La commedia potrebbe finire in tragedia - rivela Il Fatto Quotidiano. Nel caso della direttrice d'orchestra 'scarsa', Beatrice Venezi, il governo di destra ( Meloni, Sangiuliano) e i partiti che compongono l'attuale maggioranza e che governano le istituzioni locali (Regione Sicilia e Comune di Palermo: Schifani, Lagalla) e che la tengono in grande considerazione - sono i soli e di musica non capiscono una mazza - stanno considerando la possibilità di dar corso alla richiesta della loro pupilla capricciosa, contestata sul podio, che è quella di trovare nell'uovo di Pasqua, questa Pasqua, non la solita sorpresina, ma la poltrona di sovrintendente o direttrice artistica del Teatro Massimo di Palermo dal grande passato storico, ma occupata negli ultimi decenni, a fasi alterne, da bande che avanzavano sotto le bandiere politiche al governo delle istituzioni cittadine. Giambrone è stato un campione in tal senso, prima che sloggiasse, all'inizio degli anni Duemila a Firenze ed ora a Roma, sempre in coincidenza della uscita da Palazzo dei Normanni del sindaco Leoluca Orlando, suo padrino.
Ogni volta, al ritorno di Giambrone a Palermo, quasi sempre prima da assessore e poi da Sovrintendente del Massimo, si è gridato in coro alla scandalo, a ragione, benché egli avesse ogni volta - sempre con la stessa tecnica - avanzato l'accusa, vera ma anche inventata, della cattiva gestione e dei buchi di bilancio.
Dunque almeno una scusa, in altri tempi, si trovava.
Adesso la direttrice 'scarsa', non porta neanche quella, dice semplicemente che a Palermo, per il Massimo (perchè all'Orchestra Sinfonica Siciliana il danno è stato già fatto, vi ha provveduto Schifani), la dirigenza è' rimasta la stessa: Marco Betta sovrintendente e direttore artistico, nonostante che il colore politico di Regione e Comune siano cambiati.
Insomma, nonostante siano arrivati 'i nostri', va dicendo la pupilla 'delle destre' con la bacchetta 'spezzata', il Massimo di Palermo è rimasto quello di prima. E dunque è ora di cambiare.
Qualche avvisaglia di questa richiesta - un'autentica bestemmia istituzionale - s'era avuta nelle passate settimane in coincidenza delle contestazioni all'indirizzo dalla Venezi da parte di orchestrali della Orchestra Sinfonica Siciliana. Schifani, attraverso i suoi portavoce-portavoti aveva avanzato: se non sa dirigere, affidiamole la gestione dell'Orchestra, magari farà meglio. Non può che far peggio, Schifani, perchè ricorrerà a chi è peggio di lei, per non sfigurare ulteriormente, e l'orchestra andrà a puttane - come dicono i letterati.
Ora sia la Meloni che Sangiuliano, ma anche Schifani e Lagalla dovrebbero porre mente al fatto che fino ad oggi, a causa della fame di potere, vecchia di decenni, di queste destre, i cambi ai vertici, a cominciare dalla Rai, sono finiti male, anzi malissimo. Per tutte, a Sangiuliano, che si è proposto come esperto di musica, che non è, e come tale ha voluto giudicare l'operato di Lissner, al semplice scopo di mandarlo a casa per metterci Fuortes, ha prcurato un pessima figura ( le conseguenze sono ancora sotto gli occhi di tutti, e lo saranno fino a quando non troveranno un posto per Fuortes, con il quale hanno barattato il vertice Rai, dove pure per la troppa prescia nell'occuparla, ogni giorno succede qualcosa!); ma sembra non avergli insegnato ancora nulla?
Si dirà che tutti hanno fatto così: quando è cambiato il colore politico dei governi, le istituzioni hanno cambiato, adeguandosi, i loro vertici; e, in parte è vero, ma non con le modalità che la destra mette in atto.
E poi questa regola quasi mai è stata applicata alle istituzioni culturali, ritenute non così interessanti agli occhi dalle destre, che le hanno appaltate, senza troppo dispiacere, alle sinistre. Nel nuovo corso anche le istituzioni culturali fanno gola, dalla Rai alla Biennale, al Maxxi, dal Salone del Libro, alla Fondazione del libro e della lettura, Quadriennale di Roma. E siamo solo agli inizi.
Adesso non si tiene conto dell'operato degli amministratori in carica, interessa solo cambiare; perchè adesso 'ci siamo noi' - la loro parola d'ordine.
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