Chi pensava di far nutrire speranze a Meyer e Lissner, sul ritorno a breve di Riccardo Muti nei Teatri di Napoli e Milano, dovrà tornare sui suoi passi; quelle speranza al momento sono tutte false.
Il direttore impegnato fino al 2022 a Chicago - per il suo ultimo mandato, perchè avrà già superato gli ottant'anni e desidererà far ritorno a casa - ha detto chiaramente che prima di quel momento nessun progetto è previsto in Italia, salvo gli impegni già assunti, sia a Napoli ( Don Giovanni, prossimamente, con la regia di sua figlia Chiara) che a Firenze (la città cui Muti è particolarmente legato perchè lì da giovane direttore ebbe il primo incarico stabile) dove si prevede, stando a quel che si dice da tempo, un suo impegno in teatro ( che Muti non ha smentito, ma si sta ancora, sembra, trattando il titolo), Napoli e ancor più Milano - ammesso che il direttore possa ripensarci - devono attendere. E forse Napoli ancora di più, perchè i rapporti fra Muti e Lissner sono assai meno che buoni.
Napoli, dopo l'arrivo di Lissner,vedrà il direttore nel Don Giovanni di Mozart, ma certamente non come 'deus ex machina' di un progetto sul 'Settecento napoletano' che Lissner vorrebbe affidargli e che Muti ha già rifiutato, prima ancora di sentirne parlare.
Stessa sorte a Milano, dove l'arrivo di Meyer come sovrintendente al posto di Pereira, non ha cambiato le cose. Chi vivrà vedrà.
Pereira invece spera, anzi è certo - per averlo pubblicamente ammesso lo stesso direttore - che Muti tornerà a Firenze per un titolo d'opera, magari del suo amatissimo Cherubini, per il cui ritorno a Firenze - dei suoi resti mortali - il direttore si sta adoperando, e non è detto non ci riesca.
venerdì 31 gennaio 2020
Novità per gli aspiranti giornalisti. Dal 1 aprile registro dei pubblicisti. Quasi un praticantato
Una specie di patentino, di foglio rosa, questa la novità per chi vorrà cominciare a fare il pubblicista. Lo ha introdotto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Un cambiamento non di poco conto, anche se gli effetti futuri si possono prevedere.
A partire dal prossimo mese di aprile occorrerà fare una domanda all’Ordine regionale, indicando la testata o le testate presso la quale si intende svolgere l’attività, sempre remunerata. L’aspirante giornalista comincerà un itinerario, dovrà seguire corsi di deontologia (pari a 20 crediti formativi) e l’Ordine osserverà il suo lavoro. Avrà la tessera da pubblicista dopo due anni e verrà iscritto all’Albo.
COME UN PRATICANTATO
Un cambio totale, visto che fino a oggi per avere la tessera occorreva documentare di aver pubblicato un certo numero di articoli (60-70, a seconda delle regioni) e dimostrare che erano stati pagati. Non hobby ma prestazione vera e propria. Esisteva solo una certificazione a posteriori, mentre da aprile in poi bisognerà iscriversi in un apposito elenco e l’Ordine valuterà dopo due anni la possibilità di tesserare il candidato. Una specie di praticantato, come avviene per i professionisti, con la differenza che per questi è poi previsto l’esame di Stato.
“E’ l’affermazione della linea riformista del Cnog – commenta il presidente Carlo Verna – che fa seguito all’elaborazione di una proposta di riforma complessiva della professione giornalistica che deve essere esaminata dal legislatore e che, con questa freccia in più al nostro arco, possiamo fondatamente sostenere debba avvenire al più presto”.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE
Alcuni punti appariranno più chiari solo in corsa: si allargherà o si ridurrà la platea dei pubblicisti, che oggi sono cica 70 mila a fronte dei circa 16 mila professionisti? Esisterà una uniformità di giudizio o i singoli Ordini potranno valutare i candidati con propri criteri?
Buono il primo passo, si può dire, perché comunque la nuova impostazione muove dall’idea che anche il pubblicista (che non ha l’obbligo di esclusività, ma può svolgere altri lavori) debba avere una precisa formazione etica. Senza la quale questo mestiere non si può fare. Internet ha cambiato la prospettiva, è vero, ma la consapevolezza di un lavoro così delicato resta indispensabile.
La legge n. 69 del 1963 prevedeva però (articolo 35) che il candidato dovesse corredare la propria domanda con la documentazione del lavoro già svolto. Ora spetta al ministero della Giustizia, cui fanno riferimento gli Ordini professionali, valutare se la nuova disposizione è in linea con la legge e con i regolamenti applicativi. “Però – fa notare il presidente Verna – in Italia vige già da qualche anno, anche per i giornalisti, l’obbligo della formazione continua. Come è possibile che una parte degli iscritti all’Albo non abbia un preparazione deontologica di partenza?”.
Professione reporter
Umberto Croppi nuovo direttore di FEDERCULTURE
E’ Umberto Croppi il nuovo Direttore di Federculture, la Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero. La Giunta Esecutiva di Federculture, ieri giovedì 30, ne ha deliberato all'unanimità la nomina.
Croppi, presidente e AD di Federculture Servizi Srl, già direttore generale della Fondazione Valore Italia (Esposizione permanente del Made in Italy e del Design italiano), ex Assessore alla Cultura di Roma Capitale e attualmente Presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma, succede nell'incarico a Claudio Bocci che ha diretto, con competenza e passione, Federculture negli ultimi cinque anni.
Il Presidente di Federculture, Andrea Cancellato, nell'augurare buon lavoro al nuovo Direttore si è detto, a nome di tutti gli Associati, onorato di accogliere una figura così autorevole nel ruolo direttivo della Federazione alla quale apporterà un nuovo slancio ed un rafforzamento delle attività istituzionali e associative. Cancellato ha, inoltre, salutato e ringraziato Claudio Bocci per il fondamentale lavoro svolto in questi anni e per il contributo dato alla crescita di Federculture nel più ampio contesto del settore della Cultura.
Sulla BREXIT. Messaggio di von Der Leyen, Sassoli, Michel: DOMANI E' UN ALTRO GIORNO,NUOVO!
Stasera il sole tramonterà su oltre 45 anni di presenza del Regno Unito nell’Unione europea. Oggi sarà inevitabilmente una giornata di riflessione e di emozioni contrastanti per noi presidenti delle tre principali istituzioni dell’Unione europea, ma anche per tante altre persone.
Il nostro pensiero va a tutti coloro che hanno contribuito a fare dell’Unione europea ciò che è. A coloro che sono preoccupati per il loro futuro o delusi di vedere andarsene il Regno Unito. Ai membri britannici delle nostre istituzioni che hanno contribuito a plasmare politiche che hanno migliorato la vita di milioni di europei. Il nostro pensiero va al Regno Unito e ai suoi cittadini, alla loro creatività, al loro ingegno, alla loro cultura e alle loro tradizioni, che sono stati parte integrante del tessuto europeo.
Queste emozioni rispecchiano il nostro affetto per il Regno Unito, un sentire che va ben oltre l’appartenenza alla nostra Unione. La decisione del Regno Unito di andarsene ci rattrista profondamente, ma l’abbiamo sempre pienamente rispettata. L’accordo raggiunto è equo per entrambe le parti e garantisce che i diritti di milioni di cittadini della Ue e del Regno Unito continuino ad essere protetti nel luogo che chiamano casa. Dobbiamo però guardare al futuro e costruire un nuovo partenariato tra amici di lunga data. Insieme, le nostre tre istituzioni faranno tutto ciò che è in loro potere per garantirne il successo. Siamo pronti a essere ambiziosi. Questo partenariato sarà più o meno stretto in base alle decisioni che andremo a prendere, perché ogni scelta ha le sue conseguenze. Senza la libera circolazione delle persone, non può esserci libera circolazione dei capitali, dei beni e dei servizi. Senza condizioni di parità nei settori dell’ambiente, del lavoro, della fiscalità e degli aiuti di Stato, non può esserci un accesso ottimale al mercato unico. Se non si è membri non si possono conservare i benefici dell’adesione.
Nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire dovremo in parte allentare i legami meticolosamente tessuti per oltre cinquant’anni tra la Ue e il Regno Unito. E dovremo anche dedicarci con il massimo impegno a tracciare insieme un nuovo percorso come alleati, partner e amici.
Anche se non sarà più membro della Ue, il Regno Unito continuerà a far parte dell’Europa. La vicinanza geografica, la storia comune e i vincoli che abbiamo stretto in numerosi settori ci legano inevitabilmente e ci rendono alleati naturali. Continueremo a lavorare insieme negli affari esteri, nella sicurezza e nella difesa, mossi da obiettivi comuni e interessi condivisi. Ma lo faremo in modi diversi. Non sottovalutiamo il compito che ci attende, ma siamo certi che con buona volontà e determinazione potremo costruire un partenariato duraturo, positivo e significativo.
Domani sarà anche una nuova alba per l’Europa. Questi ultimi anni ci hanno avvicinato come nazioni, istituzioni e persone. Hanno ricordato a noi tutti che l’Unione europea non è solo un mercato o una potenza economica, ma è un insieme di valori che tutti condividiamo e difendiamo. Uniti siamo molto più forti.
Per questo motivo gli Stati membri dell’Unione europea continueranno a unire le forze e a costruire un futuro comune. In un’epoca di accese lotte di potere e di turbolenze geopolitiche, le dimensioni sono importanti. Nessun Paese, da solo, può arginare l’ondata del cambiamento climatico, trovare le soluzioni per il futuro digitale o esprimersi con voce autorevole nella crescente cacofonia mondiale. Insieme, invece, l’Unione europea può farcela. Possiamo, perché abbiamo il più grande mercato interno al mondo. Possiamo, perché siamo i primi partner commerciali di 80 paesi. Possiamo, perché siamo un’Unione di democrazie dinamiche. Possiamo, perché i nostri popoli sono determinati a promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale. Possiamo, perché gli Stati membri della Ue faranno leva sul loro considerevole potere economico collettivo nelle discussioni con alleati e partner (Stati Uniti, Africa, Cina o India).
Tutto questo ci infonde un senso rinnovato di comunità di obiettivi. Abbiamo una visione comune di dove vogliamo andare e l’impegno a essere ambiziosi sulle questioni fondamentali dei nostri tempi. Come indicato nel Green Deal europeo, vogliamo diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, creando nuovi posti di lavoro e opportunità per le persone. Vogliamo essere alla testa della prossima generazione di tecnologie digitali e vogliamo una transizione giusta a sostegno delle persone più colpite dal cambiamento.
Sappiamo che solo l’Unione europea può farlo. E sappiamo che possiamo farlo solo insieme: popoli, nazioni e istituzioni.
E noi presidenti delle tre istituzioni ci impegniamo a fare la nostra parte.
Domani il sole sorgerà e la nostra opera continuerà.
Il nostro pensiero va a tutti coloro che hanno contribuito a fare dell’Unione europea ciò che è. A coloro che sono preoccupati per il loro futuro o delusi di vedere andarsene il Regno Unito. Ai membri britannici delle nostre istituzioni che hanno contribuito a plasmare politiche che hanno migliorato la vita di milioni di europei. Il nostro pensiero va al Regno Unito e ai suoi cittadini, alla loro creatività, al loro ingegno, alla loro cultura e alle loro tradizioni, che sono stati parte integrante del tessuto europeo.
