Roma, 5 aprile 2019 - Rimborsi nel "più breve tempo possibile", ma "secondo le norme". Continua a prendere tempo il ministro Giovanni Tria sui soldi da versare ai risparmiatori 'truffati' dalle banche. Lo stallo non si sblocca e dopo il rinvio di ieri il titolare di via XX Settembre oggi ribadisce: "Vogliamo pagare tutti, quindi bisogna fare in modo che possano essere pagati nel più breve tempo possibile", ma "ovviamente bisogna pagarli secondo le regole, perché altrimenti non si possono pagare".
Tria, entrando all'Eurogruppo informale, precisa che nel Governo "non ci sono posizioni differenti, stiamo cercando la norma più adatta per pagare tutti".
A chi gli chiede se si senta sotto attacco, risponde: "Non mi sento niente, andiamo avanti tranquillamente". E ancora: "Mi sento forte? Io sono piccolo", aggiunge scherzando sulla sua statura. Infine una battuta sul Def: "Arriverà settimana prossima con i numeri: ci saranno obiettivi di bilancio chiari e l'inquadramento economico".
Nel frattempo, Tria incassa il sostegno convinto del commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici. "È un attore solido, credibile, affidabile, che aiuta l'Italia, che sa discutere con i partner europei, è l'uomo giusto nel posto giusto nel momento giusto", dice a proposito del ministro.
Ieri la fumata nera sulle banche. Con quel via libera al decreto crescita "salvo intese" che la dice lunga sulle tensioni nel governo. "La pazienza è finita", dice Luigi Di Maio a Tria. La Lega: "Basta no, il governo cambi passo". Della nuova e difficile mediazione si incarica il premier Giuseppe Conte.
Lunedì vedrà i risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie: un escamotage per prendere tempo. La linea è: sentiamo le associazioni, poi scegliamo. I grillini sono in pressing sul premier e chiedono di tenere la linea di rimborsi "diretti" e senza contenzioso.
Una posizione che Tria non condivide: sarà Conte, eventualmente, a doversi assumersi la responsabilità di firmare il decreto per i rimborsi. Il ministro dell'Economia non intende firmare norme a rischio di procedura Ue.
Intanto, nell'ultima bozza del decreto crescita, Spunta anche il rinvio al 2020 dell'obbligo delle banche popolari di trasformarsi in Spa. La norma, ancora da dettagliare, andrebbe a rivedere la riforma introdotta nel 2015 per gli istituti che superano gli 8 miliardi di attivi. All'appello mancano ancora la Popolare di Bari e quella di Sondrio.
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