Ieri, 4 gennaio, qualche giornale rimandava la notizia del successo che Paolo Fazioli, ingegnere e musicista (non nel senso della professione ma della competenza e passione) ha avuto con i suoi pianoforti, nei quarant'anni ormai trascorsi da quando aprì, 1981, fra lo scetticismo generale, la sua fabbrica 'artigianale' a Sacile.
Gli inizi non furono certo facili; punteggiati da tanti 'ma chi si crede di essere'?, 'vuole fare concorrenza ai colossi che hanno fatto la storia dello strumento', 'si metta l'anima in pace, non ci riuscirà mai'; torni a fare il mestiere della sua famiglia, mobiliere'.
Possiamo dire, con orgoglio, che noi ci credemmo; certo bisognava dargli tempo e sostenerlo nei primi difficili anni. E lo sostenemmo pure, come Paolo Fazioli sa bene.
Allora dirigevamo Piano time, nata all'inizio del 1983, una delle più importanti - forse 'la più' importante - fra le riviste di musica, la 'bibbia' del pianoforte (inteso come musica pianistica, pianisti e strumenti'), e decidemmo di appoggiarlo in tutti i modi, primo fra tutti quello di registrare e pubblicare quante più recensioni lusinghiere di quei pianoforti. Sui quali chiedevamo, sfacciatamente, un giudizio, a tutti i più bei nomi del pianismo internazionale. Fazioli ci dovrebbe essere ancora grato, allora forse lo fu, riconoscendoci questo appoggio disinteressato ad un prodotto che si presentava sul mercato come una vera scommessa, con tutti i rischi del caso.
Anche dopo la nostra uscita da Piano time abbiamo colto le occasioni per tornare a parlarne, come quando per 'Il Venerdì' ( La Repubblica) raccontammo di uno strumento assai particolare, la cui cassa rossissima (rosso pompeiano) era impreziosita da pitture, smalti e pietre dure, che un arabo ricchissimo gli aveva commissionato per mostrarlo nella sua villa di Londra.
Da qui forse, per il colore, gli è venuta l'idea di chiamare i suoi strumenti da concerto come le 'ferrari' del pianoforte, od anche gli 'stradivari' del pianoforte, per via del fatto che nella costruzione delle parti risonanti dello strumento, anch' egli utilizza il prezioso 'abete rosso' della Val di Fiemme, usato dai tempi di Stradivari per costruire archi.
Dalla 'Ferrari' dei pianoforti, alla 'Rolls-Royce' dei pianisti. E già.
Così una volta defini Maurizio Pollini, che proprio oggi, 5 gennaio, compie 80 anni un altro grande pianista, Vladimir Ashkenazy. Al quale in una intervista chiedemmo dei pianisti in circolazione. Parlammo a lungo di tanti straordinari strumentisti, poi quando arrivammo a Pollini, Ashkenazy, per dirci che lui era sopra tutti gli altri, se ne uscì con quella efficacissima espressione: "Pollini è la 'Rolls-Royce dei pianisti".
Noi personalmente Pollini lo abbiamo incontrato tante volte, anche in pubbliche interviste, durante le quali gli abbiamo rivolto domande, anche un pò birichine, alle quali lui, pur arrossendo, ha sempre puntualmente risposto. Mai però lo abbiamo intervistato a tu per tu.
Ma di lui abbiamo una volta, tanti anni fa, parlato a lungo con un suo zio, artista, scultore, famosissimo e raffinatissimo, Fausto Melotti, al quale abbiamo chiesto del nipote. Ricordiamo su tutte una sua espressione per indicare la straordinaria ed unica personalità di Pollini, unica e straordinaria 'da far paura'." se lo incontrassi di notte, cambierei strada". stava studiando ed eseguendo in quegli anni Boulez, e il suo grande vecchio zio, non riusciva a farsene una ragione (quella intervista l'abbiamo pubblicata su Piano time e poi ripresa in anni recenti su Music@).
Tra 'Ferrari dei pianoforti' e 'Rolls-Royce dei pianisti' , non dimentichiamo che nello stesso giorno in cui è nato Pollini, e cioè il 5 gennaio, a distanza di 11anni uno dall'altro sono nati altre ' 'Rolls-Royce di pianisti': Arturo Benedetti Michelangeli e Alfred Brendel.
Chissà quali altre sorprese recherà in futuro questo giorno fausto per la nascita di grandi, grandissimi pianisti.
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