Un atto di verità e giustizia verso don Vivaldi". Così l’arcivescovo Gian Carlo Perego, ospite speciale al Ridotto, all’incontro introduttivo all’opera il Farnace di Antonio Vivaldi andato in scena ieri sera (e oggi pomeriggio alle 16) al quale hanno partecipato il direttore d’orchestra Federico Maria Sardelli, il regista Marco Bellussi e Francesco Pinamonti (maestro del coro dell’Accademia dello Spirito Santo). Sono intervenuti Moni Ovadia direttore della Fondazione Teatro Comunale e Vittorio Sgarbi presidente della Fondazione Ferrara Arte. Ha moderato il direttore artistico Marcello Corvino. Un incontro che non ha avuto solo un valore di preparazione allo spettacolo, ma anche ’storico’: si è ricucito simbolicamente lo strappo tra la Chiesa e Vivaldi. Il duro ‘no’ del cardinale Tommaso Ruffo alla prima assoluta del Farnace a Ferrara quasi 300 anni fa segnò la fine del compositore veneziano. Anche impresario dell’opera, questo divieto impoverì e debilitò Vivaldi, conducendolo alla morte appena due anni dopo. Durante l’incontro Corvino si è detto soddisfatto: "Siamo molto felici di presentare quest’opera perché abbiamo il migliore direttore che possiamo avere per Vivaldi. Grazie all’arcivescovo di Ferrara per essere venuto. E’ un amico del teatro Abbado, è uomo di cultura, non è qui per chiedere scusa di niente, è bello che sia qui perché testimonia l’interesse culturale nei confronti delle nostre produzioni. Nel 2023 realizzeremo l’Orlando furioso di Vivaldi". All’arcivescovo è stata donata dal teatro una partitura del Farnace con firma dei protagonisti con loro dedica.
Moni Ovadia, in collegamento, ha ricordato la volontà di proseguire in questo progetto vivaldiano, uno dei geni musicali della storia della musica, ringraziando della presenza dell’arcivescovo. "Dopo questo evento, sarebbe bello creare una mostra - è intervenuto il critico Sgarbi - con la collezione di Tommaso Ruffo, riportandola a Ferrara, nel suo palazzo vescovile per dare seguito al Farnace a Ferrara dopo 300 anni".
L’arcivescovo di Ferrara e Comacchio ha chiarito i fatti di 300 anni fa: "In realtà si trattava di calunnie, come spiega don Vivaldi in una lettera all’amico marchese Guido Bentivoglio, in cui risponde alle tre accuse: l’astensione dalla celebrazione dalla Messa dipendeva da un’asma bronchiale forte, che aveva portato alla dispensa; la cantante Anna Giraud era donna di specchiata virtù e fede, come le altre cantanti del coro dell’Ospedale di Pietà e dell’Orfanatrofio femminile; l’allestimento dell’opera era affidata a un’impresa. Purtroppo, la salute cagionevole del cardinale e la sua rinuncia all’Arcidiocesi di Ferrara e la partenza per Roma il 26 aprile del 1738, impediranno di fare chiarezza sulla vicenda. Ciò che mosse Ruffo a impedire la rappresentazione a Ferrara di ‘Farnace’ non fu il suo poco amore alla musica e all’arte, ma solo una questione di moralità pubblica. La rappresentazione di stasera dell’opera di don Vivaldi dimostrano che l’intelligenza e l’arte, le fede in musica, insieme alla giustizia si fanno sempre strada. Ma rimane vera l’affermazione, più volte ripetuta da Papa Francesco, e che si rifà a un detto del Siracide: “Ne uccide di più la lingua della spada”".
L’arcivescovo ha poi concluso: "La prossima tappa e il nuovo impegno, che spero possa essere raccolto dal teatro Comunale di Ferrara e dal Maestro Federico Maria Sardelli, è la rappresentazione di un’altra opera di don Vivaldi, con testo di Pietro Metastasio, che il grande musicista, come testimonia una lettera del
1737 al marchese Guido Bentivoglio, avrebbe voluto portare in scena nel Teatro di Ferrara: ‘Catone in Utica’. Sarebbe realizzare un altro grande desiderio del ‘prete rosso’, del grande musicista veneziano. Un nuovo atto di giustizia e di amore all’arte e alla musica".
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