A Davos ogni anno si tiene il summit dell'economia mondiale, per fare i conti del passato e annunciare strategie per il futuro.
All'appuntamento svizzero non ha voluto mancare quell'elefante di Donald Trump che in questi giorni, in patria, ha da vedersela con l'accusa di impeachement, alla vigilia della lunga campagna elettorale del prossimo novembre, quando potrebbe essere scalzato dal suo incarico di presidente USA.
A Davos, fra i potenti del mondo c'era anche Lei, Greta Thunberg, con quella sua faccina da 'impunita', che ai potenti lì riuniti, come aveva già fatto, nelle corse settimane a Madrid, per la conferenza sul clima, e a New Yok, nella sede ONU, spiattella in faccia i danni che hanno fatto al pianeta e l'irresponsabile colpevolezza di non voler porvi rimedio.
E così quell'elefante di Trump se l'è dovuta vedere con l'usignolo Greta che non ha risparmiato neanche lui, l'uomo più potente del mondo il quale, dopo che si è ritirato dall'accordo di Parigi, taccia coloro i quali si preoccupano delle sorti del pianeta di catastrofismo, e fra essi anche l'usignolo canterino Greta, che comunque non si fa ingabbiare e non si zittisce.
Fra i due chi ha vinto il match durissimo, nonostante la sproporzione delle forze, è stata Greta - l'usignolo. Anche perchè, nel faccia a faccia fra i due, ha prevalso la forza della ragione. Di Greta. Perchè fra i due uno solo ragionava, e non era Trump.
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