lunedì 4 maggio 2020

Per teatri ed altri settori culturali non è come nel dopoguerra

Dispiace leggere nella analisi  puntuali, di un nostro amico di competenza  bifronte: economista e musicofilo, comparazioni fra realtà che comparabili non sono. Come la situazione delle attività culturali in genere, nel dopoguerra e oggi, a seguito dell'emergenza Coronavirus.

Egli ha raccontato in una ricca pagina, destinata ai suoi lettori di una rivista musicale italiana, che in Austria, tanto era l'attaccamento alla musica ed alla cultura in genere, che nel dopoguerra si ricostruiva nello stesso tempo e con il medesimo impegno e la stessa convinzione strade, ponti  ma  anche teatri, nel caso specifico l'Opera di Stati di Vienna. Convinti che la ricostruzione culturale dovesse andare di pari passo a quella materiale. Convincimento che evidentemente i finanziatori del famoso piano di ricostruzione, 'Piano Marshall' non riuscivano a capire. Perchè nella loro testa prima si dovevano ricostruire strade ponti scuole ospedali e solo dopo, se avanzavano fondi, teatri  sale da concerto musei ecc...

Il nostro amico sa bene, nonostante non l'abbia menzionato per l'occasione, che identica convinzione animò illustri personaggi italiani, come l'avv.  Nino Carloni che, fra il sospetto di molti, all'Aquila mise su la Società di Concerti 'Barattelli' mentre altri costruivano  strade e scuole e ecc... E poi anche I Solisti aquilani e poi si diede da fare per l'Istituzione Sinfonica Abruzzese, ed anche per il Conservatorio assieme ad altri volenterosi. La ricostruzione sociale culturale e spirituale di un paese deve  camminare di pari passo con quella materiale, e non attendere che questa venga attuata, prima di attivare l'altra.

Perciò non solo in Austria, anche in Italia, addirittura nella provincia, e forse anche per i templi del teatro del nostro paese , vedi Scala, ciò avvenne nel dopoguerra.

Ora, al tempo del Coronavirus, la situazione è del tutto diversa. Allora non si avevano i luoghi dove suonare cantare rappresentare. Oggi quei luoghi  esistono, ma sono vuoti. Anzi devono restare vuoti ancora per qualche mese, in attesa che il Virus molli la presa. Come si spera.

Semmai il problema di oggi è quello di evitare che si creino macerie umane. Detto chiaramente: che cosa fanno, cosa possono, anzi devono, fare tutte le maestranze tecniche e artistiche e gli amministrativi dei nostri teatri e delle nostre istituzioni musicali - il problema riguarda anche altri settori delle attività culturali - durante i mesi dell'emergenza, se non possono fare ciò che facevano prima e per cui erano pagate? Cioè: come sopravvivono? Per teatri ed altri settori prossimi ad esso si pone lo stesso problema che hanno i lavoratori di settori che sono rimasti chiusi per alcuni mesi e forse lo saranno ancora per un pò. Che fanno questi lavoratori, come vivono? E qui  è intervenuto di nuovo il nostro amico bifronte, in questo caso più economista che musicofilo.

Riusciranno a rimettersi in piedi, finita l'emergenza, quando il problema non riguarderà solo i lavoratori, ma l'intero settore della cultura e dello spettacolo che rappresenta anche una voce rilevante nella determinazione del nostro PIL?  Riusciremo nuovamente a far tornare i tanti turisti, soprattutto stranieri che in Italia vengono anche perché  abbiamo monumenti, musei, teatri, orchestre, opera lirica, oltre che il sole, la buona cucina, la moda? ( Il Telegraph inglese mette l'Opera al settimo posto fra le 20 ragioni per cui gli inglesi torneranno in Italia, finita l'emergenza. E non solo gli inglesi. Ad esempio il pubblico della Fenice è in molta parte internazionale, ndr)

Questo è un problema davvero serio, per risolvere il quale i 'Bond cultura' che qualcuno ha voluto lanciare servirebbero solo a tenere vivi e allenati tutti coloro che in questi mesi di stallo sono costretti alla quasi inattività e non hanno mezzi per sostentarsi. Ma potrebbe continuare a contribuire anche il Governo,  come fa per altri settori, e come in parte ha già fatto.

In favore di questi lavoratori molte lodevoli voci si sono levate in queste settimane, ed anche diversi appelli, sottoscritti da chi certo questi problemi non ha ma che fa opinione e, in questa drammatica situazione, vuole dimostrarsi solidale. Forse il virus a qualcosa potrebbe essere servito.



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