È morto Eugenio Scalfari: il fondatore di Repubblica aveva 98 anni. Nato a Civitavecchia nel 1924, è considerato uno dei più grandi giornalisti italiani del XX secolo: dopo aver contribuito a fondare il settimanale l'Espresso, ha fondato anche il quotidiano la Repubblica, di cui è rimasto direttore fino al 1996. Nota la sua amicizia con papa Francesco, che negli anni gli ha concesso diverse interviste esclusive.
Primo direttore-manager dell'editoria italiana - Nato a Civitavecchia il 6 aprile del 1924, Scalfari è stato il primo direttore-manager dell'editoria italiana, padre di due creature editoriali, L'Espresso e Repubblica, nate dal nulla ma che in pochi anni non solo hanno raggiunto i vertici della diffusione, ma hanno anche lasciato un'impronta indelebile nella storia del Paese.
Giornalista-direttore con la vocazione per la filosofia - Per molti è stato 'il Fondatore' o anche 'Barbapapa'', per la barba patriarcale, che unita al suo carattere deciso e vivace era parte integrante del suo personaggio. Ambizioso, autorevole, d'intelligenza acuta, portato a decidere in prima persona sempre su tutto: queste le virtù e nello stesso tempo i difetti di Eugenio Scalfari che lo hanno portato a trasformare il giornalismo italiano. Giornalista e molto di più, direttore e molto di più, prima di scoprire la vocazione per la filosofia che l'ha portato anche in dialogo con papa Francesco su temi altissimi e contingenti.
Dagli esordi al successo - Dopo la giovinezza a Sanremo, dove al liceo classico ebbe come compagno di banco Italo Calvino, inizia a scrivere su alcune riviste fasciste, per venire poi espulso in quanto ritenuto un imboscato. Nei primi anni '50 inizia con il Mondo di Pannunzio e l'Europeo di Arrigo Benedetti. Nel '55 con quest'ultimo fonda L'Espresso, primo settimanale italiano d'inchiesta. Scalfari vi lavora nella doppia veste di direttore amministrativo e collaboratore per l'economia. E quando Benedetti gli lascia il timone nel '62, diventa il primo direttore-manager italiano, una figura all'epoca assolutamente inedita per l'Italia. Questo doppio ruolo sarà poi anche uno dei fattori del successo di Repubblica.
Le inchieste e l'esperienza in Parlamento - L'Espresso, intanto, conquista un ruolo importante per il suo coraggio, le inchieste, le battaglie civili. Dopo l'inchiesta sull'Immobiliare, le sofisticazioni alimentari, i poteri nella grande editoria, Scalfari promuove, spesso conducendole in prima persona, inchieste sulla nazionalizzazione dell'energia elettrica, lo scandalo della Federcorsorzi, fino alle rivelazioni scritte con Lino Jannuzzi dei tentativi di golpe di De Lorenzo ('64) che causano pesanti contraccolpi nella vita politica italiana. Scalfari viene additato come uno dei principali nemici della Dc, della Montedison, dell'Iri. Proprio sulla scia della campagna sul caso Sifar-De Lorenzo, il Psi gli offre una candidatura in Parlamento che lo porta a diventare deputato nel '68. La sua carriera parlamentare dura solo una legislatura, mentre i suoi editoriali della domenica sono un appuntamento fisso per decenni. Inizia in quegli anni il gelo con Bettino Craxi che poi sfocerà nelle dichiarate reciproche ostilità su Repubblica negli anni '80 (e dell'84 il su libro "L'anno di Craxi" con il polemico sottotitolo "o di Berlinguer?").
Repubblica e il formato tabloid - Repubblica è la seconda grande impresa di Scalfari, una sfida per creare un giornale d'elite e di massa che il 'Fondatore' dirige e controlla in tutto e per tutto. Quello di Repubblica non è comunque un successo scontato. Dopo un anno di attività vende 70mila copie avendo un break-even di 140mila, rischia la chiusura, ma negli anni '80 comincia un'escalation che porta il giornale formato tabloid a vendere più di 500 mila copie. Nell'86 si arriva per la prima volta al sorpasso in edicola sul Corriere della Sera e, secondo alcuni, alla fondazione di una specie di partito politico, il 'partito di Repubblica' che negli anni '80 si contraddistingue negli attacchi a Craxi e al feeling con la Dc di De Mita e con il Pci di Berlinguer.
L'addio a Repubblica - Negli anni '90 Scalfari comincia a mollare la presa, dopo aver lasciato il consiglio di amministrazione e annunciato varie volte l'intenzione di lasciarne la guida, dà l'addio a Repubblica che nel frattempo ha cambiato veste grafica. "Vi lascio il rosmarino per i ricordi, le viole per i pensieri": è con queste parole che il 3 maggio del 1996 si congeda dopo "20 anni tre mesi e 2 giorni" da Repubblica tra le lacrime e gli applausi dei suoi redattori. Scalfari - che lascia il posto a Ezio Mauro, ma resta editorialista del quotidiano - vuole ora sperimentare cosa può fare come individuo senza più ruoli di sorta "anche perché - dice salutando i colleghi di Piazza Indipendenza - per chi ha diretto questo giornale qualsiasi altro ruolo è marginale".
Nessun commento:
Posta un commento