Bruno Tucci, inviato prima al Messaggero, poi al Corriere della Sera su tutti i fatti più importanti in Italia e nel mondo, la mattina del 12 febbraio scorso legge su corriere.it una cronaca che scrisse quarant’anni prima. Era firmata assieme a Gian Antonio Stella e raccontava l’uccisione del professor Vittorio Bachelet da parte delle Brigate Rosse, all’università La Sapienza di Roma.
Nessuno, dal suo vecchio giornale, gli aveva fatto una telefonata per chiedere un’autorizzazione o perlomeno per avvertire. Ma vabbè. Tucci è abituato alle durezze da redazione, conosce ritmi, tempi, difficoltà e nevrosi. In fondo, gli fa piacere che il suo lavoro venga valorizzato ancora, a tanta distanza.
ESTRATTO CONTO
Due mesi dopo, si è già dimenticato tutto. Controlla, come fa ogni tanto, l’estratto conto e nota nella colonna delle entrate l’ingresso di 12,75 euro. Vengono dal Corriere della Sera e sono il pagamento per la pubblicazione del pezzo su Bachelet.
“Non mi aspettavo nulla -racconta Tucci, che è stato per 18 anni presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio e ora è consigliere- In fondo era un pezzo già pubblicato. Ma 12 euro e 75 centesimi… Il primo istinto è stato quello di rispedirglieli. Ma non saprei come e dove. Ho lasciato perdere”. Tucci ricorda soltanto -per dire come sono cambiati i tempi- che per anni ha tenuto una rubrica in Cronaca di Roma del Corriere sulle squadre di Roma e Lazio: “Mi davano 500 euro a pezzo, poi scese a 320, poi a 100. Sempre meglio di 12,75 euro…”.
MALUMORI IN REDAZIONE
Questa storia si abbina, in qualche modo, alla campagna di primavera avviata in questi giorni al Corriere contro i collaboratori. Il responsabile delle risorse umane Vito Ribaudo sta chiamando una parte dei giornalisti a borderò per comunicare un taglio netto dei contratti in essere: il 20 per cento di media su quello che è stato pattuito e firmato alla fine dell’anno. A causa delle perdite per Covid 19. In qualche caso, in cambio, viene assicurato il rinnovo automatico per l’anno prossimo.
La richiesta di incidere sulle collaborazioni viene dal cdr ed è stata inserita nel recente accordo sui prepensionamenti. I malumori in redazione riguardano in particolare i pensionati che continuano a lavorare con gli stessi compiti di prima. Due nomi, prestigiosi, su tutti: Marzio Breda che copre il Quirinale dal 1990 e Massimo Gaggi che continua a fare il corrispondente da New York. Il problema non è che scrivano ancora, è che svolgano senza differenze sostanziali il lavoro ante-pensione. Togliendo spazio alla crescita dei giornalisti in servizio. Per ora i compensi di Breda e Gaggi non sono stati toccati.
P.S.
Mi dispiace per Bruno Tucci, al quale mando un saluto. L'episodio che ha raccontato mi ha fatto venire in mente che nel periodo in cui scrivevo per Paese Sera, biennio 1978-79, il mio compenso ad articolo, quale che fosse la lunghezza e la collocazione, era, se ricordo bene, al di sotto delle 10.000 lire.
Alla fine del mio rapporto dovetti rivolgermi al tribunale per farmi riconoscere la 'differenza di retribuzione' che mi venne naturalmente accordata. ( P.A)
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