martedì 28 giugno 2022

Franchino Gaffurio. Per me non è solo un nome, perchè mi ha fatto tornare a moltissimi anni fa

Posso confessarlo apertamente: ho ricomprato dopo qualche anno Il Sole 24 Ore  domenicale, solo perché in una rassegna stampa televisiva, mi era parso di leggere sulla prima pagina del noto quotidiano economico il nome di quel musicista: Franchino Gaffurio, che ha subito fatto riaffiorare alla memoria ricordi di gioventù,  il cui filo, con un pò di nostalgia, sto per riannodare.

 Ma prima devo spiegare perchè da alcuni anni: due, tre o forse anche più, non compro la domenica quel quotidiano, che per anni ho acquistato regolarmente per scorrervi  l'inserto culturale.

Ho smesso di comprarlo per due motivi. Il primo, perchè ad un certo punto non tolleravo più che il giornale imponesse ai suoi acquirenti di pagare un sovrapprezzo la domenica, per i volumi che accludeva obbligatoriamente.  Devo però aggiungere, che fra essi comparve un volumetto di La Capria, La lezione del canarino, che ho letto tempo fa e che mi è tornato in mente ora che lo scrittore, centenario,  se ne è andato per sempre.

 Ma la ragione seconda per cui smisi di comprare Il Sole è rappresentata dalla storia che investì il suo direttore dell'epoca, Napoletano, accusato di vari pasticci, fra cui quello più grave, oltre alle spese pazze, di aver gonfiato le vendite ecc...ecc... Ad un giornale che ha un direttore imbroglione non voglio dare più neppure 1 Euro.

 Ed ora vengo alla ragione di questa confessione personale, che oggi rendo pubblica, mentre normalmente fatti di tal guisa riservo al circuito famigliare, per non fare la figura del reduce che racconta le sue imprese al fronte. E sì che ne avrei anche da raccontare. 

Sulla prima pagina de Il Sole di Domenica  si è  letto un lungo dettagliato articolo, scritto da Raffaele Mellace, dedicato a quel grande musicista e teorico che fu maestro della Cappella del Duomo di Milano per alcuni decenni, tra la fine del Quattrocento, ed il ventennio del successivo secolo e che finì i suoi giorni esattamente cinquecento anni fa, il 24 giugno 1522. Vi si legge dei suoi cele berrimi trattati, delle sue iniziative come musicista, fra i primi ad insegnare in una scuola di musica pubblica appena aperta , e dei rapporti che certamente ebbe con Leonardo, in quegli anni attivo a Milano ( La vergine delle rocce, Il cenacolo). E, a maggiore testimonianza della sua fama,  la Vita Franchini Gafuri, redatta da Pantaleone Malegolo, nel 1504, quando Gaffurio  era appena cinquantenne - morirà che ne aveva settantuno di anni, essendo nato a Lodi  il 1451.

 Ma allora perchè Gaffurio mi ha fatto tornare alla giovinezza? Perchè la prima volta che sentiì quel nome fu Mons. Giuseppe Biella, direttore della Polifonica Ambrosiana, a pronunciarlo, aggiungendo che era stato maestro della Cappella del Duomo di Milano; e poi a farci studiare una sua composizione sacra, l' estate del 1963, durante la quale, per iniziativa di Nino Rota, allora direttore del Conservatorio di Bari, l'Abbazia benedettina di Noci ( Puglia) ospitò un corso di Canto gregoriano e polifonia, affidato al meglio del meglio degli studiosi in circolazione (Jean Claire,   Pierre Carraz, Altisent, Agustoni, Raffaele Baratta,  Giuseppe Biella) e che noi frequentammo anche nella seconda edizione, l'anno successivo. Mons. Biella, che insegnava polifonia, ci fece ascoltare per la prima volta - allora non avevo ancora compiuto 18 anni - un'opera che resterà fino ad ora fra le mie musiche 'del cuore', il Vespro della beata Vergine (1610) di Claudio Monteverdi pubblicato a Venezia da Amadino e che egli aveva amorosamente e diligentemente trascritto, da uno dei rari esemplari a stampa conservato nella biblioteca vescovile di Lucca (strano come tanti ricordi lontanissimi ritornino improvvisamente  e perfettamente a fuoco alla memoria) e che aveva registrato per l'etichetta Agelicum. Un LP che ancora conservo.

 E c'è ancora un altro particolare che da allora mi suona nella testa e del quale  non sono mai riuscito a darmi una ragione,  non lo feci allora, perchè incomprensibile a me giovanissimo neofita nella fede musicale, quasi blasfemo, e sul quale ora, ma forse solo in parte e con i dovuti distinguo, sono disposto a ragionare.

Che aveva detto di così  blasfemo Mons. Biella? Che riteneva Mina, sì proprio lei, la più grade cantante  vivente. Non di musica leggera o di qualcos'altro: no, più semplicemente, la più grande cantante. 

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