Paolo Conti del Corriere della Sera, notista di grande intelligenza che si occupa prevalentemente di cultura e civiltà, ha scritto ieri un editoriale nel quale si immagina il salvataggio di Roma. Ad opera della cultura, scrive Conti. Ed elenca i fatti che soli potrebbero, a suo parere, salvare la Capitale, piombata forse nel suo degrado più invasivo che la storia recente ricordi.
Le mostre alle Scuderie del Quirinale ( Raffaello) e ai Musei Capitolini ( Marmi della collezione Torlonia); le regie di rottura al Teatro dell'Opera ( Ai Weiwei per Turandot) e l'Onieghin ( del quale preferiamo la grafia popolare, più chiara anche se non correttissima) che arriva dal Metropolitan di New York; e la stagione di Santa Cecilia impegnata a celebrare Beethoven ( 250 anni dalla nascita).
Un paio di mostre, pur di altissimo livello; una regia trasgressiva, concerti di qualità potrebbero cambiare il tragico destino in cui versa ora Roma?
Potrebbero, solo a patto che vengano risolti altri annosi problemi che sono il segno evidente e maleodorante del degrado capitolino.
Conti, invece, termina scrivendo che " il calendario è ricchissimo e può farci dimenticare per un momento i rifiuti che ci sommergono, il disastro dell'ATAC, il caos sulle strade".
Ma davvero si può credere che queste ciliegine basteranno a rendere più gustosa una torta che puzza di marcio?
No, caro Conti, anche la cultura non può salvare l'anima - e quale sarebbe l'anima salva? - di Roma, se il suo corpo, visibile resta lacerato e putrefatto.
Tanto più che, negli ultimi giorni, qualche giornale annuncia che i Cinquestelle stanno pensando di ricandidare Virginia Raggi al Campidoglio per un secondo mandato. Altro che mostre, opere e concerti.
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