Queste emozioni rispecchiano il nostro affetto per il Regno Unito, un sentire che va ben oltre l’appartenenza alla nostra Unione. La decisione del Regno Unito di andarsene ci rattrista profondamente, ma l’abbiamo sempre pienamente rispettata. L’accordo raggiunto è equo per entrambe le parti e garantisce che i diritti di milioni di cittadini della Ue e del Regno Unito continuino ad essere protetti nel luogo che chiamano casa. Dobbiamo però guardare al futuro e costruire un nuovo partenariato tra amici di lunga data. Insieme, le nostre tre istituzioni faranno tutto ciò che è in loro potere per garantirne il successo. Siamo pronti a essere ambiziosi. Questo partenariato sarà più o meno stretto in base alle decisioni che andremo a prendere, perché ogni scelta ha le sue conseguenze. Senza la libera circolazione delle persone, non può esserci libera circolazione dei capitali, dei beni e dei servizi. Senza condizioni di parità nei settori dell’ambiente, del lavoro, della fiscalità e degli aiuti di Stato, non può esserci un accesso ottimale al mercato unico. Se non si è membri non si possono conservare i benefici dell’adesione.
Nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire dovremo in parte allentare i legami meticolosamente tessuti per oltre cinquant’anni tra la Ue e il Regno Unito. E dovremo anche dedicarci con il massimo impegno a tracciare insieme un nuovo percorso come alleati, partner e amici.
Anche se non sarà più membro della Ue, il Regno Unito continuerà a far parte dell’Europa. La vicinanza geografica, la storia comune e i vincoli che abbiamo stretto in numerosi settori ci legano inevitabilmente e ci rendono alleati naturali. Continueremo a lavorare insieme negli affari esteri, nella sicurezza e nella difesa, mossi da obiettivi comuni e interessi condivisi. Ma lo faremo in modi diversi. Non sottovalutiamo il compito che ci attende, ma siamo certi che con buona volontà e determinazione potremo costruire un partenariato duraturo, positivo e significativo.
Domani sarà anche una nuova alba per l’Europa. Questi ultimi anni ci hanno avvicinato come nazioni, istituzioni e persone. Hanno ricordato a noi tutti che l’Unione europea non è solo un mercato o una potenza economica, ma è un insieme di valori che tutti condividiamo e difendiamo. Uniti siamo molto più forti.
Per questo motivo gli Stati membri dell’Unione europea continueranno a unire le forze e a costruire un futuro comune. In un’epoca di accese lotte di potere e di turbolenze geopolitiche, le dimensioni sono importanti. Nessun Paese, da solo, può arginare l’ondata del cambiamento climatico, trovare le soluzioni per il futuro digitale o esprimersi con voce autorevole nella crescente cacofonia mondiale. Insieme, invece, l’Unione europea può farcela. Possiamo, perché abbiamo il più grande mercato interno al mondo. Possiamo, perché siamo i primi partner commerciali di 80 paesi. Possiamo, perché siamo un’Unione di democrazie dinamiche. Possiamo, perché i nostri popoli sono determinati a promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale. Possiamo, perché gli Stati membri della Ue faranno leva sul loro considerevole potere economico collettivo nelle discussioni con alleati e partner (Stati Uniti, Africa, Cina o India).
Tutto questo ci infonde un senso rinnovato di comunità di obiettivi. Abbiamo una visione comune di dove vogliamo andare e l’impegno a essere ambiziosi sulle questioni fondamentali dei nostri tempi. Come indicato nel Green Deal europeo, vogliamo diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, creando nuovi posti di lavoro e opportunità per le persone. Vogliamo essere alla testa della prossima generazione di tecnologie digitali e vogliamo una transizione giusta a sostegno delle persone più colpite dal cambiamento.
Sappiamo che solo l’Unione europea può farlo. E sappiamo che possiamo farlo solo insieme: popoli, nazioni e istituzioni.
E noi presidenti delle tre istituzioni ci impegniamo a fare la nostra parte.
Domani il sole sorgerà e la nostra opera continuerà.
Trump lotta contro il vento. Lui alza barriere anti emigranti, il vento le abbatte
Le barriere d'acciaio, fatte costruire da Trump alla frontiera con il Messico, per impedire agli emigranti di entrare negli USA, alte 9 metri si sono piegate a causa del forte vento che ha colpito le città di Calexico e Mexicali
giovedì 30 gennaio 2020
Il Senato vorrebbe ripristinare i vitalizi agli ex senatori. La presidente Casellati sarebbe d'accordo. VERGOGNOSI SUSSULTI della CASTA ( Da fanpage.it)
Il taglio dei vitalizi per gli ex senatori presto finirà nel dimenticatoio. Gli ex inquilini di Palazzo Madama dovrebbero tornare a percepire i vitalizi dopo una decisione attesa per febbraio, secondo quanto anticipa il Fatto Quotidiano. Il Senato, infatti, sembra intenzionato a ripristinare il trattamento che era stato tagliato a partire dal primo gennaio 2019 su spinta del Movimento 5 Stelle, che aveva condotto la stessa operazione già alla Camera dei deputati. In sostanza non ci sarà più il taglio con il ricalcolo su base contributiva del vitalizi. La Camera di Consiglio del Senato è convocata per il 20 febbraio, ma la decisione sembra ormai presa.
Chi decide sui vitalizi al Senato
L’organo di giustizia interna del Senato è presieduto da Giacomo Caliendo, ex sottosegretario alla Giustizia con Berlusconi. E, secondo quanto riporta il Fatto, avrebbe già deciso il da farsi. Sono più di 700 gli ex senatori che avevano subito il ricalcolo del vitalizio, presentando poi ricorso. Se il passo indietro del Senato dovesse essere confermato verrebbero a mancare 22 milioni di risparmi, che non ci saranno più perché si tornerà all’erogazione dei vitalizi.
Perché potrebbero essere ripristinati i vitalizi
La commissione avrebbe quindi già deciso di cancellare la delibera del 2018 – approvata dall'ufficio di presidenza guidato da Elisabetta Casellati – perché “si sostanzia in una totale rimozione di provvedimenti di liquidazione a suo tempo legittimamente adottati in riconoscimento e attuazione del diritto assicurato dalle norme allora vigenti e impone, anche dopo più decenni, una nuova liquidazione sulla base di una diversa disciplina che introduce criteri totalmente diversi, con assoluta negazione del legittimo affidamento”. Quell’intervento, inoltre, viene ritenuto “non in linea con gli insegnamenti della Corte costituzionale”. Motivi per cui il Senato potrebbe al massimo pretendere il pagamento da parte dei senatori di un contributo considerato più “ragionevole” rispetto al taglio dei vitalizi e che sarebbe, inoltre, limitato nel tempo.
continua su: https://www.fanpage.it/politica/il-senato-pronto-a-ripristinare-i-vitalizi-addio-al-taglio-degli-assegni-per-gli-ex-senatori/
https://www.fanpage.it/
Chi decide sui vitalizi al Senato
L’organo di giustizia interna del Senato è presieduto da Giacomo Caliendo, ex sottosegretario alla Giustizia con Berlusconi. E, secondo quanto riporta il Fatto, avrebbe già deciso il da farsi. Sono più di 700 gli ex senatori che avevano subito il ricalcolo del vitalizio, presentando poi ricorso. Se il passo indietro del Senato dovesse essere confermato verrebbero a mancare 22 milioni di risparmi, che non ci saranno più perché si tornerà all’erogazione dei vitalizi.
Perché potrebbero essere ripristinati i vitalizi
La commissione avrebbe quindi già deciso di cancellare la delibera del 2018 – approvata dall'ufficio di presidenza guidato da Elisabetta Casellati – perché “si sostanzia in una totale rimozione di provvedimenti di liquidazione a suo tempo legittimamente adottati in riconoscimento e attuazione del diritto assicurato dalle norme allora vigenti e impone, anche dopo più decenni, una nuova liquidazione sulla base di una diversa disciplina che introduce criteri totalmente diversi, con assoluta negazione del legittimo affidamento”. Quell’intervento, inoltre, viene ritenuto “non in linea con gli insegnamenti della Corte costituzionale”. Motivi per cui il Senato potrebbe al massimo pretendere il pagamento da parte dei senatori di un contributo considerato più “ragionevole” rispetto al taglio dei vitalizi e che sarebbe, inoltre, limitato nel tempo.
continua su: https://www.fanpage.it/politica/il-senato-pronto-a-ripristinare-i-vitalizi-addio-al-taglio-degli-assegni-per-gli-ex-senatori/
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EURISPES. Dal rapporto annuale forti preoccupazioni, a causa della negazione dell'olocausto e della persistenza di razzismi e fascismi
EBREI E STEREOTIPI: IL 15,6%% NEGA LA SHOAH E IL 16,1% NE RIDIMENSIONA LA PORTATA IN TERMINI DI VITTIME. DAL 2004 AD OGGI AUMENTA IL NUMERO DI CHI PENSA CHE L’OLOCAUSTO NON SIA MAI AVVENUTO (ERANO SOLO IL 2,7%). I CITTADINI DENUNCIANO L’ESISTENZA DI UN PROBLEMA DI UN LINGUAGGIO DIFFUSO BASATO SU ODIO E RAZZISMO E PENSANO CHE GLI ATTI DI ANTISEMITISMO IN ITALIA SIANO IL SEGNALE DI UNA PERICOLOSA RECRUDESCENZA DEL FENOMENO
L’affermazione secondo la quale gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario, raccoglie il generale disaccordo degli italiani (76%), non manca però chi concorda con questa idea (23,9%). Gli ebrei controllerebbero i mezzi d’informazione a detta di più di un quinto degli italiani intervistati (22,2%), mentre i contrari arrivano al 77,7%. La tesi secondo cui gli ebrei determinano le scelte politiche americane incontra la percentuale più elevata di consensi, pur restando minoritaria: il 26,4%, contro un 73,6%. Rispetto all’affermazione che l’Olocausto degli ebrei non è mai accaduto, la quota di accordo si attesta al 15,6%, a fronte dell’84,4% non concorde. Invece, l’affermazione secondo cui l’Olocausto non avrebbe prodotto così tante vittime come viene sostenuto trova una percentuale di accordo solo lievemente superiore: 16,1%, mentre il disaccordo raggiunge l’83,8%.
A distanza di oltre 15 anni, nel confronto con l’indagine condotta dall’Eurispes su questi stessi temi, la percentuale di italiani secondo i quali gli ebrei determinano le scelte politiche americane è oggi più bassa: dal 30,4% al 26,4%. Nel 2004 per oltre un terzo del campione (34,1%) gli ebrei controllavano in modo occulto il potere economico e finanziario, nonché i mezzi d’informazione, mentre oggi la percentuale risulta inferiore ad un quarto. Aumenta invece il numero di cittadini secondo i quali lo sterminio degli ebrei per mano nazista non è mai avvenuto: dal 2,7% al 15,6%. Risultano in aumento, sebbene in misura meno eclatante, anche coloro che ne ridimensionano la portata (dall’11,1% al 16,1%).
Antisemitismo: episodi violenti sono casi isolati, ma esiste un problema di un linguaggio diffuso basato su odio e razzismo. L’allarme arriva dai giovani
Secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per meno della metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.
