venerdì 19 aprile 2019

Raffa a casa di Riccardo e Cristina Muti

Ieri sera è stato chiaro a tutti che è cosa  diversa, anche per Raffa, intervistare Fiorello, la Loren e, dopo, Riccardo Muti. Al mondo di Muti, per quanto lui possa fare il piacione e il gran simpatico, Raffa è  ESTRANEA.Impossibile mascherarlo.
 A noi, modestamente, e mutatis mutandis, la Raffa nazionale con Muti ha fatto lo stesso effetto che fa ogni volta AUGIAS quando vuol far vedere che di musica, anche di musica, lui s'intende (come, recentemente, anche con Beatrice Venezi). Ambedue con quel mondo sono fuori sincrono, fuori stile; piuttosto neofiti animati più da buona volontà, ed anche da un pizzico di voglia di strafare, che da professionalità, quella richiesta per parlare, fuori dagli specialismi, e dunque a tutti, con proprietà di linguaggio e ragionando di cose  non idiote con un esponente del mondo musicale.

 E dire che la Raffa ha anche un bel gruppetto di autori. Mamma mia!

 C'è poi anche un'altra questione relativa alla produzione del programma, affidata a Ballandi. pur trattandosi di una semplice intervista, montata con spezzoni di filmati, dove  l'intervistato viene ripreso solo nella sua casa. 
Dobbiamo dedurre che anche nella Rai di Salini non c'è una squadra composta da tecnici di ripresa, direttore delle luci e truccatori, in grado di effettuare quelle riprese? Vuol dire che il 'cambiamento' cui fanno ogni momento riferimento i nuovi arrivati è da ritenersi  un cambiamento in 'peggio'?

La Raffa per i suoi spettacoli televisivi, come questi della serie 'A raccontare comincia tu', ha il suo regista di fiducia, Sergio Japino - questo nome lo consociamo, vero?

E poi la casa di Cristina e Riccardo Muti. Sembra un grande magazzino di 'robivecchi'; meglio allora quella della Loren,  praticamente vuota, e con una  vista mozzafiato sul Lago di Ginevra.

 Infine, stante la bravura di Muti narratore, non abbiamo appreso nulla di nuovo rispetto a tutto ciò che già sapevamo e che abbiamo letto e sentito infinite volte. 

Una sola cosa non conoscevamo. Il suo primo 'concertino' da violinista in erba l'ha fatto nel Seminario Pontificio di Molfetta, dove suo padre  era il medico ufficiale, e dove noi,  molti anni dopo abbiamo compiuto i nostri studi anche musicali che ci hanno dato il privilegio di conoscere e frequentare a lungo, e fino alla sua morte, Nino Rota, che se ne è andato giusto quarant'anni fa - il 10 aprile 1979.

P.S.
Stamani scrivendo un pò di fretta, mi è sfuggito quanto Muti disse a Norcia, un anno dopo il terremoto,  in occasione del concerto che diresse davanti alla Basilica di San Francesco, di cui era rimasta in piedi solo la facciata - come ci ha mostrato uno degli inserti del programma tv.
 Alla fine del concerto, volle spendere una parola anche per la musica  e per l'arte, fondamentali per la ricostruzione di un paese e di una nazione.
 Si augurò, anzi chiese, a gran voce, che ogni città avesse un'orchestra e poi, rivolto ad un gruppo di vescovi che sedevano in prima fila, li ammonì con una certa durezza: 'basta con le schitarrate nelle chiese', alludendo alla brutta musica ed ai testi scialbi che si ascoltano normalmente durante le funzioni liturgiche, dopo che con la complicità delle gerarchie ecclesiastiche si è fatta piazza pulita del repertorio di grande bellezza che nei secoli la musica ha dedicato alla celebrazione della fede. Nella chiacchierata con Raffa, ha ripreso il tema, ed ha richiamato quanto ha detto durante il suo pontificato Benedetto XVI sulla musica.

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