martedì 23 aprile 2019

Mistero fitto su un oratorio di Nino Rota

Nei giorni scorsi Paolo Isotta, meritoriamente ed anche unico, ha ricordato sul Fatto quotidiano, che quarant'anni fa, il 10 aprile 1979, moriva a Roma, prematuramente, Nino Rota. Musicista finissimo, versatile, dall'ingegno non solo musicale multiforme, al quale ha nociuto troppo, ma ingiustamente, la vicinanza al mondo del cinema (della quale lui non si è fatto mai problema) al quale ha destinato  centinaia di colonne sonore che da sole, senza cioè considerare la sua musica sinfonica, cameristica e operistica,  gli avrebbero meritato, in qualsiasi paese ed in qualunque epoca, la palma di musicista sommo.

 Noi  che lo abbiamo conosciuto e frequentato, anche se non assiduamente, siamo ogni volta  rimasti colpiti oltre che dalla sua  profonda cultura che non si limitava alla sola musica,  dalla squisitezza della persona e dal suo tratto gentile e signorile.

 Con lui avemmo anche una  corrispondenza, oggi conservata presso l'Archivio Rota della Fondazione Cini di Venezia, che comunque sottolinea  come meglio non si potrebbe la sua disponibilità ad accogliere ogni richiesta un giovane studente di musica, qual eravamo noi all'epoca, ventenne, avesse a rivolgergli.

In quegli anni aveva scritto un'opera che noi consociamo assai bene, e che era stata presentata per la prima volta ad Assisi, alla 'Pro Civitate' diretta da Armando Renzi, ed incisa per la CAM.

Si intitolava Mysterium Catholicum, oratorio per quattro voci soliste, coro e orchestra. Rota ci regalò, oltre che l'incisione discografica, uno spartito dell'oratorio, che conserviamo gelosamente, con una dedica che ci commosse allora e ci commuove tuttora, ma che  oggi ci fa sorridere, nella quale leggemmo allora la stima eccessiva, e l'eccessiva benevolenza mista ad affetto - ma nessuna lungimiranza - per un giovane studente di musica: A Pietro Acquafredda con l'augurio di sentire questo oratorio diretto da lui. Aff.mo Nino Rota.

Dunque per Nino Rota si trattava di un oratorio, come del resto recitava il sottotitolo dell'opera, e non di una cantata, come sostenuto da Isotta, per il fatto che  non vi si narra nel preziosissimo libretto -  in latino, come nell'oratorio più glorioso della storia - storia alcuna, mentre altro non  è che una meditazione (come  in tanti esempi della storia dell'oratorio) sulla 'cattolicità' della Chiesa. I testi, raccolti in collaborazione con Vinci Verginelli, sono tratti oltre che dal Nuovo testamento, anche dal Vecchio e dalla Patristica. Da quest'ultima il delicato, celestiale 'Unum panem frangimus' che per noi ridusse a 'voci pari' e che noi orgogliosamente, dirigemmo in una occasione celebrativa a Viterbo, dove allora studiavamo, presente Rota.

Ascoltammo quell'oratorio ancora altre volte, una a Santa Cecilia - vivo Nino Rota, presente all'esecuzione - diretto da Molinari Pradella , ed anche allora la dicitura esatta dell'opera era: Mysterium Catholicum, oratorio ...

Poi, senza che ne capiamo la ragione, nel catalogo ufficiale stilato dal Lombardi - cugino alla lontana del musicista - l'opera compare con il titolo Mysterium, senza l'aggettivo catholicum  che specifica  come il Mistero della chiesa - che viene cantato nell'oratorio - sia la sua universalità ed unicità, espressi  proprio da quell'aggettivo.
 Per noi resta un oratorio il cui titolo è Mysterium Catholicum

Dell'oratorio parlammo qualche anno fa a Riccardo Muti e a Tony Pappano - il diavolo e l' acqua santa, senza specifica attribuzione a ciascuno dei due delle rispettive incarnazioni simboliche ; Muti non lo conosceva e la cosa ci colpì negativamente in un direttore che parla sempre di Rota come del suo scopritore; gli mandammo copia dello spartito in nostro possesso, dedica inclusa per fargli invidia, ma non ne ha fatto nulla e nulla ne farà.

A Pappano pure parlammo dell'oratorio ed anche a lui inviammo copia del  prezioso regalo - ma che non lo conoscesse, lui era giustificato - suggerendogli di eseguirlo; ma anche lui è distratto,  attratto da altre sirene. Le segua. 

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