L’anima politica dell’italiano
Al campione è stato chiesto quali affermazioni esprimono al meglio l’anima politica della maggioranza degli italiani. Trova un discreto consenso l’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio” (19,8%). Con percentuali di accordo vicine tra loro seguono “gli italiani non sono fascisti ma amano le personalità forti” (14,3%), “siamo un popolo prevalentemente di destra” (14,1%), “molti italiani sono fascisti” (12,8%) e, infine, “ordine e disciplina sono valori molto amati dagli italiani” (12,7%). Oltre un italiano su quattro (26,2%) non condivide nessuna delle opinioni presentate.
Conservatorio Casella. Tecniche specialissime della comunicazione in funzione della rivista MUSICA + che non esce da un paio d'anni
Tecniche della comunicazione - Bienni e Trienni (attività a scelta)
Il Corso di Tecniche della Comunicazione che noi inaugurammo al Conservatorio 'Casella' dell'Aquila, nel lontano 2007, parallelamente all'uscita della rivista bimestrale Music@, allo scopo di far fare pratica di 'giornalismo musicale' agli studenti interessati, come puntualmente avvenne, dopo la nostra uscita dal Conservatorio, per limiti di età - solo di età! - alla fine del 2013, fu preso in carica dalla prof. Di Lena che, per decreto del direttore, assunse la direzione della rivista, figlia di Music@, intitolata Musica + , mentre sarebbe il caso, viste le vicende, di titolarla Musica -, e il corso relativo.
Cosa la Di Lena insegni agli studenti, visto che Musica + non esce da quasi due anni - L'ULTIMO NUMERO USCITO RECA LA DATA DI LUGLIO 2018 - e per quali altre finalità non è dato sapere.
Ma sicuramente il nuovo direttore Di Massimantonio ed il suo vice Piermarini - già direttore con Di Massimantonio vice, ora a parti in commedia ribaltate - daranno a breve alla rivista nuovo impulso e al corso di Tecniche della Comunicazione nuova linfa.
Ricoverate il direttore che ha diramato un comunicato inammissibile ed ingiustificato al Conservatorio di Roma
Coronavirus a Roma, psicosi o paura fondata? Di sicuro il documento di cui siamo venuti in possesso farà scatenare un vero e proprio caso: un professore (di cui non pubblichiamo il nome) del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma oggi pomeriggio ha inviato una messaggio agli studenti con il quale si comunica che si impedisce l’accesso alle lezioni a tutti gli studenti orientali (cinesi, giapponesi, coreani e di qualsiasi altro luogo dell’Asia), nonché agli altri che provengano comunque dai Paesi interessati.
“Mercoledì 5 febbraio – prosegue la mail – alle ore 14 il medico del Conservatorio provvederà a visitarli tutti. Solo quelli che passeranno la visita potranno essere riammessi alla frequenza. Nel frattempo l’assenza sarà considerata assenza per malattia. Siete pregati di avvisarli tutti, di convocarli per martedì 5 febbraio alle ore 14:00 e di ricordargli di portare il libretto”.
La mail, titolata “Epidemia cinese” , suona:
"Care Colleghe e cari Colleghi, a causa delle ben note vicende legate all'epidemia cinese, sono sospese le lezioni degli studenti orientali (cinesi, coreani, giapponesi ecc.), nonché di altri che provenissero dai Paesi interessati. Mercoledì 5 febbraio alle ore 14 il medico del Conservatorio provvederà a visitarli tutti. Solo quelli che passeranno la visita potranno essere riammessi alla frequenza. Nel frattempo l'assenza sarà considerata assenza per malattia. Siete pregati di avvisarli tutti, di convocarli per il 5 febbraio alle ore 14, e di ricordargli di portare il libretto. Cordiali saluti", si legge nella newsletter a uso interno che in seguito è stata diffusa sui social. La mail è titolata nell’oggetto "Epidemia cinese".
Bufera sull'istituzione di via dei Greci, con molti docenti che si dicono allibiti per la scelta che viene ritenuta discriminatoria.
Da LA REPUBBLICA
Una newsletter inviata ai docenti dimostra quanto si stia diffondendo la psicosi del coronavirus: "Care Colleghe e cari Colleghi, a causa delle ben note vicende legate all'epidemia cinese, sono sospese le lezioni degli studenti orientali (cinesi, coreani, giapponesi ecc.), nonché di altri che provenissero dai Paesi interessati. Mercoledì 5 febbraio alle ore 14 il medico del Conservatorio provvederà a visitarli tutti. Solo quelli che passeranno la visita potranno essere riammessi alla frequenza. Nel frattempo l'assenza sarà considerata assenza per malattia. Siete pregati di avvisarli tutti, di convocarli per il 5 febbraio alle ore 14, e di ricordargli di portare il libretto. Cordiali saluti". Firmata dal direttore, Roberto Giuliani.
E' successo a Roma, nel pomeriggio, al Conservatorio di Santa Cecilia, istituzione romana in via dei Greci (da non confondersi con l'Accademia di Santa Cecilia che ha sede al Parco della Musica) e ha preso forma nelle mail che abitualmente il direttore utilizza per dialogare con i circa 160 docenti dell'istituzione musicale. La gran parte dei prof sono rimasti senza parole. "Allibiti", spiega una insegnante di musica, "così lediamo il diritto degli studenti a frequentare i nostri corsi. Poi il direttore fa riferimento a un medico del Conservatorio. Ma quale dottore? Non ne abbiamo mai avuto uno. Mi sembra una comunicazione folle, che discrimina, diffonde paura, un'assurdità. A meno che non siano successi fatti specifici che però il direttore non ha precisato".
Lo screening, secondo le volontà del direttore, sarebbe esteso a tutti i cittadini orientali indiscriminatamente a prescindere dal fatto che siano andati o meno di recente in patria. La gran parte degli studenti - e tra questi appunto cinesi, giapponesi, coreani - vive a Roma e nelle immediate vicinanze da tempo e spesso si tratta di cittadini figli di migranti di seconda generazione che non hanno alcun rapporto con i paesi orientali di provenienza. E ancora la prof: "Spero che si tratti di un errore, o di uno scherzo, ma anche se lo fosse sarebbe davvero di pessimo gusto. La notizia si è sparsa tra gli allievi e uno dei miei, di origine coreane, mi detto quasi in lacrime. Prof, ma io domani posso venire a lezione o no? "
Analogo, ma più ragionevole, comunicato nel Conservatorio di Como:
"Gentili studenti, a nome della direzione si comunica che per ragioni di profilassi, tutti gli studenti di ritorno da viaggi in Cina sono pregati dall’astenersi di frequentare il Conservatorio di Como per i 14 giorni successivi alla data di rientro”.
È l’avviso che il Conservatorio di Como ha pubblicato sulla propria pagina internet. L’istituto conta numerosi studenti cinesi, molto dei quali tornati o di ritorno dal capodanno cinese.
"Care Colleghe e cari Colleghi, a causa delle ben note vicende legate all'epidemia cinese, sono sospese le lezioni degli studenti orientali (cinesi, coreani, giapponesi ecc.), nonché di altri che provenissero dai Paesi interessati. Mercoledì 5 febbraio alle ore 14 il medico del Conservatorio provvederà a visitarli tutti. Solo quelli che passeranno la visita potranno essere riammessi alla frequenza. Nel frattempo l'assenza sarà considerata assenza per malattia. Siete pregati di avvisarli tutti, di convocarli per il 5 febbraio alle ore 14, e di ricordargli di portare il libretto. Cordiali saluti", si legge nella newsletter a uso interno che in seguito è stata diffusa sui social. La mail è titolata nell’oggetto "Epidemia cinese".
Bufera sull'istituzione di via dei Greci, con molti docenti che si dicono allibiti per la scelta che viene ritenuta discriminatoria.
Da LA REPUBBLICA
Una newsletter inviata ai docenti dimostra quanto si stia diffondendo la psicosi del coronavirus: "Care Colleghe e cari Colleghi, a causa delle ben note vicende legate all'epidemia cinese, sono sospese le lezioni degli studenti orientali (cinesi, coreani, giapponesi ecc.), nonché di altri che provenissero dai Paesi interessati. Mercoledì 5 febbraio alle ore 14 il medico del Conservatorio provvederà a visitarli tutti. Solo quelli che passeranno la visita potranno essere riammessi alla frequenza. Nel frattempo l'assenza sarà considerata assenza per malattia. Siete pregati di avvisarli tutti, di convocarli per il 5 febbraio alle ore 14, e di ricordargli di portare il libretto. Cordiali saluti". Firmata dal direttore, Roberto Giuliani.
E' successo a Roma, nel pomeriggio, al Conservatorio di Santa Cecilia, istituzione romana in via dei Greci (da non confondersi con l'Accademia di Santa Cecilia che ha sede al Parco della Musica) e ha preso forma nelle mail che abitualmente il direttore utilizza per dialogare con i circa 160 docenti dell'istituzione musicale. La gran parte dei prof sono rimasti senza parole. "Allibiti", spiega una insegnante di musica, "così lediamo il diritto degli studenti a frequentare i nostri corsi. Poi il direttore fa riferimento a un medico del Conservatorio. Ma quale dottore? Non ne abbiamo mai avuto uno. Mi sembra una comunicazione folle, che discrimina, diffonde paura, un'assurdità. A meno che non siano successi fatti specifici che però il direttore non ha precisato".
rep
APPROFONDIMENTO
Coronavirus, in Italia è psicosi Cina. Clienti in fuga dai negozi e record di mascherine
DI MAURIZIO CROSETTIAnalogo, ma più ragionevole, comunicato nel Conservatorio di Como:
"Gentili studenti, a nome della direzione si comunica che per ragioni di profilassi, tutti gli studenti di ritorno da viaggi in Cina sono pregati dall’astenersi di frequentare il Conservatorio di Como per i 14 giorni successivi alla data di rientro”.
È l’avviso che il Conservatorio di Como ha pubblicato sulla propria pagina internet. L’istituto conta numerosi studenti cinesi, molto dei quali tornati o di ritorno dal capodanno cinese.
mercoledì 29 gennaio 2020
Ora la Cina si vorrebbe più lontana!
" Si assiste a una crescita costante, nelle ultime otto stagioni, di iscritti e diplomati ai conservatori musicali e alle accademie di danza, alle scuole d’arte e di teatro, il comparto Afam (Alta formazione artistica musicale e coreutica), eccellenza italiana nel mondo. Dal 2010-2011, stagione da cui è partito il focus del ministero dell’Istruzione, si sta verificando un aumento anche di insegnanti e corsi. Da quell’Anno accademico gli iscritti sono cresciuti mediamente del 7 per cento a stagione fino al 2018-19 quando gli studenti contati sono stati 76.072. Sedicimila i diplomati: un aumento del 60 per cento rispetto al 2011.
Nello stesso arco di otto anni, a conferma dell'interesse che nel mondo esercitano le scuole dell'Afam, la presenza di studenti con cittadinanza non italiana è triplicata. Nell’ultima stagione l’allargamento della platea è stato del 3,4 per cento a fronte di numeri già consistenti: oggi i giovani discenti non italiani sono il 16,5 per cento delle iscrizioni complessive (oltre 12.500). Metà arrivano dalla Cina".
(Oltre 6.000, solo dalla Cina!)
Questo scriveva La Repubblica, appena un paio di mesi fa, commentando dati del MIUR.
