Il braccio di ferro è senza fine, ma stavolta l’oggetto del contendere tra Lega e M5S è concreto. E può essere decisivo per le sorti del governo. Perché la Lega pretende che nel Def (Documento di economia e finanza) sia inserita la flat tax, bandiera del centrodestra già nella campagna elettorale per le Politiche, mentre il M5S sembra molto più cauto, anche considerando i costi che la riduzione delle tasse comporterebbe. Il premier Giuseppe Conte assicura che oggi ne parlerà con i leader dei due partiti, e che domani «tutte le questioni» saranno esaminate in Consiglio dei ministri per deliberare le linee guida che ispireranno la prossima manovra, e comunque «nel rispetto dei conti».
«Noi siamo per i sì, non per la decrescita felice», attacca già in mattinata Matteo Salvini, infastidito per chi nel M5S lo accusa di perdere troppo tempo in tour elettorali scanditi da selfie: «Io lavoro, ’sta cosa dei selfie... Io sto al ministero tutto il giorno. Non perdo tempo in polemiche, la gente vuole fatti». Poi, la rivendicazione: «La flat tax è una nostra priorità ed è nel programma di governo. Non serve a Salvini, ma agli italiani. Ci stiamo lavorando da mesi, porterà più benefici che costi. E come noi approviamo quello che c’è nel contratto e che magari non è nel Dna della Lega, e penso al reddito di cittadinanza, altrettanto rispetto sul tema fiscale lo pretendiamo dagli altri». Certo, come su altri provvedimenti non si chiede tutto e subito ma «un inizio», come con la Fornero sulla quale «non faccio marcia indietro finché non sarà abolita del tutto, nemmeno se torna San Pio sulla terra».
Insomma, e qui l’affondo è contro chi frena nel governo anche sui rimborsi ai truffati delle banche, al Ministero dell’Economia «c’è qualcuno che aspetta il permesso dalla Ue, ma io se lo avessi dovuto aspettare non avrei fatto nulla per frenare l’immigrazione. Serve coraggio: io l’ho avuto, me lo aspetto anche dagli altri ministri».
I Cinque stelle replicano con una nota alle accuse: «Flat tax? Noi siamo leali, è nel contratto, non abbiamo mai detto di non volerla, ma che non bisogna fare facile campagna elettorale su certe misure, perché sono ambiziose e costano. D’altronde è stata la Lega a dire che costa 12 miliardi. Semmai è la Lega che è stata meno leale al contratto...». Ma Luigi Di Maio mette subito paletti alti: «La flat tax si deve fare ma non deve aiutare i ricchi. Serve progressività. È un provvedimento che deve entrare nel Def se aiuta il ceto medio». Quindi dal contratto «non si deve uscire, fuori da lì non si passa» è l’avvertimento sul tema dei diritti civili. E anche per questo il suo movimento si propone di «fare argine all’avanzamento» di forze dell’ultradestra come «quelle di Orbán e Le Pen, che danneggerebbero l’Italia».
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