sabato 9 luglio 2022

'Wagnerismi' di Alex Ross e 'el Vanièr' di Alberto Savinio ( da 'Ricordi del Teatro Lirico', in DOCUMENTO mensile - 1942)

               Di   Alex Ross, autorevole critico musicale americano,  noto anche in Occidente per i suoi scritti, è appena uscito presso Bompiani un 'mattone', 1200 pagine circa, appena tradotto in italiano, ma vecchio di due anni, dedicato a Wagner  ed ai wagnerismi oltre che  a tutti i wagneriani del mondo, compresi quelli che in questi giorni lo festeggiano ed omaggiano a Ravello, sulla Costiera, con il festival a lui dedicato da 70 anni in qua. 

Dedicato cioè a tutto ciò che, persone o fatti, non è riuscito a sottrarsi,  o almeno a tenersi alla larga dall'eredità 'pesante' di Wagner, della sua musica e della sua ideologia, compresi Hitler e soci che l'usarono letteralmente 'pro domo sua', anche contro Wagner stesso, per alcuni aspetti.

 Prima di affondare nella lettura del voluminoso e documentato studio di Ross, ci siamo ricordati di un curiosissimo quanto ameno testo di Alberto Savinio ( da noi riscoperto dopo anni di ricerche e studi saviniani) che qui riproduciamo, un testo che Ross  certamente non conosce, ma che a tutti, ed anche a lui, offre un pizzico di brio, prima di affrontare quella che si prospetta come una vera interminabile lotta con Wagner medesimo. (P.A.)   


                                              *****
...Della morte di Wagner noi conosciamo una versione più modesta.
Avemmo la ventura di conoscere alcuni anni or sono un uomo irrequieto e arguto, figlio di un capostazione. Suo padre, campestre e dialettale, aveva la sorveglianza di una piccola stazione del Veneto. 

Un giorno un telegramma giunse in quella stanzioncella che annunciava il passaggio per l’indomani del treno che portava Riccardo Wagner a Venezia; e il capostazione, nella sua schietta ignoranza, tradusse in famiglia il telegramma così: ‘ Domani alle diciassette e quindici passa el Vanièr’. 

E l’indomani, all’ora indicata, il figlio del capostazione, curioso di sapere chi era el Vanièr, si piantò sul marciapiede della stazione, vide il treno arrivare, vide a un finestrino un signore rosso di pelo, a naso uncinato e ganascia a scarpa, che reggeva un libro con la sinistra e con la destra carezzava un cagnolino, e capì che el Vanièr era lui. Poi il treno ripartì e il bambino non ci pensò più. 

Qualche tempo dopo però, un altro telegramma avverte il capostazione che l’indomani, alle 16 e quarantotto, el Vanièr sarebbe ripassato; e l’indomani, alle 16 e quarantasette, il bambino torna a piantarsi sul marciapiede della stazione, vede il treno arrivare, lo vede ripartire, ma non vede al finestrino il signore rosso di pelo, col libro in mano e il cagnolino. 

Questa volta il signore rosso di pelo stava nel furgone di coda dentro una bara, e ‘viaggiava verso la collina bavàra ancora sopita nel gelo’.
Tanti conoscono a memoria i Leitmotive della Trilogia ( sic nel testo ): quel modesto funzionario delle FF.SS visse e morì senza sapere chi fosse quel misterioso Vanièr che ora arrivava e ora ripartiva.
                                                                Alberto Savinio 
                                                        ( Documento, mensile- 1942)

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