Oggi, a seguito dell'allarme ed anche della psicosi causati dal 'Corona' virus si vorrebbero di colpo svuotati i Conservatori di quell'enorme massa di studenti provenienti dalla Cina che fino a poco fa venivano considerati una ricchezza, forse immeritata, ed ora una vera iattura, un pericolo concreto da allontanare anche fisicamente.
Gli studenti cinesi che da anni vivono e studiano in Italia, soprattutto nei nostri Conservatori e Accademie, come possono veicolare il virus mortale che sta uccidendo nel loro paese d'origine, se sono lontani dal loro paese, sia loro che i loro parenti, da anni?
Certo le precauzioni non sono mai troppe nel caso di quella che si sta rivelando una possibile pandemia mondiale, ma che finora è confinata nel grande paese orientale, ma la caccia all'untore è davvero inammissibile e deleteria.
Dei rapporti fra Cina e Italia nel campo degli studi musicali abbiamo scritto qualche mese fa, quando abbiamo appreso la notizia che alcuni Conservatori avevano aperto delle sezioni 'staccate' in Cina ( ma anche Corea?), dove inviavano i loro docenti e i cui titoli accademici recavano il marchio dei conservatori italiani. Ne ricordiamo due, quello romano di Santa Cecilia e quello aquilano , intitolato ad Alfredo Casella. I loro illustrissimi direttori- che il mondo intero, perfino la Cina ci invidiavano - si erano recati in quel paese per stringere accordi e stabilire modalità.
Secondo le quali avrebbero inviato docenti, pagati dalla Cina (per far arrotondare gli stipendi agli insegnanti), mentre i diplomi di fine corso sarebbero stati emessi dai rispettivi conservatori italiani.
Questa iniziativa forse seguiva la direttiva salviniana dell'aiutiamoli a casa loro, ma guadagnandoci. Sì, proprio così, perchè gli allievi dell'estremo oriente non sarebbero più venuti in Italia a studiare e noi ci avremmo guadagnato anche lasciandoli a casa.
Una doppia tripla idiozia, della quale, chissà se quegli scriteriati direttori ed i loro rapaci insegnanti si stanno rendendo conto, specie dopo l'imprevisto virus che sta diffondendo, ingiustificatamente, il panico nei conservatori italiani.
Salvini, il Nero, padre premuroso ed amorevole non solo con sua figlia, ma anche con tutti i figli degli italiani, prima, e degli emigrati, poi
Missione compiuta!". Matteo Salvini esulta.
La missione del leader della Lega era quella di trovare gli "slime dei Me contro te".
Si tratta di una sostanza gelatinosa, molto usata dai ragazzini, che si divertono a modellarlo in diverse combinazioni e a giocarci come anti-stress. La sostanza da cui sono costituiti gli slime è abbastanza liquida da poter colare, ma anche abbastanza viscosa da aderire alle superfici, così da risultare appiccicosa.
L'ultima versione sono i braccialetti gommosi dedicati al duo dei Me contro te, cioè Sofi e Luì, la coppia del web più seguita dai bambini.
Il post di Salvini condiviso su Facebook è accompagnato da una foto che ritrae il leader del Carroccio trionfante e sorridente davanti ad una edicola e con in mano una busta azzura.
Salvini era davanti ad un'edicola vicino alla stazione Termini di Roma, "in missione" per conto della figlia, nel tentativo di rintracciare i braccialetti gommosi più desiderati del momento. "Slime di Me contro te trovati e acquistati- scrive il leader della Lega- Mirta felice". E al tutto aggiunge un cuoricino rosso, poco dopo aver fatto riferimento alla figlia. Infine, Salvini conclude il tutto con un "buona gionata amici".
La missione del leader della Lega era quella di trovare gli "slime dei Me contro te".
Si tratta di una sostanza gelatinosa, molto usata dai ragazzini, che si divertono a modellarlo in diverse combinazioni e a giocarci come anti-stress. La sostanza da cui sono costituiti gli slime è abbastanza liquida da poter colare, ma anche abbastanza viscosa da aderire alle superfici, così da risultare appiccicosa.
L'ultima versione sono i braccialetti gommosi dedicati al duo dei Me contro te, cioè Sofi e Luì, la coppia del web più seguita dai bambini.
Il post di Salvini condiviso su Facebook è accompagnato da una foto che ritrae il leader del Carroccio trionfante e sorridente davanti ad una edicola e con in mano una busta azzura.
Salvini era davanti ad un'edicola vicino alla stazione Termini di Roma, "in missione" per conto della figlia, nel tentativo di rintracciare i braccialetti gommosi più desiderati del momento. "Slime di Me contro te trovati e acquistati- scrive il leader della Lega- Mirta felice". E al tutto aggiunge un cuoricino rosso, poco dopo aver fatto riferimento alla figlia. Infine, Salvini conclude il tutto con un "buona gionata amici".
Cinquestelle. Se le espulsioni proseguono a questo ritmo, fra breve il gruppo più numeroso in Parlamento si troverà senza più parlamentari. Prima ancora che il Movimento imploda
Una manciata di espulsioni. Dopo una riunione fiume a Roma, i probiviri del Movimento hanno sciolto le riserve: hanno decretato la cacciata dal Movimento di chi figurava nell’elenco dei super ritardatari con le restituzioni e nelle scorse settimane era già passato al gruppo misto (i deputati Angiola, Aprile, Cappellani, Nitti e Rospi) e di altri due parlamentari. Il collegio ha atteso a pronunciarsi fino all’ultimo perché — viene spiegato nel Movimento — «molti hanno continuato a restituire e a versare, fino a mettersi in regola». I nominativi degli espulsi saranno resi noti nelle prossime ore, ma i rumors danno tra i più accreditati per l’addio il senatore Lello Ciampolillo.
Povero Fontana governatore in Lombardia
Il povero - parliamo del governatore leghista di Lombardia - ha voluto dare una mano al suo padrone, Salvini, il 'Nero' ,senza attendere che glielo chiedesse la ex compagna di Salvini, ora sua stretta ciollaboratrice.
Ha detto che per far vincere Bonaccini in Emilia Romagna il Pd non ha badato a spese. Infatti ha portato al seggio anche anziani, centenari, e handicappati - per questi ultimi anche tutti quelli con deficit mentali.
Proprio tutti? Sì, tutti meno uno, che non si è voluto muovere dal Pirellone è rimasto in Lombardia, e non ha votato per Bonaccini.
Ha detto che per far vincere Bonaccini in Emilia Romagna il Pd non ha badato a spese. Infatti ha portato al seggio anche anziani, centenari, e handicappati - per questi ultimi anche tutti quelli con deficit mentali.
Proprio tutti? Sì, tutti meno uno, che non si è voluto muovere dal Pirellone è rimasto in Lombardia, e non ha votato per Bonaccini.
Paolo Baratta fatto fuori dalla Biennale da suoi stessi 'compagni'. Anche se era giusto lasciare dopo vent'anni. Arriva Cicutto
Come siano andate le cose della successione a Paolo Baratta alla presidenza della Biennale, lo abbiamo in parte raccontato nei giorni scorsi, riferendo della designazione di Cicutto da parte di Franceschini alla Biennale. Al cui vertice la destra italiana, accogliendo l'invito della destra veneziana e veneta, voleva Baratta riconfermato, per il quinto incarico ed il quarto consecutivo; cose dell'altro mondo: vent'anni alla Biennale. Senza contare che ora, qualora fosse stato riconfermato, il presidente Baratta avrebbe avuto 81 anni e sarebbe rimasto ancora a Venezia fino agli 85. Esagerato, anche in un paese di sordi e ciechi, dove uno solo ci vede e ci sente - nel nostro caso Baratta.
Premettiamo, comunque, che Baratta alla presidenza della Biennale ha fatto bene; anzi, secondo la 'sinistra' amica - che ora si trova in perfetta sintonia con la destra - non avrebbe sbagliato un colpo!
E poi vuoi mettere un presidente che rinuncia al suo bell' emolumento, lasciandolo nelle casse della Biennale, come sembra aver fatto Baratta, stando a quanto si legge sul sito della istituzione veneziana, e si desume anche dalla sua dichiarazione dei redditi, che è assai simile alla nostra di insegnante in pensione, salvo che per le numerose proprietà immobiliari e per i titoli mobiliari, che lui ha acquistato mettendo a frutto i sostanziosi guadagni da manager ai massimi livelli?
Insomma Baratta aveva tutti i titoli ed i meriti per restare ancora. Ma non poteva, nonostante le pressioni di Brugnaro e Zaia che in qualità di sindaco e governatore sono soci della Biennale e dunque membri di diritto nel CdA. La legge non lo consente. Ed allora che cosa hanno pensato? Far presentare un emendamento al decreto milleproroghe (il decreto che 'straccia' le leggi) che avrebbe fatto confermare Baratta. L'emendamento è stato sottoscritto da numerosi parlamentari leghisti, ma non è passato. Perchè Franceschini per non sentirsi scavalcato dai leghisti nell'appoggio ad un suo sodale, da essi quasi imposto, ha nominato Cicutto, con grande disappunto anche di Baratta che contava di restare.
Adesso i sostenitori ad oltranza di Baratta fanno le pulci a Cicutto (al vertice di Cinecittà-Istituto Luce), competente in fatto di cinema - dicono - ma non altrettanto per la musica, la danza, le arti figurative ecc... Come se Baratta prima di arrivare alla Biennale avesse tutte queste competenze, acquisite nel corso degli anni da dirigente in banche, industrie, Ferrovie e da ministro.
Baratta in tutti questi anni ha conservato - nel senso che non l'ha mai mollata - la presidenza della Accademia Filarmonica Romana, che evidentemente ai suoi occhi non è un semplice incarico onorifico; mentre ha lasciato quella dell'Associazione degli 'Amici di Santa Cecilia'. Dalle file di comando della Filarmonica ha preso i dirigenti del settore musica della Biennale, come nel caso di Battistelli, salvo che nell'ultimo caso, quello di Ivan Fedele, che è a capo della sezione musica da anni, e che gli dovrebbe essere stato suggerito dai ceciliani (intrecciati a quelli della Filarmonica, per interessi non solo musicali) nei cui corsi accademici egli insegna.
E dunque ai fans di Baratta vorremmo dire che anche il loro beniamino non è nato imparato, esattamente come Cicutto che ci auguriamo impari a dirigere una delle nostre più prestigiose istituzioni culturali. Il tempo lo dirà.
Intanto in un paese di 60 milioni di abitanti si è riusciti a trovare un sostituto di Baratta, ritenuto insostituibile. E non è poca cosa!
Premettiamo, comunque, che Baratta alla presidenza della Biennale ha fatto bene; anzi, secondo la 'sinistra' amica - che ora si trova in perfetta sintonia con la destra - non avrebbe sbagliato un colpo!
E poi vuoi mettere un presidente che rinuncia al suo bell' emolumento, lasciandolo nelle casse della Biennale, come sembra aver fatto Baratta, stando a quanto si legge sul sito della istituzione veneziana, e si desume anche dalla sua dichiarazione dei redditi, che è assai simile alla nostra di insegnante in pensione, salvo che per le numerose proprietà immobiliari e per i titoli mobiliari, che lui ha acquistato mettendo a frutto i sostanziosi guadagni da manager ai massimi livelli?
