Aldo Grasso che, secondo noi, da tempo fa squadra con il suo datore di lavoro che ha anche una tv, La7, ha perso un bel pò della sua credibilità. Già per il semplice fatto che della televisione di Cairo, che è anche il padrone del Corriere, egli scriva solo bene, quando ne scrive. Per il rest ne scrive bene o male a seconda dei casi e delle sue diverse valutazioni.
Vediamo comunque il suo intervento di ieri, nella rubrica ' A fil di rete' che ha titolato: "Il successo di TOSCA dimostra la vitalità del melodramma". Naturalmente si riferiva al successo televisivo, giacchè l'opera pucciniana si è rivelata la più vista, da quando Rai Uno (auspice Rai Cultura) riprende la serata inaugurale del teatro milanese: Tosca ha avuto più spettatori di Madama Butterfly di due anni fa, e più ancora dell'Attila l'anno scorso - da notare che Tosca come Attila di Verdi avevano il medesimo regista, Davide Livermore, oltre che il medesimo direttore, Riccardo Chailly. Inutile spiegare che, a parte Attila che sconta la poca conoscenza dell'opera, c'è stata differenza anche fra due opere pucciniane, per la medesima ragione: Tosca è più conosciuta e più popolare di Butterfly: e poi quest'anno è risultata l'opera più rappresentata al mondo, come ci pare di ricordare: 150 volte circa.
Aldo Grasso riprende lo sfavillante pezzo scritto da Alberto Mattioli per La Stampa e lo fa suo: questa è La Scala, ha scritto Mattioli, e quando la Scala non si tradisce, è inimitabile.
Vero, verissimo. Ma non è che Attila, secondo gli stessi parametri sia stata da meno. E' che Attila non era un titolo adatto da mandare in tv, mentre lo era Tosca; si aggiunga l'ora di trasmissione ( pomeriggio di sabato) e la sua durata compatibile con i tempi tv.
(Volutamente passiamo sopra i commenti ed i siparietti affidati a Di Bella e a Milly Carlucci, della quale soprattutto ricordiamo le banalità ed il suo eloquio da 'ballando', poco consono alla Scala).
La Rai ha da molti anni un contratto con la Scala, per la ripresa di due o tre titoli ( lo sappiamo perchè per alcuni anni, all'epoca di All'Opera!, il dirigente incaricato ci chiedeva consigli sui titoli da riprendere) da scegliere fra quelli in cartellone. Nè mai la Rai ha detto ai dirigenti scaligeri che forse un certo titolo scelto per l'apertura, da trasmettere in diretta, non era adatto. Mentre dovrebbe intervenire su questo, perchè influisce direttamente sul successo o meno della serata televisiva.
A questa logica noi ci siamo sempre attenuti nella scelta del programma dei Concerti di Capodanno dalla Fenice, nei lunghi anni, oltre 10, in cui la Rai ci affidò la 'consulenza artistica' di quel concerto, finalizzata soprattutto alla formulazione del programma.
Ma qui ci sovviene anche di toccare anche un altro problema: quello dell'opera in tv. Annoso e mai risolto.
Non tutta l'opera è adatta ad apparire sul piccolo schermo e a fare grandi numeri di share. Lo è quella più popolare - e si tratta già di moltissimi titoli - meglio se non finisce nella mani di qualche regista dissacratore o modernizzatore, come tutti quelli che scrittura Carlo Fuortes (Opera di Roma). Il quale, non a caso, ha scelto una regista di 'rottura' per l'opera inaugurale del Teatro della Capitale che mai la Rai riprenderà, sia perchè si tratta di un'opera, benchè di Verdi, poco conosciuta; sia perchè dura la bellezza di oltre quattro ore, e che , se fosse trasmessa in diretta, con gli intervalli, arriverebbe a cinque circa.
Perciò nonostante che salvo poche eccezioni l'opera scompaia dalla tv, sembra che i titoli più popolari resistano ancora.
Come dimostrò molti anni fa quella bella trasmissione condotta da Antonio Lubrano: All'Opera!, su Rai Uno che teneva desta la memoria del melodramma più popolare, pena la sua scomparsa anche nella memoria collettiva, riproponendo i momenti salienti di ciascun titolo intervallati dal racconto della vicenda.
Quella trasmissione faceva ascolti più che ragguardevoli, talvolta anche insperati, in coincidenza dei titoli i più popolari fra quelli popolari su cui si articolava ogni ciclo di trasmissioni; il successo si ripeteva anche nelle repliche che, dopo la seconda serata della 'prima trasmissione', si facevano il sabato pomeriggio d'estate.
Strano, molto strano che coloro i quali oggi si sbracciano in difesa del melodramma, nostra invenzione e patrimonio, allora non si siano spesi affatto in sua difesa, quando ignoranti - come sempre o forse sempre più - dirigenti Rai la cancellarono dal palinsesto senza ragione. Fra coloro che dai giornali protestarono - ed ai quali la Rai fece sapere, per tenerli buoni, che l'avrebbe ripresa, non ci fu Aldo Grasso. Lo ricordiamo benissimo, anche perché di quella trasmissione noi eravamo autore, quindi direttamente interessati.
Mentre molto interessati furono gli ospiti stranieri di un Prix Italia, quello del 2000, a Reggio Emilia, i quali apprezzarono molto quel modo di trasmettere in tv il melodramma: durata ( sotto i 60 minuti), titoli conosciuti, racconto alla portata di tutti - niente musicologia, perchè fuori luogo, ma neppure banalità - passi popolarissimi: arie, cori ecc...
Alberto Mattioli già scriveva? Se sì, non ricordiamo di aver letto una sua riga a favore, mentre molte ne leggemmo della sua collega della Stampa Alessandra Comazzi, come di molti altri giornalisti. Neppure una sola - lo ripetiamo - di Aldo Grasso.
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