"Se si trattasse di una gara, si potrebbe dire che il
Teatro dell’Opera di Roma batte La Scala di Milano
per originalità di proposta, impegno produttivo, coinvolgimento di tutte le maestranze della fondazione e risultati nella scelta e realizzazione dell’opera con cui inaugurare la stagione 2019-
2020: Les Vêpres Siciliennes di Giuseppe Verdi....
Circa dieci minuti di applausi al calar di sipario".
Così apre e termina il suo resoconto sull' opera inaugurale della stagione romana, il nostro collega ed amico Giuseppe Pennisi.
Il quale, nelle passate settimane, aveva già osannato la gestione Fuortes-Vlad dell'Opera di Roma.
Nell'un caso come nell'altro - gestione teatro e inaugurazione di stagione - noi siamo in perfetto disaccordo con lui. Adesso non serve fare le pulci alla gestione Fuortes-Vlad, partendo da quello che scrive Pennisi , perchè in mille altre occasioni in questi anni le abbiamo fatte.
Ci preme, invece, fare una sola riflessione sui 'Vespri' francesi verdiani che tanto sono piaciuti a Pennisi e prima ancora alla coppia di timonieri del teatro e che Pennisi elenca: originalità, impegno produttivo, coinvolgimento di tutte le maestranze, risultati nella scelta e realizzazione dell'opera. Che sono, nè più e nè meno, gli stessi punti sottolineati dal 'primo' timoniere, Fuortes, in una intervista andata in onda la sera della 'prima'.
E, per l'unica riflessione che ci sembra necessario fare ora, lo spunto ci è stato dato ieri sera da un nostro collega che ha visto i 'Vespri' francesi all'Opera di Roma: Teatro mezzo vuoto; oppure pieno a metà - per far contento Fuortes.
Inutile aggiungere che il riempimento del teatro, il coinvolgimento di pubblico e la creazione di nuovo, devono essere, oltre gli elementi elencati da Pennisi e Fuortes, fra gli obiettivi principali di una gestione teatrale, tutti nell'occasione mancati.
E veniamo, così, al vero nodo di queste gestioni operistiche. Sovrintendenti insicuri di sè, direttori artistici che vogliono
dimostrare di saperne una più del diavolo, imbastiscono molto spesso stagioni, e propongono inaugurazioni che piacciono più a loro ed ai critici (i quali comunque non sono stati così entusiasti come Pennisi, dell'inaugurazione romana) che al pubblico. La cui fedeltà ed il cui aumento e ricambio vanno tenuti ben presenti se non si vuole che l'opera muoia - per loro colpa, non perché non costituisce più oggetto di richiamo, come vanno giustificandosi certi stolti.
E' bene che lo capiscano e, se non ci riescono da soli, che qualcuno glielo faccia capire con mezzi costrittivi: con il FUS, perchè no?
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