A leggere certe dichiarazioni di Nicola Piovani, rilasciate a Valerio Cappelli per il Corriere, alla vigilia del suo concerto in Piazza del Quirinale, voluto dalla Corte Costituzionale, nel quale verrà eseguito una sua cantata nuovissima (non si è però capito se è stato il presidente della Corte, Amato, fatto assai singolare, e richiedergliela, o se è stato Piovani a farne parola con Amato e ad offrirla alla Corte, in ragione dell'alto contenuto giuridico e civile del suo testo scritto con Paola Ponti) dal titolo 'Il sangue e la parola' il cui libretto sposa brani delle Eumenidi, la tragedia di Eschilo che fonda la società del diritto, con l'art. 11 della Costituzione: L'Italia ripudia la guerra....
Temi di strettissima, perenne attualità; solo che un testo, anche di altissimo valore poetico e civile, è bene tenerlo a mente, non decide della qualità della musica.
Ma non è questo ciò che ci ha colpiti bensì le sue lamentele nei confronti dei teatri italiani che gli sbattono le porte in faccia quando lui propone una sua opera, o quando chiede di ospitare quella rappresentata a Trieste qualche mese fa. Tanto che non ha intenzione di scriverne una seconda dopo Amorosa presenza, perchè i teatri preferiscono rappresentare il 'vecchio con regie nuove' piuttosto che presentare 'il nuovo'; e perchè 'i teatri sono attratti dagli eventi delle prime assolute che spesso sono ultime'.
Più interessante il seguito: " Si dovrebbe praticare la distribuzione circolare di una produzione che costa molto ai cittadini e non può esaurirsi in cinque repliche in una sola città". Meglio ancora : "non si può collegare l'arte al lusso, una prima può anche costare 5.000 Euro a poltrona ma le repliche devono creare nuovo pubblico e non allontanarlo". Ed altro ancora che, noi tante volte abbiamo consigliato in passato; ma ci è stato sempre risposto che una tale circolazione limiterebbe, castrerebbe - magari fosse - la libertà di scelta e programmazione dei direttori artistici.
Sembra, però, leggere fra il detto e non detto di Piovani, l'accusa che, nonostante la sua fama , le grandi istituzioni musicali del paese lo snobbano. per lo meno snobbano il Piovani operista. Che è, poi, lo stesso discorso che ha sempre fatto, prima di lui, Ennio Morricone, cancellando il dato di fatto che il meglio della sua produzione è da ricercarsi nella sua musica da film che, guarda caso, viene eseguita in ogni dove ed in qualunque occasione. E ciò vale per i due. Bisogna che Piovani, perciò, si metta l'anima in pace.
Anche per Piovani il paragone con Nino Rota dovrebbe ridurlo al silenzio, perchè Rota che ha scritto tanta musica per film, come Piovani ed anche Morricone, è stato un musicista che anche nel campo dell'opera e nella musica strumentale ha lasciato pagine memorabili. Ci basta citare Il cappello di paglia di Firenze e l'Oratorio Mysterium Catholicum, nella sua vastissima produzione per il teatro, per la sinfonica e cameristica.
Morricone con tutta la sua dottrina musicale è stato un inventore di melodie ed uno strumentatore sopraffino, come del resto Piovani - che non è poca cosa. Dunque anche Piovani si goda il successo e non avanzi pretese che difficilmente gli si potranno riconoscere, semplicemente perché - esattamente come Morricone - non dà il massimo nella cosiddetta musica 'assoluta' alla quale Morricone, ed ora Piovani sembrano tenere massimamente, senza averne i numeri.
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