“A tutti voi carissimi, dopo 31 anni di lavoro meraviglioso insieme a servizio della nostra bella amata Ravenna, come ormai avete intuito, ho definitivamente deciso di ritirarmi e lasciare, a voi, peraltro bravissimi e collaudatissimi, la responsabilità del futuro, di altri 30 anni e più del nostro celebrato Ravenna Festival…” A sorpresa, per i modi e i tempi, con una lettera ai collaboratori e ai dipendenti della Fondazione e del Festival, Cristina Muti Mazzavillani annuncia la sua uscita di scena dal Festival che ha creato e reso grande, giunto quest’anno alla sua 30^ edizione. Lo aveva già anticipato in qualche modo durante la presentazione della Trilogia d’Autunno poco più di un mese fa. Ma nessuno si immaginava allora che i tempi fossero così ravvicinati. E nessuno, soprattutto, si immaginava il tono di questa lettera, così accorato e anche così angosciato per la perdita di una certa coesione interna, per i rischi di uno sfilacciamento, per la preoccupazione che tutto il lavoro di una vita possa andare in frantumi.
La lettera infatti è anche una sorta di “testamento spirituale” come lei stessa scrive ed è un appello ai suoi e forse un messaggio all’esterno per unirsi intorno al Festival, per non rovinare questo meraviglioso giocattolo e disperdere un patrimonio così faticosamente costruito. “Da tempo avverto uno sfilacciamento di quel legame teso che è sempre stato per noi fonte di entusiasmo, energia, compattezza, familiarità a favore degli obiettivi che ci siamo prefissi sin dall’inizio del nostro percorso. Da fondatrice, direttore artistico e presidente sento di dovermi assumere molta della responsabilità. Nell’allontanarmi poco a poco dal lavoro comune, ho pensato di delegare molta parte del lavoro a tutti voi cui ho dato sempre totale fiducia amandovi e stimandovi.”
Una delega che, si intuisce, avrebbe minato la coesione precedente. La signora Muti nel prosieguo della lettera paventa la possibilità che quell’unità vada definitivamente perduta e aggiunge che “sarebbe tragico se ognuno si abituasse a viaggiare per la propria strada isolato nel proprio ufficio: significherebbe smembrare le forze che ci hanno portato fin qui.” In conclusione della lettera c’è un invito a tenere in considerazione il ruolo e le opinioni delle donne del Ravenna Festival, sebbene, a parte lei, tutti gli altri ruoli apicali siano ricoperti da uomini – il Sovrintendente è Antonio De Rosa, i Direttori artistici sono Franco Masotti e Angelo Nicastro – e così scrive la Muti: “Esse (le donne, ndr) osservano, capiscono, sanno. Chiedete consiglio, fidatevi, appoggiatevi: sono loro che continueranno a rappresentarmi e a tenervi uniti.”
È una lettera che dice e non dice. Lascia immaginare diversi scenari. E può destabilizzare i vertici della Fondazione tenuto conto del carisma e del ruolo che Cristina Mazzavillani Muti ha sempre ricoperto. Al momento non ci sono reazioni ufficiali da parte dei vertici della Fondazione Ravenna Manifestazioni, probabilmente colta di sorpresa come tutti dai tempi e dai modi della lettera della signora Muti. E intanto il 14 dicembre incombe la presentazione della XXXI Edizione del festival. Forse già prima arriverà una posizione ufficiale oppure in quella occasione ci sarà una messa a punto di questa che appare come una vera e propria crisi ai vertici della più prestigiosa istituzione culturale cittadina.
RAF - ROF - REF o dell'eternità
Boh! sarebbe stato meglio che Cristina Mazzavillani, signora Mut,i avesse spiegato le ragioni del suo allontanamento, anche normale e naturale, dopo 31 anni al vertice di un festival. Noi lo andiamo predicando da tempo per tutti coloro che sembrano inamovibili ed insostituibili dai loro posti di comando, dopo decenni di servizio - che si dice 'onorato', ma sappiamo che non è sempre così.
Cambiare fa bene.
Dopo 31 anni poi, non si capisce cosa altro di nuovo ed importante avrebbe potuto dare al Festival di Ravenna ( RAF) Cristina Muti, perciò meglio passare la mano. Specie dopo le libertà che si preso anche nell'AIDA, che è la seconda opera nella quale ci ha infilato qualcosa di estraneo. E questa non può essere considerata una novità, semmai un autentico abuso, che solo il servilismo di molti cronisti ha lasciato passare
Prima c'è stato un cambio al vertice al ROF pesarese ( Rossini Opera Festival), dove il sovrintendente Mariotti è andato in pensione ed al suo posto è arrivato un manager ex cantante prima e poi anche agente.
Adesso ci si aspetterebbe che facciano altrettanto anche i vertici del romano REF ( RomaEuropa Festival) dove addirittura i vertici artistici hanno anche un posto ' a vita' nella fondazione. Roba da non credere.
Anche i Papi lasciano, quasi sempre prima di 31 anni. Non si capisce perciò perchè , ad esempio, Messinis non schioda dal Bologna Festival dopo più di 30 anni e che la successione a Paolo Baratta alla Biennale abbia mandato nel panico tutti suoi fans del Ministero.( P.A.)
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