Insomma Baratta aveva tutti i titoli ed i meriti per restare ancora. Ma non poteva, nonostante le pressioni di Brugnaro e Zaia che in qualità di sindaco e governatore sono soci della Biennale e dunque membri di diritto nel CdA. La legge non lo consente. Ed allora che cosa hanno pensato? Far presentare un emendamento al decreto milleproroghe (il decreto che 'straccia' le leggi) che avrebbe fatto confermare Baratta. L'emendamento è stato sottoscritto da numerosi parlamentari leghisti, ma non è passato. Perchè Franceschini per non sentirsi scavalcato dai leghisti nell'appoggio ad un suo sodale, da essi quasi imposto, ha nominato Cicutto, con grande disappunto anche di Baratta che contava di restare.
Adesso i sostenitori ad oltranza di Baratta fanno le pulci a Cicutto (al vertice di Cinecittà-Istituto Luce), competente in fatto di cinema - dicono - ma non altrettanto per la musica, la danza, le arti figurative ecc... Come se Baratta prima di arrivare alla Biennale avesse tutte queste competenze, acquisite nel corso degli anni da dirigente in banche, industrie, Ferrovie e da ministro.
Baratta in tutti questi anni ha conservato - nel senso che non l'ha mai mollata - la presidenza della Accademia Filarmonica Romana, che evidentemente ai suoi occhi non è un semplice incarico onorifico; mentre ha lasciato quella dell'Associazione degli 'Amici di Santa Cecilia'. Dalle file di comando della Filarmonica ha preso i dirigenti del settore musica della Biennale, come nel caso di Battistelli, salvo che nell'ultimo caso, quello di Ivan Fedele, che è a capo della sezione musica da anni, e che gli dovrebbe essere stato suggerito dai ceciliani (intrecciati a quelli della Filarmonica, per interessi non solo musicali) nei cui corsi accademici egli insegna.
E dunque ai fans di Baratta vorremmo dire che anche il loro beniamino non è nato imparato, esattamente come Cicutto che ci auguriamo impari a dirigere una delle nostre più prestigiose istituzioni culturali. Il tempo lo dirà.
Intanto in un paese di 60 milioni di abitanti si è riusciti a trovare un sostituto di Baratta, ritenuto insostituibile. E non è poca cosa!
martedì 28 gennaio 2020
Aaron e Zanarella: pianisti del vuoto. Per nostra fortuna sono solo due
In realtà oltre i nostri due 'alieni' della musica, Aaron e Zanarella, in passato vi sono stati altri che hanno fatto esperimenti inusuali ed inutili oltre che dannosi per la musica, suonando in alta montagna, sulle cime ghiacciate, o su una lastra di ghiaccio ai poli. Per nostra fortuna quelli erano esperimenti unici nel loro genere.
Nel caso dei due nostri 'alieni' , invece, suonare sospesi nel vuoto, è diventata una professione, ammantata di ideologie di gente 'fuori di testa'. Come portare la musica dove non c'è mai stata e avvicinare alla musica gente che nei luoghi deputati della musica non hanno messo mai piede e, secondo i due eroici finti pianisti, mai lo metterebbero. E questo vuol dire portare la musica alla gente o portare la gente alla musica?
C'è questo pianista 'volante', Stafan Aaron, che si è fatto costruire una piattaforma con le sembianze di un tappeto volante, sulla quale è fissato un pianoforte verticale di color arancione; la piattaforma viene tirata su da un elicottero, il pianista è imbracato perchè qualcosa può sempre succedere, e così se ne va a spasso sotto l'ala protettrice ma rumorosissima dall'elicottero - ovviamente silenzioso alle orecchie dei sordi! - la cui unica musica arriva a terra, sempre che nel volo ci sia qualcuno disposto a seguirne le evoluzioni.
Poi c'è Paolo Zanarella, padovano che suona un pianoforte a coda che viene tirato solitamente su da una gru, dove resta sospeso, ma che qualche volta si è giovato anche lui di un elicottero per suonare a mezz'aria magari sulla distesa di un lago o sulla laguna veneziana. Lui si definisce ' pianista fuori posto'. Come dargli torto? Anzi noi , seguendo la sua indicazione, estendiamo la sua definizione anche alla musica ' musica fuori posto'. Insomma, musica e pianisti SPOSTATI.
Nel caso dei due nostri 'alieni' , invece, suonare sospesi nel vuoto, è diventata una professione, ammantata di ideologie di gente 'fuori di testa'. Come portare la musica dove non c'è mai stata e avvicinare alla musica gente che nei luoghi deputati della musica non hanno messo mai piede e, secondo i due eroici finti pianisti, mai lo metterebbero. E questo vuol dire portare la musica alla gente o portare la gente alla musica?
C'è questo pianista 'volante', Stafan Aaron, che si è fatto costruire una piattaforma con le sembianze di un tappeto volante, sulla quale è fissato un pianoforte verticale di color arancione; la piattaforma viene tirata su da un elicottero, il pianista è imbracato perchè qualcosa può sempre succedere, e così se ne va a spasso sotto l'ala protettrice ma rumorosissima dall'elicottero - ovviamente silenzioso alle orecchie dei sordi! - la cui unica musica arriva a terra, sempre che nel volo ci sia qualcuno disposto a seguirne le evoluzioni.
Poi c'è Paolo Zanarella, padovano che suona un pianoforte a coda che viene tirato solitamente su da una gru, dove resta sospeso, ma che qualche volta si è giovato anche lui di un elicottero per suonare a mezz'aria magari sulla distesa di un lago o sulla laguna veneziana. Lui si definisce ' pianista fuori posto'. Come dargli torto? Anzi noi , seguendo la sua indicazione, estendiamo la sua definizione anche alla musica ' musica fuori posto'. Insomma, musica e pianisti SPOSTATI.
Benigni premiato in Francia, mentre in Italia è contestato per il suo cachet a Sanremo
“Grazie, c’è una sommossa nel mio corpo, ecco il mio cuore, ve lo regalo, potete farne ciò che volete”.
E’ un Roberto Benigni emozionato, quello che ha ricevuto il premio alla carriera dalla giuria dei Prix Lumières. L’attore e regista italiano, che dovrebbe partecipare a Sanremo, è stato ricompensato per la sua opera “intensa e poetica” dall’associazione della stampa estera a Parigi che organizza ogni anno i riconoscimenti per il cinema francese.
Accompagnato dalla musica di Piovani per La vita è bella, interpretata dalla pianista Vanessa Benelli Mosell, Benigni è salito sul palco del famoso Teatro Olympia per ricevere la statuetta e ha subito conquistato la sala con un discorso pronunciato interamente in francese.
“E’ magnifico ricevere questo premio nel paese che è il tempio del cinema e che crea nella gioia la cultura” ha detto Benigni definendo “cocasse”, eccentrica e coraggiosa, la scelta della giuria. Ospite d’onore per questa venticinquesima edizione dei premi che sono l’equivalente francese dei Golden Globes, l’artista italiano, 67 anni, si è congedato scherzando sulla sua lunga carriera. “Siamo solo all’inizio” ha ironizzato, citando poi una poesia di Stéphane Mallarmé: “Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”.
E’ un Roberto Benigni emozionato, quello che ha ricevuto il premio alla carriera dalla giuria dei Prix Lumières. L’attore e regista italiano, che dovrebbe partecipare a Sanremo, è stato ricompensato per la sua opera “intensa e poetica” dall’associazione della stampa estera a Parigi che organizza ogni anno i riconoscimenti per il cinema francese.
Accompagnato dalla musica di Piovani per La vita è bella, interpretata dalla pianista Vanessa Benelli Mosell, Benigni è salito sul palco del famoso Teatro Olympia per ricevere la statuetta e ha subito conquistato la sala con un discorso pronunciato interamente in francese.
“E’ magnifico ricevere questo premio nel paese che è il tempio del cinema e che crea nella gioia la cultura” ha detto Benigni definendo “cocasse”, eccentrica e coraggiosa, la scelta della giuria. Ospite d’onore per questa venticinquesima edizione dei premi che sono l’equivalente francese dei Golden Globes, l’artista italiano, 67 anni, si è congedato scherzando sulla sua lunga carriera. “Siamo solo all’inizio” ha ironizzato, citando poi una poesia di Stéphane Mallarmé: “Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”.
Fornero nutre qualche dubbio sulla reale intelligenza di Salvini. ( da IL GIORNALE, di Andrea Pegoraro) Come darle torto?
Non so dire se c'è o ci fa. Ogni tanto ho il dubbio che sia anche meno intelligente di quanto non sia la raffigurazione generale di un politico molto capace". Parola di Elsa Fornero, che interviene dai microfoni di Circo Massimo su Radio Capital e si rivolge a Matteo Salvini.
L'ex ministro del Lavoro crede che il leader della Lega sia pieno di contraddizioni. E aggiunge che per troppo tempo ha generato odio mentre "ora si preoccupa di qualcuno che fa titoli quasi delicati rispetto alle sue espressioni". Fornero si riferisce al titolo di apertura di Repubblica "Cancellate Salvini", uscito a metà gennaio. Fu duramente contestato dall'ex ministro dell'Interno perché legato a un'intervista a Graziano Delrio in cui il capogruppo dem chiedeva la cancellazione dei decreti sicurezza.
Fornero commenta poi il risultato delle Regionali in Emilia-Romagna e applaude le sardine. L'ex ministro del Lavoro riconosce i loro meriti perché hanno portato a un'ampia mobilitazione e hanno manifestato un desiderio per una politica meno salviniana nei toni e negli atteggiamenti. Fornero evidenzia che l'esito elettorale non cambia nulla a livello di governo, "a meno che il Pd non imponga un'agenda diversa". E sottolinea l'importanza di ostacolare la cattiva politica rappresentata da Salvini. Secondo Fornero, il leader leghista "si ammanta di parolone, di voler bene, di bacioni, ha atteggiamenti nei confronti dei simboli della nostra religione, però tutto questo nasconde una pessima politica, soprattutto per il futuro e per i giovani".
In tema di pensioni, l'accademica ricorda che nessuno si prende la responsabilità di dire al Paese che occorre ridurre la spesa pensionistica in quanto esiste un problema di sostenibilità finanziaria. Fornero aggiunge che questa difficoltà riguarda tutti noi. E soprattutto si condanna i giovani ad avere un futuro incerto e grigio. Quindi l'economista dice che "ci vorrebbe una Greta Thunberg per il sistema previdenziale, qualcuno capace di creare la stessa passione creata da Greta sull'ambiente nei confronti dei temi dell'insostenibilità finanziaria, come temi che riguardano il futuro dei nostri figli".
A metà ottobre, Fornero aveva criticato il meccanismo di pensionamento anticipato "Quota 100" ma aveva aggiunto che non va abolito del tutto. L'economista aveva sottolineato che Quota 100 è stata una riforma varata per fini elettorali che ha drenato molte risorse creando dei danni al futuro dei giovani.
L'ex ministro del Lavoro crede che il leader della Lega sia pieno di contraddizioni. E aggiunge che per troppo tempo ha generato odio mentre "ora si preoccupa di qualcuno che fa titoli quasi delicati rispetto alle sue espressioni". Fornero si riferisce al titolo di apertura di Repubblica "Cancellate Salvini", uscito a metà gennaio. Fu duramente contestato dall'ex ministro dell'Interno perché legato a un'intervista a Graziano Delrio in cui il capogruppo dem chiedeva la cancellazione dei decreti sicurezza.
