Trattandosi di Nicola Piovani, Premio Oscar, e del suo debutto in un genere musicale, l'opera, nel senso in cui ci ha spiegato che la intende, che non ha mai frequentato prima, era naturale e prevedibile che i giornali si avventassero su di lui, per carpirgli alla vigilia della sua nuova impresa musicale, lontanissima dalle colonne sonore arrivate per lui già a quota duecento, quanti più segreti e particolari possibili.
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato sull'argomento, in questo blog, un articolo del Gazzettino, a firma Daniela Bonitatibus, che ieri ha firmato anche una intervista, che abbiamo letto con curiosità, al compositore. Dalla quale abbiamo anche appreso che alle prove è stato presente Riccardo Muti (la cui figlia Chiara è regista dell'opera 'Amorosa presenza'), che è dunque del tutto ristabilito.
Nella stessa giornata di domenica, L'Espresso ha pubblicato una lunga intervista a Piovani, a firma Sabina Minardi, che già non più tardi di due anni fa, ne aveva prodotto una prima, nella quale già si parlava dell'opera, che il 21 di questo mese debutta al Teatro Verdi.
Ma l'intervista, oltre le normali informazioni sull'opera ( tratta da un romanzo di Vincenzo Cerami, compianto scrittore suo amico, il cui libretto l'ha scritto lo stesso Piovani assieme alla figlia dello scrittore Aisha) riporta alcune riflessioni del musicista che ci piace riprendere.
Innanzitutto cosa intende Piovani per 'opera', " viva, attuale, profonda...". "Intorno a me -spiega - sento spesso perplessità: Un'opera? Oggi? mi chiedono in molti. Perché in Italia è sempre più larga la convinzione che l'opera sia qualcosa di museale, una materia d'antiquariato, da aggiornare magari con la spennellata di una regia attualizzante, che la adegui alla moda. Oppure da smembrare nei concerti d'arie d'opera italiana, con la mitragliata di un acuto dopo l'altro. Invece io penso che l'opera - cioè un teatro cantato, recitato, con voci e orchestra, con un libretto di dramma o commedia - sia una forma di spettacolo molto viva, una lingua attuale, profonda, in grado di narrare artisticamente il nostro presente".
E ancora con 'Amorosa presenza' che e' un'opera vera e propria, col tenore, il soprano, il baritono, il coro, le scene, i costumi, l'orchestra in buca... , il risultato è una partitura un pò diversa dal progetto concepito inizialmente, "perchè, precisa, negli ultimi decenni il linguaggio musicale ha praticato sentieri più aperti, meno ideologici, meno angusti ed intolleranti di quelli battuti nel secolo scorso, si sono aperti spazi anche per la musicia para-tonale. La partitura che ho scritto non si fa scrupolo di inglobare nei pentagrammi stilemi popolari, citazioni di generi diversi - dal tango di Piazzolla alla romanza di Tosti, dal duetto brillante rossiniano all'accento malinconico del blues, dalla cavatina classica ai ritmi di Dave Brubeck". e poi riferisce di un passaggio particolare dell'opera: "nel momento saliente del bacio finale, compare un accordo di dodici note, stile secondo Novecento".
Maestro, come riportare gli italiani a teatro, chiede l'intervistatrice. "Il paradosso è che se nel nostro Paese, patria dell'opera lirica, il genere è in crisi, all'estero al contrario funziona benissimo"- e qui Piovani è prodigo di esempi dedotti dal suoi numerosi viaggi in ogni parte del mondo (" in Cina l'amore per l'opera è sinonimo di ascesa sociale e culturale"). E lamenta: " Fa davvero impressione l'analfabetismo musicale progressivo che affligge sempre più la nostra cultura".
Quando si è inceppato l'interesse del grande pubblico per la lirica? " Il Novecento ha visto l'affermazione di massa della musica pop. Con l'invenzione tecnologica del disco, la musica è potuta diventare grande fonte di guadagno: non di milioni ma di miliardi. Il pezzo discografico di successo doveva essere breve - tre o quattro minuti, come le canzoni - doveva esser di moda e, nove volte su dieci, ballabile".
" Il mercato tende anche a ridurre l'opera del passato alle sue arie più cantabili, ai brani con l'acuto muscolare sottratti alla complessità della struttura intera. Un vecchio cinico discografico diceva: ogni melodramma contiene il suo 45 giri".
Con l'evoluzione dell'arte cinematografica verso l'arte televisiva potrebbero cambiare anche le dinamiche della fruizione dello spettacolo dal vivo:" sarà più facile - spera Piovani - convincerci che Rossini, Verdi, Puccini sono non solo di gran valore culturale, ma anche di grande godimento, per chi li ascolta con attenzione".
Ma bisognerebbe anche creare le condizioni per allargare l'accesso popolare ai nostri magnifici teatri: "abbassando l'assurdo prezzo dei biglietti, con una pubblicità e una politica che non releghi la lirica agli eventi mondani delle inaugurazioni, aumentando il numero delle repliche delle opere di successo, facendo circolare gli allestimenti su tutta la penisola... io non ho nulla contro la mondanità (delle prime ndr.) ma non la identificherei con il campo artistico, con la cultura teatrale, si possono fare anche prime riservate ai milionari, ai vip televisivi, agli sponsor e finanziatori. Ma è meglio se poi seguono le seconde, le terze e via dicendo fino alle centesime repliche a prezzi popolari".
In sintesi: " Bisogna scorporare l'idea dell'opera dall'idea del lusso. Il lusso e la cultura sono due momenti ben distinti in una buona società".
E convincersi della complessità della politica culturale che non spetta certo, in primis , ai musicisti.
" Noi musicisti affrontiamo la complessità di una partitura musicale... i gestori della cultura pubblica devono affrontare la complessità di una riforma sostanziale dei teatri lirici. Che probabilmente è ancora più complessa di una operazione a cuore aperto che devono affrontare i chirurghi".
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