Care lettrici, cari lettori,
l'Italia riparte, il Gazzettino resta al palo. Dall'avvio del lockdown le redazioni sono state chiuse, la foliazione ridotta, l'organico all'osso con cassa integrazione e smaltimento ferie. E i giornalisti con turni di lavoro inaccettabili, costretti a casa da disposizioni aziendali che se allo scoppio dell'epidemia erano condivisibili, ora appaiono pretestuose e finalizzate al contenimento di costi, scaricati sui lavoratori.
Facciamo ogni giorno il Vostro e nostro giornale, cartaceo e online, da casa, a nostre spese, utilizzando telefonini personali, computer personali, linee dati personali.
L'Azienda, del Gruppo Caltagirone, ha imposto lo smart working con dotazioni insufficienti: per 77 redattori abbiamo solo 55 pc portatili con il sistema editoriale installato, e dobbiamo continuamente scambiarceli l'un l'altro, da casa a casa, con viaggi quasi quotidiani in lungo e in largo per Veneto e Friuli, fatti in aggiunta all'orario di servizio, spesso in giorno di riposo o ferie, e senza rimborsi spese.
Vi scriviamo per condividere il malessere che stiamo vivendo per non essere messi in grado di lavorare al meglio nel realizzare il Vostro/nostro giornale. Professionalità e cura sono il marchio da sempre della testata che dà voce autorevole al territorio e alle sue genti.
L’Azienda vieta ai giornalisti di uscire di casa per fare i cronisti, per paura di contagi: eppure li obbliga a farlo tutti i giorni per scambiarsi i computer. Come se chi fa consegne a domicilio fosse immune dal contagio.
Veneto e Friuli ripartono, deve ripartire anche il Gazzettino. Basta con le proroghe del lockdown aziendale. I giornalisti debbono poter tornare sul territorio e nelle redazioni, in sicurezza, e chi fa smart working deve essere messo in grado di lavorare bene, con strumenti forniti dall'Azienda, e con orari e carichi di lavoro umani.
I giornalisti hanno proclamato lo stato di agitazione perché nonostante il senso di responsabilità che hanno sempre dimostrato, dall'Azienda e dal Direttore Roberto Papetti non ricevono risposte, solo imposizioni che a tratti calpestano anche la dignità dei singoli e fanno leva sul ricatto occupazionale.
Chiediamo scusa ai lettori, ma non abbiamo altro modo per spingere la Proprietà a far ripartire il Gazzettino.
l'Italia riparte, il Gazzettino resta al palo. Dall'avvio del lockdown le redazioni sono state chiuse, la foliazione ridotta, l'organico all'osso con cassa integrazione e smaltimento ferie. E i giornalisti con turni di lavoro inaccettabili, costretti a casa da disposizioni aziendali che se allo scoppio dell'epidemia erano condivisibili, ora appaiono pretestuose e finalizzate al contenimento di costi, scaricati sui lavoratori.
Facciamo ogni giorno il Vostro e nostro giornale, cartaceo e online, da casa, a nostre spese, utilizzando telefonini personali, computer personali, linee dati personali.
L'Azienda, del Gruppo Caltagirone, ha imposto lo smart working con dotazioni insufficienti: per 77 redattori abbiamo solo 55 pc portatili con il sistema editoriale installato, e dobbiamo continuamente scambiarceli l'un l'altro, da casa a casa, con viaggi quasi quotidiani in lungo e in largo per Veneto e Friuli, fatti in aggiunta all'orario di servizio, spesso in giorno di riposo o ferie, e senza rimborsi spese.
Vi scriviamo per condividere il malessere che stiamo vivendo per non essere messi in grado di lavorare al meglio nel realizzare il Vostro/nostro giornale. Professionalità e cura sono il marchio da sempre della testata che dà voce autorevole al territorio e alle sue genti.
L’Azienda vieta ai giornalisti di uscire di casa per fare i cronisti, per paura di contagi: eppure li obbliga a farlo tutti i giorni per scambiarsi i computer. Come se chi fa consegne a domicilio fosse immune dal contagio.
Veneto e Friuli ripartono, deve ripartire anche il Gazzettino. Basta con le proroghe del lockdown aziendale. I giornalisti debbono poter tornare sul territorio e nelle redazioni, in sicurezza, e chi fa smart working deve essere messo in grado di lavorare bene, con strumenti forniti dall'Azienda, e con orari e carichi di lavoro umani.
I giornalisti hanno proclamato lo stato di agitazione perché nonostante il senso di responsabilità che hanno sempre dimostrato, dall'Azienda e dal Direttore Roberto Papetti non ricevono risposte, solo imposizioni che a tratti calpestano anche la dignità dei singoli e fanno leva sul ricatto occupazionale.
Chiediamo scusa ai lettori, ma non abbiamo altro modo per spingere la Proprietà a far ripartire il Gazzettino.
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