Fornero commenta poi il risultato delle Regionali in Emilia-Romagna e applaude le sardine. L'ex ministro del Lavoro riconosce i loro meriti perché hanno portato a un'ampia mobilitazione e hanno manifestato un desiderio per una politica meno salviniana nei toni e negli atteggiamenti. Fornero evidenzia che l'esito elettorale non cambia nulla a livello di governo, "a meno che il Pd non imponga un'agenda diversa". E sottolinea l'importanza di ostacolare la cattiva politica rappresentata da Salvini. Secondo Fornero, il leader leghista "si ammanta di parolone, di voler bene, di bacioni, ha atteggiamenti nei confronti dei simboli della nostra religione, però tutto questo nasconde una pessima politica, soprattutto per il futuro e per i giovani".
In tema di pensioni, l'accademica ricorda che nessuno si prende la responsabilità di dire al Paese che occorre ridurre la spesa pensionistica in quanto esiste un problema di sostenibilità finanziaria. Fornero aggiunge che questa difficoltà riguarda tutti noi. E soprattutto si condanna i giovani ad avere un futuro incerto e grigio. Quindi l'economista dice che "ci vorrebbe una Greta Thunberg per il sistema previdenziale, qualcuno capace di creare la stessa passione creata da Greta sull'ambiente nei confronti dei temi dell'insostenibilità finanziaria, come temi che riguardano il futuro dei nostri figli".
A metà ottobre, Fornero aveva criticato il meccanismo di pensionamento anticipato "Quota 100" ma aveva aggiunto che non va abolito del tutto. L'economista aveva sottolineato che Quota 100 è stata una riforma varata per fini elettorali che ha drenato molte risorse creando dei danni al futuro dei giovani.
Salvini al citofono: incitatore all'odio. Facebook rimuove il video
Facebook ha deciso di rimuovere il video dalla propria piattaforma. Il video della discordia è stato rimosso nelle prime ore di oggi martedì 28 gennaio, ovvero 7 giorni dopo essere stato pubblicato. Sul social si leggono anche le motivazioni che hanno portato i gestori di Facebook a prendere questa decisione: pare infatti che il filmato non rispetti le policy della compagnia in materia di incitazione all’odio.
Intervista al premier Conte. Gruber inopportuna, Cacciari maleducato, Travaglio mezzo e mezzo: un pò fiancheggiatore, un pò - ma poco - critico
Ieri sera, ospite della trasmissione 'Otto e mezzo' de La 7 era Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, all'indomani delle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria.
Pagelle ai partecipanti:
Giuseppe Conte. Da burattino nelle mani di Di Maio e Salvini ( Conte 1), ha dimostrato di aver imparato l'arte del governare. Ha imparato a rispondere, ad apparire più responsabile delle azioni del Governo, ed anche a come divincolarsi nel caso di assedio. Adesso però, più di ieri, se vuole resistere, servono fatti, non solo parole.
Lilli Gruber. Come al solito vuol dimostrare che Lei la presa, specie con certi soggetti, e Conte è uno di questi, non la molla. Ma nel ruolo di mastino, perde di vista spesso dove effettivamente azzannare e dove non è nè necessario nè opportuno. Come ha fatto quando ha mostrato, per ridicolizzarlo, la foto dell'ultimo suo incontro europeo, mentre cerca il suo posto nella foto di gruppo. Bene, invece,
ha fatto incalzandolo con domande alle quali esigeva risposte concrete e precise, che non sempre ha avuto.
Marco Travaglio. Che il suo Fatto Quotidiano sia stato, almeno fino all'altro ieri, un quasi 'house organ' dei Cinquestelle è assodato; da essi forse sta tentando ora di smarcarsi visto anche l'ultimo esito elettorale negativissimo, che prelude alla fine di fatto del potere del Movimento grillino. Ha difeso sempre il Movimento con il suo giornale, nel quale lui ha sempre rappresentato l'anima più convinta e ignorando anche i malumori interni, adesso sembra volersi riposizionare, ma non ha ancora deciso dove. E perciò prima liscia e poi tira il colpo basso, come ha fatto anche ieri per non apparire quello che fa sconti ai suoi protetti. Insomma, secondo la vecchia massima: un pò la faccia 'feroce', un po la faccia 'fessa'.
Massimo Cacciari. Ha picchiato duro, come fa sempre - viene pagato da La 7 per questo - contro il Pd; ma anche contro il suo socio al Governo. Di conseguenza anche contro Conte, Conte 1 e Conte 2, contro il suo trasformismo e contro molto altro.
Però neanche ad un filosofo è consentito comportarsi scorrettamente in pubblico. A pochi minuti dalla fine della trasmissione che ieri è durata ben oltre l'orario solito ha lasciato lo studio perchè lo attendevano altrove. Conte ha mostrato disappunto, senza sottolineare il comportamento scorretto sotto ogni profilo del filosofo. Il quale si stava confrontando con il Presidente del Consiglio che governa il suo paese, non con uno qualunque. e avrebbe dovuto restare ancora qualche minuto in collegamento, facendo attendere gli altri; perchè nell' altro luogo, dove era atteso, non c'era un altro presidente del Consiglio. Maleducato d'un filosofo!
Pagelle ai partecipanti:
Giuseppe Conte. Da burattino nelle mani di Di Maio e Salvini ( Conte 1), ha dimostrato di aver imparato l'arte del governare. Ha imparato a rispondere, ad apparire più responsabile delle azioni del Governo, ed anche a come divincolarsi nel caso di assedio. Adesso però, più di ieri, se vuole resistere, servono fatti, non solo parole.
Lilli Gruber. Come al solito vuol dimostrare che Lei la presa, specie con certi soggetti, e Conte è uno di questi, non la molla. Ma nel ruolo di mastino, perde di vista spesso dove effettivamente azzannare e dove non è nè necessario nè opportuno. Come ha fatto quando ha mostrato, per ridicolizzarlo, la foto dell'ultimo suo incontro europeo, mentre cerca il suo posto nella foto di gruppo. Bene, invece,
ha fatto incalzandolo con domande alle quali esigeva risposte concrete e precise, che non sempre ha avuto.
Marco Travaglio. Che il suo Fatto Quotidiano sia stato, almeno fino all'altro ieri, un quasi 'house organ' dei Cinquestelle è assodato; da essi forse sta tentando ora di smarcarsi visto anche l'ultimo esito elettorale negativissimo, che prelude alla fine di fatto del potere del Movimento grillino. Ha difeso sempre il Movimento con il suo giornale, nel quale lui ha sempre rappresentato l'anima più convinta e ignorando anche i malumori interni, adesso sembra volersi riposizionare, ma non ha ancora deciso dove. E perciò prima liscia e poi tira il colpo basso, come ha fatto anche ieri per non apparire quello che fa sconti ai suoi protetti. Insomma, secondo la vecchia massima: un pò la faccia 'feroce', un po la faccia 'fessa'.
Massimo Cacciari. Ha picchiato duro, come fa sempre - viene pagato da La 7 per questo - contro il Pd; ma anche contro il suo socio al Governo. Di conseguenza anche contro Conte, Conte 1 e Conte 2, contro il suo trasformismo e contro molto altro.
Però neanche ad un filosofo è consentito comportarsi scorrettamente in pubblico. A pochi minuti dalla fine della trasmissione che ieri è durata ben oltre l'orario solito ha lasciato lo studio perchè lo attendevano altrove. Conte ha mostrato disappunto, senza sottolineare il comportamento scorretto sotto ogni profilo del filosofo. Il quale si stava confrontando con il Presidente del Consiglio che governa il suo paese, non con uno qualunque. e avrebbe dovuto restare ancora qualche minuto in collegamento, facendo attendere gli altri; perchè nell' altro luogo, dove era atteso, non c'era un altro presidente del Consiglio. Maleducato d'un filosofo!
lunedì 27 gennaio 2020
Alla Biennale finita l'era Baratta, comincia l'era Cicutto (da Rai News)
A Cinecittà mi chiamano il presidente operaio, mi darò da fare". Roberto Cicutto, classe 1948, una vita nel cinema come produttore e dal 2011 come amministratore delegato di Cinecittà Luce, è il nuovo presidente della Biennale, il manager che il ministro Franceschini ha voluto per la difficile successione di Paolo Baratta costretto 'per statuto' a lasciare dopo 16 anni, non consecutivi ma quasi, alla guida dell'istituzione veneziana.
Un'eredità non da poco per il produttore veneziano, imprenditore, intellettuale, esperto di cinema con ottime competenze anche nel campo dell'arte, che al telefono con l'Ansa sottolinea di frequentare la Biennale "da quarant'anni" e si dice deciso a "mettersi a studiare già da domani", mentre assicura un impegno che partirà nel segno della continuità con le tante innovazioni lanciate in questi anni da Baratta.
"Credo che sia nel cinema, sia nell'arte, per citare gli argomenti che ho seguito di più, la Biennale in questi anni sia andata molto bene", fa notare, "la scelta di non farsi scavalcare dai progressi delle tecnologie per esempio ha premiato il Festival del Cinema".
Idee per il suo mandato? "Troppo presto - si schernisce cortese Cicutto- sarebbe del tutto irrispettoso da parte mia e anche superficiale". Le priorità al momento sono altre: "Mi auguro che Baratta non ci molli, che con il suo grande amore perla Biennale ci dia una mano, ci aiuti". Tant'è, arrivata insieme alle conferme per il governo garantite dalle urne dell'Emilia Romagna, dopo mesi di polemiche e di tentativi di rendere possibile un'ulteriore riconferma dell'ottantenne ex ministro milanese (la Lega ha presentato un emendamento alla finanziaria che però non è stato ammesso), la nomina di Cicutto sembra alla fine accontentare tutti, persino il sindaco Brugnaro e il governatore del Veneto Zaia che ora si dicono pronti a lavorare con il nuovo presidente.
Arrivano gli auguri anche dell'ex ministro Francesco Rutelli oggi presidente dell'Anica, gli in bocca al lupo delle altre associazioni di cinema, dagli autori dell'Anac ai produttori audiovisivi dell'Apa. Applaude il direttore del nuovo Museo di arte di Mestre, l'M9, e dalla politica si felicita Italia Viva, con la capogruppo alla Camera, Maria Elena Boschi, e Michele Anzaldi. Baratta, dopo aver ringraziato il ministro Franceschini che già una volta aveva fatto approvare un decreto ad hoc per riconfermarlo e che in questi mesi si è speso per lui, è il primo a fare gli auguri al suo successore, "Viva la Biennale!", scrive con consumato understatement prima di chiudersi in un silenzio pieno di rispetto.
Sono i giornali locali a ricordarne oggi i successi, le battaglie vinte per portare la Biennale fuori dal suo recinto, per farle conquistare sempre nuovi spazi, dall'Arsenale alle Artiglierie, dall'Isolotto alle Tese e le Gaggiandre, aggiungendo ogni anno un pezzetto o un Paese e portando la Biennale nel mondo facendo letteralmente lievitare i numeri dei visitatori (l'ultima ha avuto 600 mila presenze contro le 243 mila del 2001). L'arte e l'architettura, ma anche il cinema, al quale sono stati garantiti nuovi spazi. E poi il teatro, la danza, la musica. Il lavoro per i giovani, ai quali è dedicato il College.
