza, le arti figurative ecc... Come se Baratta prima di arrivare alla Biennale avesse tutte queste competenze, acquisite nel corso degli anni da dirigente in banche, industrie, Ferrovie e  da ministro.

Baratta in tutti questi anni ha conservato - nel senso che non l'ha mai mollata - la presidenza della Accademia Filarmonica Romana,  che evidentemente ai suoi occhi non è un semplice incarico onorifico; mentre ha lasciato quella dell'Associazione degli 'Amici di Santa Cecilia'. Dalle file  di comando della Filarmonica ha preso i dirigenti del settore musica della Biennale, come nel caso di Battistelli, salvo che nell'ultimo caso, quello di Ivan Fedele, che  è a capo della sezione musica da anni, e che  gli  dovrebbe essere stato suggerito dai ceciliani (intrecciati a quelli della Filarmonica, per interessi non solo musicali)  nei cui corsi accademici egli insegna.

 E dunque ai fans di Baratta vorremmo dire che anche il loro beniamino non è nato imparato, esattamente come Cicutto che  ci auguriamo impari a dirigere una delle nostre più prestigiose istituzioni culturali. Il tempo lo dirà.

Intanto in un paese di 60 milioni di abitanti si è riusciti a trovare un sostituto di Baratta,  ritenuto insostituibile. E non è poca cosa!

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