It’s Art”, altro che “Netflix italiana”. Il flop di Franceschini che nasconde pure i dati
Doveva essere la "Netflix della cultura italiana", invece si sta rivelando l'ennesimo flop di Franceschini come ministro della Cultura.
Doveva essere la “Netflix della cultura italiana”, invece si sta rivelando l’ennesimo flop di Franceschini come ministro della Cultura. A un anno dalla sua nascita, It’s Art, la piattaforma streaming “per valorizzare la cultura italiana”, starebbe funzionando solo come macchina da soldi per Chili, l’azienda che detiene il 49% delle quote della partecipata con Cassa Depositi e Prestiti. Il condizionale è d’obbligo perché non si conosce ancora il bilancio della società.
Il deputato Belotti: “3o milioni di spesa, errata la strategia di promozione”
Il deputato della Lega, Daniele Belotti, ha seguito sin dall’inizio i passi falsi della piattaforma: “Avevamo parlato di 100mila utenti nei primi tempi, numeri ridicoli per una piattaforma digitale. Per un’operazione costata 30 milioni di euro, di cui 10 da parte di Cdp e un’altra decina da parte del Ministero dei Beni Culturali. Altri 10 provenivano dalla società Chili”.
Pochi utenti, quindi, per un investimento oneroso. “E’ stata sbagliata la promozione – denuncia Belotti. Come si fa a fare concorrenza alle altre piattaforme se nessuno sa sul mercato che la piattaforma esiste? Come fa It’s Art a conquistare utenti?“. I dati degli utenti, dopo un anno dall’esordio del servizio, non sono pubblici. “Li abbiamo più volte chiesti – prosegue il deputato – ma Franceschini non li ha mostrati“.
Il balletto degli amministratori delegati
Sul fronte del cambio degli amministratori delegati, invece, i numeri ci sono. Eccome. It’s Art ha cambiato due volte amministratore delegato in poco tempo. Guido Casali, il primo alla guida del servizio, ha lasciato il flop di Franceschini a inizio anno. Il comunicato dell’azienda parlava di “ragioni personali”, l’Ansa di “divergenze sulle strategie di sviluppo della piattaforma”. Lo scorso febbraio ha preso il suo posto Andrea Castellari, manager con una formazione in scienze politiche (ha studiato alla Statale di Milano dal 1990 al 1995) e in amministrazione e gestione aziendale, con una lunga carriera nel mondo dell’entertainment e dei media digitali.
Ha ricoperto per oltre vent’anni importanti incarichi in alcune delle maggiori realtà internazionali: è stato EVP e CEO Italia, Medio Oriente e Turchia di ViacomCBS, SVP South Europe di Discovery e Vice President e Direttore Commerciale di Turner, società del gruppo Time Warner. Precedentemente, Castellari ha lavorato per un decennio nel mondo della carta stampata, in gruppi come Mondadori e Hachette Rusconi.
Gli utenti registrati sono solo 153mila
Chissà se Castellari sta riuscendo a dare la giusta direzione a un progetto che, secondo quanto riporta tag43.it, a gennaio contava “565.622 sessioni di streaming per un totale di 115.200 di ore di trasmissione online.
Gli utenti registrati sono 153.476 con un +25mila solo nel mese di dicembre, e quasi 5 milioni e mezzo di pagine viste”. Il numero degli utenti è irrisorio se si confronta con gli altri player: Netflix ha 6 milioni stimati alla fine del 2021, seguita da Dazn (2,5 milioni), Disney+ (2 milioni), Amazon Prime Video (1,8 milioni) e TIMVision (1,5 milioni). Non va meglio sui social: la pagina Facebook conta 20mila “mi piace”, su Instagram solo 11mila follower.
It’s Art, inoltre, usa il meccanismo del pay per view, ovvero è possibile pagare per vedere un singolo contenuto. Un film, un documentario, un concerto. Ma i costi sono tutto fuorchè concorrenziali. “15 euro per un live di Baglioni – spiega il deputato della Lega – mi sembrano un po’ troppi”.
Nei prossimi giorni, annuncia Belotti, “chiederemo nuovamente l’accesso agli atti per capire come è messo il bilancio della società“. Che è pubblica per il 51% delle quote.
Doveva essere la Netflix italiana, ma ha tutta l’aria di un flop a là Franceschini.
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