Tutto con un impegno costante per i conti, cosa che Baratta ha voluto sottolineare nell'ultimo Cda presieduto qualche settimana fa nella bella sede di 'Ca Giustinian, affacciata sul Canal Grande: "Per il futuro è assicurata una consistente dotazione di riserve economiche e continuità dell'attività, nel pieno rispetto dello spirito e della lettera dello statuto". La sfida ora passa di mano. -
Un'eredità non da poco per il produttore veneziano, imprenditore, intellettuale, esperto di cinema con ottime competenze anche nel campo dell'arte, che al telefono con l'Ansa sottolinea di frequentare la Biennale "da quarant'anni" e si dice deciso a "mettersi a studiare già da domani", mentre assicura un impegno che partirà nel segno della continuità con le tante innovazioni lanciate in questi anni da Baratta.
"Credo che sia nel cinema, sia nell'arte, per citare gli argomenti che ho seguito di più, la Biennale in questi anni sia andata molto bene", fa notare, "la scelta di non farsi scavalcare dai progressi delle tecnologie per esempio ha premiato il Festival del Cinema".
Idee per il suo mandato? "Troppo presto - si schernisce cortese Cicutto- sarebbe del tutto irrispettoso da parte mia e anche superficiale". Le priorità al momento sono altre: "Mi auguro che Baratta non ci molli, che con il suo grande amore perla Biennale ci dia una mano, ci aiuti". Tant'è, arrivata insieme alle conferme per il governo garantite dalle urne dell'Emilia Romagna, dopo mesi di polemiche e di tentativi di rendere possibile un'ulteriore riconferma dell'ottantenne ex ministro milanese (la Lega ha presentato un emendamento alla finanziaria che però non è stato ammesso), la nomina di Cicutto sembra alla fine accontentare tutti, persino il sindaco Brugnaro e il governatore del Veneto Zaia che ora si dicono pronti a lavorare con il nuovo presidente.
Arrivano gli auguri anche dell'ex ministro Francesco Rutelli oggi presidente dell'Anica, gli in bocca al lupo delle altre associazioni di cinema, dagli autori dell'Anac ai produttori audiovisivi dell'Apa. Applaude il direttore del nuovo Museo di arte di Mestre, l'M9, e dalla politica si felicita Italia Viva, con la capogruppo alla Camera, Maria Elena Boschi, e Michele Anzaldi. Baratta, dopo aver ringraziato il ministro Franceschini che già una volta aveva fatto approvare un decreto ad hoc per riconfermarlo e che in questi mesi si è speso per lui, è il primo a fare gli auguri al suo successore, "Viva la Biennale!", scrive con consumato understatement prima di chiudersi in un silenzio pieno di rispetto.
Sono i giornali locali a ricordarne oggi i successi, le battaglie vinte per portare la Biennale fuori dal suo recinto, per farle conquistare sempre nuovi spazi, dall'Arsenale alle Artiglierie, dall'Isolotto alle Tese e le Gaggiandre, aggiungendo ogni anno un pezzetto o un Paese e portando la Biennale nel mondo facendo letteralmente lievitare i numeri dei visitatori (l'ultima ha avuto 600 mila presenze contro le 243 mila del 2001). L'arte e l'architettura, ma anche il cinema, al quale sono stati garantiti nuovi spazi. E poi il teatro, la danza, la musica. Il lavoro per i giovani, ai quali è dedicato il College.
Tutto con un impegno costante per i conti, cosa che Baratta ha voluto sottolineare nell'ultimo Cda presieduto qualche settimana fa nella bella sede di 'Ca Giustinian, affacciata sul Canal Grande: "Per il futuro è assicurata una consistente dotazione di riserve economiche e continuità dell'attività, nel pieno rispetto dello spirito e della lettera dello statuto". La sfida ora passa di mano. -
Federica Angeli scavalcata da Gualtieri. bene! La foto di Zingaretti con i piedi sulla scrivania: male!
Federica Angeli, la coraggiosa giornalista di Repubblica, abitante ad Ostia e presidio contro il clan Spada, era stata candidata nei giorni scorsi al Parlamento, per il seggio, a Roma, lasciato vacante da Gentiloni, divenuto Commissario Europeo.
Per quel seggio è stato fatto anche il nome di Gianni Cuperlo, esponente di punta e di valore del Pd.
Alla fine l'ha spuntata il ministro Gualtieri, titolare dell'economia, in forza al Pd, ma non ancora parlamentare.
Federica Angeli ha accusato il Pd di non aver appoggiato convintamente la sua candidatura. Ha fatto bene a denunciare, ma avrebbe fatto male ad accettare, seppure lusingata - come troppi suoi colleghi, anche meno meritevoli e meno esposti - dai richiami delle sirene della politica.
Federica Angeli fa bene il suo lavoro di giornalista ed anche quello di combattente nelle prime linee contro il malaffare. Perchè cambiare? Perchè accettare l'incerto lasciando il certo? Crediamo e speriamo che la sua professione giornalistica le dia da vivere abbastanza bene - ammesso che in questa sua scelta, fortunatamente naufragata, contassero anche fattori economici - e, anche per un'altra ragione, le consigliamo di continuare a fare la giornalista. Anche se possiamo immaginare che dopo anni vissuti in prima linea viene anche il momento della stanchezza e la necessità di riposarsi.
Ma la ragione per cui siamo felici che lei sia rimasta a fare la giornalista è professionale. Nella prossima legislatura il Parlamento sarà enormemente ridotto, e Lei come altri potrebbero essere non candidati e costretti a tornare alla loro anteriore professione.
Chi le crederebbe più come giornalista?A parte esperienze naufragate malamente di giornalisti che hanno gettato la maschera - pensiamo a Mulè, Cangini, Toti, ma poi anche Marrazzo, Gruber, - è sbagliato pensare che se uno sa far bene, dimostrandolo, un lavoro, ne possa fare automaticamente bene un secondo. La politica è un lavoro duro, meglio lasciarlo fare a coloro che a tale lavoro si sono preparati anche nell'ambito dei partiti. Lei, Federica, continui a fare bene la giornalista, i cittadini gliene saranno immensamente più grati.
Ciò che, invece, non tolleriamo è quella foto , maleducata e screanzata di Zingaretti che, all'indomani della vittoria in Emilia Romagna lo ritrae con i piedi sulla scrivania a significare - a detta di chi esamina queste posture - rilassamento, tranquillità dopo la guerra vinta e preavviso ai soci di governo che d'ora in avanti dovranno vedersela con lui, avendo i soci di governo perso in maniera pesantissima.
Bene le varie letture della condizione del segretario Pd, espresse da quella posa, diffusa sui social dall'interessato: Ma quella è una posa maleducata. E non la pensiamo a questo modo solo perché si tratta di un politico, giacchè dei politici pensiamo quasi sempre tutto il male possibile.
Abbiamo espresso identica opinione a proposito di un'altra foto, del mondo del quale ci occupiamo da sempre: la musica, quella di Tony Pappano, ritratto in Auditorium con in piedi sulle poltrone.
Innanzitutto a noi non verrebbe mai di mettere i piedi con tutte le scarpe su un tavolo o su una poltrona, e quand'anche per l'eccessiva stanchezza ci venisse di farlo, non ci faremmo certamente ritrarre in quella posa cafona, 'all'americana', e ancor meno consentiremmo che venisse diffusa.
Perciò Zingaretti si faccia ritrarre, a mò di riparazione, seduto alla scrivania e diffonda quella foto per cancellare la precedente.
Per quel seggio è stato fatto anche il nome di Gianni Cuperlo, esponente di punta e di valore del Pd.
Alla fine l'ha spuntata il ministro Gualtieri, titolare dell'economia, in forza al Pd, ma non ancora parlamentare.
Federica Angeli ha accusato il Pd di non aver appoggiato convintamente la sua candidatura. Ha fatto bene a denunciare, ma avrebbe fatto male ad accettare, seppure lusingata - come troppi suoi colleghi, anche meno meritevoli e meno esposti - dai richiami delle sirene della politica.
Federica Angeli fa bene il suo lavoro di giornalista ed anche quello di combattente nelle prime linee contro il malaffare. Perchè cambiare? Perchè accettare l'incerto lasciando il certo? Crediamo e speriamo che la sua professione giornalistica le dia da vivere abbastanza bene - ammesso che in questa sua scelta, fortunatamente naufragata, contassero anche fattori economici - e, anche per un'altra ragione, le consigliamo di continuare a fare la giornalista. Anche se possiamo immaginare che dopo anni vissuti in prima linea viene anche il momento della stanchezza e la necessità di riposarsi.
Ma la ragione per cui siamo felici che lei sia rimasta a fare la giornalista è professionale. Nella prossima legislatura il Parlamento sarà enormemente ridotto, e Lei come altri potrebbero essere non candidati e costretti a tornare alla loro anteriore professione.
Chi le crederebbe più come giornalista?A parte esperienze naufragate malamente di giornalisti che hanno gettato la maschera - pensiamo a Mulè, Cangini, Toti, ma poi anche Marrazzo, Gruber, - è sbagliato pensare che se uno sa far bene, dimostrandolo, un lavoro, ne possa fare automaticamente bene un secondo. La politica è un lavoro duro, meglio lasciarlo fare a coloro che a tale lavoro si sono preparati anche nell'ambito dei partiti. Lei, Federica, continui a fare bene la giornalista, i cittadini gliene saranno immensamente più grati.
Ciò che, invece, non tolleriamo è quella foto , maleducata e screanzata di Zingaretti che, all'indomani della vittoria in Emilia Romagna lo ritrae con i piedi sulla scrivania a significare - a detta di chi esamina queste posture - rilassamento, tranquillità dopo la guerra vinta e preavviso ai soci di governo che d'ora in avanti dovranno vedersela con lui, avendo i soci di governo perso in maniera pesantissima.
Bene le varie letture della condizione del segretario Pd, espresse da quella posa, diffusa sui social dall'interessato: Ma quella è una posa maleducata. E non la pensiamo a questo modo solo perché si tratta di un politico, giacchè dei politici pensiamo quasi sempre tutto il male possibile.
Abbiamo espresso identica opinione a proposito di un'altra foto, del mondo del quale ci occupiamo da sempre: la musica, quella di Tony Pappano, ritratto in Auditorium con in piedi sulle poltrone.
Innanzitutto a noi non verrebbe mai di mettere i piedi con tutte le scarpe su un tavolo o su una poltrona, e quand'anche per l'eccessiva stanchezza ci venisse di farlo, non ci faremmo certamente ritrarre in quella posa cafona, 'all'americana', e ancor meno consentiremmo che venisse diffusa.
Perciò Zingaretti si faccia ritrarre, a mò di riparazione, seduto alla scrivania e diffonda quella foto per cancellare la precedente.
I CInquestelle detentori di un potere svuotato ( da IL sole 24 Ore)
Il crollo del Cinque Stelle, irrilevante in Emilia (e al governo)
Hanno perso tutti: quelli che hanno voluto correre da soli a tutti i costi e quelli che non hanno saputo fermarli, rimettendo la decisione nelle mani degli iscritti su Rousseau
di Manuela Perrone
2' di lettura
Il Vaffa Day del 2007, migliaia di persone in piazza a Bologna, è un ricordo sbiadito. Il voto in Emilia Romagna fotografa un M5S che crolla al 3,4%: il vaffa, stavolta, è arrivato dagli elettori. Condannando il Movimento all’irrilevanza dentro la regione e indebolendolo al Governo nazionale.
