lunedì 31 gennaio 2022

Legge MADIA DEL 2015 SUL PUBBLICO IMPIEGO. LE LEGGI SON, MA CHI PON MANO AD ESSE?

 La legge Madia sul pubblico impiego (2015) è chiara: vieta a chi percepisce una pensione di occupare incarichi dirigenziali nelle strutture che rientrino all'interno del bilancio consolidato dello Stato, come i Teatri Stabili e le Fondazioni lirico sinfoniche.

 NEGLI OZI QUOTIDIANI DI ULTRASETTANTENNE, ci siamo presi la briga di fare un giro per le nostre Fondazioni liriche, per verificare se almeno in quelle, la cosiddetta 'Legge MADIA' SUL PUBBICO IMPIEGO, e' RISPETTATA.

Ci era parso ancora prima del giro esplorativo che anche quella Legge non venisse rispettata. Ci eravamo detti, ricordando la circostanza, a proposito di Chiarot - in questi giorni gli staranno certamente 'fischiando le orecchie', come dice la sapienza popolare, di uno che  è oggetto di molte attenzioni, senza averle richieste -  che negli ultimi mesi di sua permanenza al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, ed alla vigilia del terremoto provocato da Nardella che chiamando come commissario il suo amico Nastasi, fece dimettere sia Chiarot che Luisi, che, comunque,  Chiarot stava lì lì per andarsene perché prossimo ai 67 anni, età della pensione.

 Chiarot si dimette perché sessantasettenne, ed al suo posto arriva Pereira settantaduenne, come del resto a Napoli accade con Lissner, sopra i settanta, che viene via dalla Francia dove in età da pensione non si può lavorare in enti finanziati dallo Stato, dunque rientranti nel bilancio pubblico, e arriva a Napoli dove invece si può.

Medesimo discorso vale per  Rosanna Purchia che, ultrasettantenne, lascia il Teatro Regio di Torino, ancora senza sovrintendente, da troppi mesi, dopo il suo passaggio all'Assessorato alla cultura del Comune.

E che la Legge Madia, quando si vuole la si fa applicare, risulta invece, dal clamoroso caso di Freccero, pietoso predicatore  'no vax' dell'ultima ora, un tempo  guru 'vanesio' della tv,  che fece il suo ultimo anno di lavoro a Rai Due, scaduto il quale dovette lasciare senza possibilità  né di proroghe né di deroghe. 

Tutto questo per dire che noi, all'età di sessantotto anni, dopo una deroga di 1 anno - previsto dalla legge per ragioni anagrafiche che non è necessario spiegare - abbiamo dovuto, per legge, abbandonare l'insegnamento in Conservatorio, non perché inabile per qualsivoglia ragione, ma semplicemente perché, per l'anagrafe, avevamo  raggiunto l'età della pensione, quell'età cioè in cui una persona- ma non tutte a questo punto - anche in perfette condizioni fisiche e mentali, come noi eravamo e crediamo di essere tuttora, nonostante che siano passati quasi dieci anni, deve andare a casa. Mentre proprio a quell'età potevamo essere ancor utili anche in Conservatorio, dalla cattedra, perchè la scienza, acquisita negli anni, era ora sposata alla sapienza che si raggiunge  solo con l'età.

 Per fare che? Per GODERSI la pensione. Maledetto chi ha legato quel verbo all'età della pensione.  

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