Ancora ventiquattr’ore di passione per capire in che direzione si sta andando. I partiti si preparano all’appuntamento con la prima chiama per eleggere il successore di Sergio Mattarella al Quirinale con le carte coperte: l’unica cosa certa è che ci sarà una valanga di schede bianche.
Nessuno vuole bruciare infatti le vere candidature. Anzi, a dirla tutta, “la” candidatura, in primis quella di Mario Draghi. L’unico a porla davvero sul tavolo è stato al termine di una giornata di riunione di tutti i partiti (al loro interno e tra di loro) il segretario del Pd Enrico Letta, tra i leader quello che più sta tessendo la tela per portare il premier al Colle: «Draghi ha rappresentato per l’Italia una straordinaria risorsa e il compito di tutti noi è di preservarlo. Draghi è una delle ipotesi sul tavolo, sono rimasto stupito nel vedere la dichiarazione di Berlusconi che ha detto no a Draghi al Colle e oggi Salvini lo ha confermato. Ne parleremo con gli alleati e con i rappresentanti di centrodestra, per capire quale sia la posizione vera, se quelle posizioni sono ultimative», ha detto in tv. Segno che la trattativa è inoltrata e che la candidatura di Draghi è pienamente in campo.
Anche Matteo Salvini ieri si è mostrato prudente. Il leader della Lega ha fatto sapere di aver avuto una conversazione telefonica con Silvio Berlusconi, che all’indomani della rinuncia è stato ricoverato al San Raffaele di Milano per controlli, durante la quale lo ha ringraziato per il «gesto di responsabilità». Ma la notizia vera arrivata dal leader della Lega, a poche ore dall’apertura delle urne quirinalizie e prima della candidatura esplicita di Draghi lanciata da Letta in tv, è la chiusura su Pier Ferdinando Casini, ossia l’unica candidatura che oggi appare alternativa a quella di Draghi e che sulla carta potrebbe raccogliere un vasto consenso trasversale: «Casini non è una proposta di centrodestra». Salvini ha poi parlato anche di Draghi, ma non tanto per sbarrargli la strada quanto per ripetere che un eventuale trasloco al Quirinale «sarebbe pericoloso per l’Italia»: «In un momento difficile reinventarsi un nuovo governo daccapo fermerebbe il Paese per giorni e giorni».
Una preoccupazione, quella espressa da Salvini, che conferma indirettamente l’esistenza di una trattativa sotterranea proprio sul governo. Nonostante la resistenza di Draghi ad anteporre la questione del nuovo esecutivo alla scelta del Capo dello Stato: una trattativa ora, dalla postazione di Palazzo Chigi, sarebbe per il premier uno strappo delle regole istituzionali. Le forze politiche, però, per decidersi hanno bisogno di certezze. Tutti, in caso di elezione di Draghi al Quirinale, puntano a un governo più politico dell’attuale, a partire dal premier. E in particolare Salvini vuole l’assicurazione dagli alleati di poter ottenere il Viminale, se non per se stesso per un esponente di rilievo della Lega (tra i candidati ci sono il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari e l’attuale sottosegretario agli interni Nicola Molteni).
Quella che si sta giocando, dunque, è una partita doppia da risolvere in tempi rapidi. «Draghi ha salvato l’Italia, va bene a Palazzo Chigi, va bene al Colle, ma non può stare da entrambe le parti. Al Quirinale non si va contro i partiti. Penso che la candidatura di Draghi, ammesso che abbia una propria strategia, possa stare in piedi solo nel caso in cui abbia questo elemento politico. Al Quirinale ci vai soltanto con un’iniziativa politica», ha avvertito il leader di Italia Viva Matteo Renzi. A sostegno della candidatura di Draghi ci sono già, oltre a Letta, anche il leader di Leu Roberto Speranza e, sia pure con molte reticenze, una parte rilevante del M5s. Giuseppe Conte ha ribadito durante l’incontro con Letta e Speranza per coordinare la strategia di voto che sul nome di Draghi non ci sono veti. «Niente veti» è la stessa risposta che ha dato dall’opposizione Giorgia Meloni: la leader di Fratelli d’Italia proprio sulla candidatura del premier ha rotto con gli alleati di Lega e Fi, che insistono sulla permanenza di Draghi a Palazzo Chigi.
Lo scoglio più grande sulla strada di Draghi verso il Colle resta dunque quella della composizione del nuovo governo e del nome del nuovo premier. Le schede bianche e l’eventuale presentazione di una rosa da parte del centrodestra come annunciato dallo stesso Salvini (si fanno tra gli altri i nomi di Elisabetta Casellati, Franco Frattini e Marcello Pera) sono dunque funzionali a prendere tempo per trovare la quadra. Qualche passo avanti ci potrebbe essere già nelle prossime ore. Salvini ha infatti anticipato che «a breve» vedrà Letta. E a fronte delle difficoltà di Conte a tenere unito il primo gruppo parlamentare, è proprio dal confronto tra il leader della Lega e quello del Pd che potrebbe arrivare la soluzione condivisa. Con la candidatura di Draghi ormai esplicitamente messa sul tavolo dal segretario del Pd: segno che la quadra è vicina. Ma la trattativa resta aperta e le prossime saranno ore decisive: se non si troverà l’accordo sul governo ogni ipotesi tornerebbe in campo, compresa quella del Matterella bis o di Giuliano Amato o dello stesso Casini.
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