Una sconfitta di tutti
È una magra rivincita, quella dei Cinque Stelle filo-dem che avrebbero voluto correre a sostegno di Bonaccini o evitare di presentarsi. Davanti alla sostanziale sparizione del partito in terra emiliana - dove alle politiche del 2018 aveva conquistato il 27% e alle europee il 12% - e persino in Calabria dove alle europee avevano ancora il 26,6%, non c’è “te l’avevo detto” che tenga. Hanno perso tutti: quelli che hanno voluto correre da soli a tutti i costi e quelli che non hanno saputo fermarli, rimettendo la decisione nelle mani degli iscritti su Rousseau.
È una magra rivincita, quella dei Cinque Stelle filo-dem che avrebbero voluto correre a sostegno di Bonaccini o evitare di presentarsi. Davanti alla sostanziale sparizione del partito in terra emiliana - dove alle politiche del 2018 aveva conquistato il 27% e alle europee il 12% - e persino in Calabria dove alle europee avevano ancora il 26,6%, non c’è “te l’avevo detto” che tenga. Hanno perso tutti: quelli che hanno voluto correre da soli a tutti i costi e quelli che non hanno saputo fermarli, rimettendo la decisione nelle mani degli iscritti su Rousseau.
Si rafforza l’ala filo-Pd
Le dimissioni preventive di Luigi Di Maio non fermeranno il processo alla sua leadership, ma soprattutto alla sua linea “neutralista” che vuole tenere il M5S terzo tra i due poli, ago della bilancia, bussola post-ideologica. «Quale Movimento?», protestano i suoi oppositori. «Si è liquefatto». Dall’altro lato, i pentastellati che si sono esposti a favore del riformismo e di un campo largo progressista con i dem - da Paola Taverna a Stefano Patuanelli, da Roberto Fico a Roberta Lombardi - confidano di rafforzarsi, insieme al premier Giuseppe Conte, ormai punto di riferimento. Beppe Grillo è lontano, Davide Casaleggio asserragliato a blindare Rousseau.
Le dimissioni preventive di Luigi Di Maio non fermeranno il processo alla sua leadership, ma soprattutto alla sua linea “neutralista” che vuole tenere il M5S terzo tra i due poli, ago della bilancia, bussola post-ideologica. «Quale Movimento?», protestano i suoi oppositori. «Si è liquefatto». Dall’altro lato, i pentastellati che si sono esposti a favore del riformismo e di un campo largo progressista con i dem - da Paola Taverna a Stefano Patuanelli, da Roberto Fico a Roberta Lombardi - confidano di rafforzarsi, insieme al premier Giuseppe Conte, ormai punto di riferimento. Beppe Grillo è lontano, Davide Casaleggio asserragliato a blindare Rousseau.
La rifondazione difficile
Nel frattempo è lo smarrimento a prevalere. Fino all’una nessuna dichiarazione a commento dei risultati emiliani era arrivata dal M5S. Solo in mattinata il reggente Vito Crimi, che ora ha il compito di traghettare fino agli stati generali di marzo un Movimento allo sbando, ha dichiarato: «I risultati sono stati inferiori alle aspettative. Questo però non ci induce ad arrenderci: semmai è vero il contrario», sarà necessario «restare uniti». E ancora: «Ora non resta che continuare a lavorare pancia a terra con il governo che, dopo queste elezioni, deve proseguire nel suo percorso».
Nel frattempo è lo smarrimento a prevalere. Fino all’una nessuna dichiarazione a commento dei risultati emiliani era arrivata dal M5S. Solo in mattinata il reggente Vito Crimi, che ora ha il compito di traghettare fino agli stati generali di marzo un Movimento allo sbando, ha dichiarato: «I risultati sono stati inferiori alle aspettative. Questo però non ci induce ad arrenderci: semmai è vero il contrario», sarà necessario «restare uniti». E ancora: «Ora non resta che continuare a lavorare pancia a terra con il governo che, dopo queste elezioni, deve proseguire nel suo percorso».
Già lunedì 27 gennaio ministri e sottosegretari potrebbero riunirsi per indicare il nuovo capodelegazione. Sarà lui a sedere al tavolo della verifica sul cronoprogramma per definire l’Agenda 2023 insieme al premier Giuseppe Conte e agli altri partiti di maggioranza. Pure su questo, però, i pentastellati sono in ritardo: a parte il salario minimo e la trincea su Autostrade e prescrizione, sono alla ricerca disperata di nuove parole d'ordine. La “rifondazione” annunciata da Di Maio parte tutta in salita
domenica 26 gennaio 2020
Il 27 gennaio di molti anni fa e di oggi
27 gennaio 1756. A Salisburgo nasce Wolfgang Amadeus Mozart. Nel giorno del suo compleanno ha fatto grandi regali al mondo:
27 gennaio 1945. L'armata Rossa entra ad Auschwitz e libera i prigionieri del regima nazista, mettendo fine alla tragedia dell'Olocausto.
27 gennaio 2020. Fermata in Italia l'avanzata dell'ex ministro 'de odio e de paura'.
27 gennaio 1945. L'armata Rossa entra ad Auschwitz e libera i prigionieri del regima nazista, mettendo fine alla tragedia dell'Olocausto.
27 gennaio 2020. Fermata in Italia l'avanzata dell'ex ministro 'de odio e de paura'.
Vittoria della sinistra in Emilia Romagna. Messaggio nella bottiglia delle sardine che tornano in mare aperto
Le Sardine scendono dal palcoscenico, dicono addio a Tv e giornali e tornano dietro le quinte per "preparare un nuovo spettacolo". Archiviate le elezioni in Emilia Romagna, sui profili social del movimento compare quella che sembra una sorta di ritirata strategica:
"Urne chiuse. C'e' chi dice che siano i gesti folli a cambiare il corso della storia, ma noi preferiamo pensare che siano i gesti ordinari a cambiare il mondo in cui viviamo. Non siamo nati per stare sul palcoscenico, ci siamo saliti perche' era giusto farlo", viene spiegato sull'account twitter 6000 Sardine dove compare l'immagine dei quattro ragazzi che hanno 'inventato' il movimento che corrono in costume da bagno a tuffarsi in mare.
"Ma ora e' tempo di tornare a prendere contatto con la realta' e ristabilire le priorita', innanzitutto personali. Se avessimo voluto fare carriera politica l'avremmo gia' fatto. E invece, prima di tutto, desideriamo tornare ad essere noi stessi, elettori e cittadini, parenti e amici. Per questo motivo non ci vedrete in TV o sui giornali".
La nostra responsabilita' e' pari a quella che si e' assunta ogni persona che oggi si e' infilata il cappotto ed e' andata a fare una croce da protagonista. E' tempo di far calare il sipario e lavorare dietro le quinte per preparare un nuovo spettacolo con tutti voi che vorrete continuare a non essere uno spettatore qualunque.
Fino ad oggi siamo stati una bella favola.
Ora chiudiamo il libro e sporchiamoci le mani. Qualsiasi cosa succeda. Ci vediamo a Scampia".
"Urne chiuse. C'e' chi dice che siano i gesti folli a cambiare il corso della storia, ma noi preferiamo pensare che siano i gesti ordinari a cambiare il mondo in cui viviamo. Non siamo nati per stare sul palcoscenico, ci siamo saliti perche' era giusto farlo", viene spiegato sull'account twitter 6000 Sardine dove compare l'immagine dei quattro ragazzi che hanno 'inventato' il movimento che corrono in costume da bagno a tuffarsi in mare.
"Ma ora e' tempo di tornare a prendere contatto con la realta' e ristabilire le priorita', innanzitutto personali. Se avessimo voluto fare carriera politica l'avremmo gia' fatto. E invece, prima di tutto, desideriamo tornare ad essere noi stessi, elettori e cittadini, parenti e amici. Per questo motivo non ci vedrete in TV o sui giornali".
La nostra responsabilita' e' pari a quella che si e' assunta ogni persona che oggi si e' infilata il cappotto ed e' andata a fare una croce da protagonista. E' tempo di far calare il sipario e lavorare dietro le quinte per preparare un nuovo spettacolo con tutti voi che vorrete continuare a non essere uno spettatore qualunque.
Fino ad oggi siamo stati una bella favola.
Ora chiudiamo il libro e sporchiamoci le mani. Qualsiasi cosa succeda. Ci vediamo a Scampia".
Salvini. Il suo tentativo di invadere l'Emilia Romagna è stato respinto dagli elettori. Ha conquistato solo il Papeete Beach ( da HUFFPOST)
I luoghi simbolo di una campagna elettorale arrivata spesso ai limiti dell’accettabile, se non della decenza, lo vedono sconfitto. Il Pilastro, rione bolognese palcoscenico di un leader aspirante premier che a favor di telecamere citofona al “tunisino spacciatore”. O Bibbiano, il Comune teatro del traffico di minori emerso con l’inchiesta “Angeli e Demoni” della procura di Reggio Emilia che ha coinvolto anche il sindaco Pd della cittadina.
La Lega si afferma in uno solo dei territori cari al leader: il Papeete Beach.
A Milano Marittima, dalle cui spiagge il leader del Carroccio ha prima bombardato e poi fatto cadere il primo Governo Conte di cui faceva parte, la Lega vince.
La candidata alla Regione Lucia Borgonzoni si è attestata al 55% in entrambe le sezioni della frazione balneare. Al rieletto presidente Stefano Bonaccini sono andati invece solo il 40% dei voti dei cittadini. Salvini quindi si conferma leader indiscusso nei dintorni del Papeete. Ma le buone notizie finiscono qui.
La Lega si afferma in uno solo dei territori cari al leader: il Papeete Beach.
A Milano Marittima, dalle cui spiagge il leader del Carroccio ha prima bombardato e poi fatto cadere il primo Governo Conte di cui faceva parte, la Lega vince.
La candidata alla Regione Lucia Borgonzoni si è attestata al 55% in entrambe le sezioni della frazione balneare. Al rieletto presidente Stefano Bonaccini sono andati invece solo il 40% dei voti dei cittadini. Salvini quindi si conferma leader indiscusso nei dintorni del Papeete. Ma le buone notizie finiscono qui.
La Lega infatti è stata bocciata dagli elettori del Pilastro, rione del quartiere bolognese di San Donato. Dopo che sono state scrutinate quasi tutte le sezioni, il Partito Democratico si afferma nettamente con il 41% delle preferenze, la Lega è di gran lunga dietro raccogliendo solo il 18%.
Il voto più atteso è però quello del Comune di Bibbiano, che Salvini ha trasformato in una bandiera da sventolare contro il Pd per il coinvolgimento del sindaco dem nell’inchiesta della magistratura, fondendo insieme propaganda elettorale e strumentalizzazione politica. Quando è stato scrutinato il 60% delle schede depositate nelle urne, Bonaccini è in netto vantaggio al 58% e il Partito democratico sopra il 40%. Borgonzoni si ferma al 35%, la Lega al 28%. Il Comune di Bibbiano, tuttavia, è storicamente di centrosinistra: alle precedenti elezioni regionali Bonaccini aveva preso il 57%, con il Pd ben oltre il 50%.
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